19 dicembre 2010

L'uomo politico è costretto a mentire

Il caso Wikileaks non svela nulla di nuovo. Ogni conoscenza autentica del mondo è andare al di là di come si presentano i fatti
di Emanuele Severino
Ma il tornaconto personale, alla base della democrazia, deve avere un'utilità pubblica
L'«astuzia della ragione»: gran parte di quanto accade non è ciò che l'uomo si proponeva
Gli stati non possono comunicare le proprie procedure di difesa nemmeno ai propri cittadini
Ci si meraviglia per le notizie disponibili sul sito Wikileaks, relative ai retroscena dei rapporti oggi intercorrenti tra gli Stati del Pianeta. Tempo fa si dava ascolto a ciò che poi venne chiamato «dietrologia». Che spesso era solo fantasia arbitraria: per forza doveva esserci sempre qualcosa di occulto, inconfessabile o pericoloso, dietro qualsiasi evento di carattere pubblico, qual è, appunto, un fatto politico. Si reagì, andando all’estremo opposto. Niente «dietrologia» - dunque grande meraviglia quando si constata che la politica non va come sembra andare davanti agli occhi. Non si tenne cioè presente che ogni conoscenza autentica del mondo - ad esempio il sapere scientifico - è sempre un andare al di là, cioè dietro il modo in cui i fatti si presentano a prima vista. Certo, bisogna saperlo fare. Che la politica sia inganno - consapevole o no - lo si sa da qualche migliaio di anni: da quando in Europa si è fatto avanti il cosiddetto «spirito critico» (cioè la filosofia). Il tiranno, antico o moderno, non dice di agire per il bene dei suoi sudditi, anche se fa credere (e per lo più crede) che essi andrebbero in rovina se lui non ci fosse. Come il tiranno, il politico democratico è un uomo. Ora, se il suo scopo primario fosse il «bene comune» - come egli continuamente ripete - piuttosto che un uomo sarebbe un santo, perché subordinerebbe e sacrificherebbe il proprio vantaggio personale al vantaggio della comunità che egli intende guidare. L’uomo, invece, promuove un progetto volto a procurare certi benefici alla comunità, solo se nella realizzazione di tale progetto scorge un tornaconto personale. Non vuole il proprio bene allo scopo di realizzare il bene comune, ma vuole il bene comune allo scopo di realizzare il proprio bene. Altrimenti è, appunto, un santo, ossia qualcosa che facciamo fatica a dire che è anche uomo. E un politico che dice, come dice sempre: «In cima ai miei pensieri c’è il bene comune» sta dicendo: «Io sono un santo». Si dirà: ma no, il politico democratico ha come scopo primario sia il proprio bene sia quello comune - che possono stare tutti e due sullo stesso piano. Fuori luogo, quindi, il riferimento alla santità. Ma, così, la torta è spartita tra i due beni. Cioè al bene comune il politico dà la metà delle proprie energie, nel migliore dei casi tale bene è la metà di ciò che il politico vuole. Nel migliore dei casi; perché l’uomo si fa sentire, e tende a rendere sempre più piccola la porzione destinata a quel bene. Di solito, in cima ai suoi pensieri sta il suo tornaconto. Che d’altra parte deve avere una qualche utilità pubblica - così come in cima ai pensieri dell’imprenditore sta il profitto, ma bisogna che le merci da lui vendute siano beni appetibili dagli acquirenti. In ogni caso, il politico democratico non può dire agli elettori quello che sta facendo. Non può dire: «Lo scopo primario della mia attività politica - o della metà di essa - la dedico ai miei tornaconti». Non avrebbe più voti. Quindi è costretto a mentire. Non una volta tanto, ma di continuo. Per lo stesso motivo non può dire quello che, ad esempio, dice lo scienziato o il filosofo, cioè: «Quel che sto facendo potrebbe essere sbagliato». Deve dire: «Quel che sto facendo è indiscutibilmente giusto». Niente voti, altrimenti. La gente si fida di chi si fida di sé. Queste considerazioni non hanno nulla a che vedere con una critica al politico democratico. Egli non può essere diverso da come è. Proprio perché è un uomo. Non gli si può chiedere di essere un santo. Il tiranno può non mentire e chiedere ai sudditi di morire per lui; il politico democratico non può non mentire. Anche nei rapporti internazionali le dittature e le democrazie sono costrette a mentire. Sia in quanto sono Stati, sia in quanto sono formazioni sociali guidate da individui che, essendo appunto uomini, o si servono dello Stato tutt’intero per i loro vantaggi privati, o, anche qui (e nel migliore dei casi), dividono la torta a metà e assumono come scopo primario sia il bene dello Stato sia il proprio - cioè si servono, per il proprio vantaggio, di una parte dello Stato. E gli Stati, dittatoriali o democratici, sempre e tuttora in conflitto tra loro, furono e sono costretti a mentire per sopravvivere. Non solo non possono comunicare ai nemici attuali o potenziali le proprie procedure di difesa e di sopravvivenza, ma non possono nemmeno renderle pubbliche ai propri cittadini. D’altra parte, che l’uomo politico ponga come scopo primario o come parte di esso il proprio vantaggio non significa che le cose vadano come egli vuole. L’uomo propone e Dio dispone, si dice. E «Dio» significa come va il mondo o una sua parte indipendentemente dalle decisioni umane: Hegel parlava, appunto, di «astuzia della ragione». «Dio» è astuto perché si serve degli egoismi umani per realizzare ciò che gli uomini, decidendo, nemmeno si sognano di voler avere. Più recentemente, si è parlato di «eterogenesi dei fini». Significa che gran parte di quanto accade non è ciò che l’uomo si proponeva di far accadere. Il rapporto tra Italia e Russia, quale emerge dai dati forniti dal sito Wikileaks, è un esempio, o un sintomo significativo di «eterogenesi dei fini». È della stessa natura del rapporto Germania-Russia, e anzi di quello tra Europa e Russia. Provo a chiarire. È ormai da quasi quarant’anni che vado mostrando l’inevitabilità del tramonto del marxismo, e quindi dell’Unione Sovietica; e, insieme - e per le stesse ragioni (che qui non posso richiamare) - l’inevitabilità del tramonto delle altre grandi forze dell’Occidente, quali il capitalismo, la democrazia, il cristianesimo stesso e la coscienza religiosa in generale. Tramonta la loro volontà di porsi come scopi primari della società. In questo periodo ho anche più volte richiamato i motivi per i quali l’Europa è destinata a unirsi sempre più strettamente alla Russia non più sovietica. Uno dei più importanti è che durante la guerra fredda l’arsenale nucleare Usa ha protetto l’Europa dal comunismo sovietico e dalla pressione dei popoli poveri guidati dall’Urss. Dopo la fine di quest’ultima, i rapporti economici tra Europa e Russia acquistano un senso diverso e una diversa consistenza, perché la protezione nucleare americana dell’Europa contro la pressione dei popoli poveri ma sempre più pericolosi può essere sostituita da quella russa. Il fattore nucleare è decisivo perché solo Stati Uniti e Russia possono distruggersi a vicenda e distruggere la Terra; e gli Stati possono assicurare la propria sopravvivenza solo schierandosi con l’uno o l’altro dei due leader mondiali. Sto dicendo che sta diventando sempre più realistica la possibilità di uno schieramento che veda Europa e Russia dalla stessa parte. Ed è per ridurre questa possibilità che gli Usa intendono smantellare la dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia. La Ostpolitik ha anticipato la possibilità di quel nuovo schieramento. In risposta, già nel 1992 Nixon afferma che, cessato il pericolo Urss e venendo in primo piano i problemi economici, «l’appoggio degli Stati Uniti all’unità europea non può continuare a essere né scontato, né a qualsiasi costo». Meglio cioè che l’Europa resti divisa (e, pensava Nixon, che gli Usa puntino a «un solido rapporto con la Germania») piuttosto che in blocco se ne vada dall’altra parte. Il processo di avvicinamento tra Europa e Russia è gestito da individui umani, che inevitabilmente, come prima ho rilevato, pensano innanzitutto al proprio tornaconto personale, o (nel migliore dei casi) lo pongono tra i loro fini prioritari. Che Gazprom sia orientato dagli interessi personali di Putin, e l’Eni da quelli di Berlusconi, è cioè uno degli aspetti del processo oggettivo in cui va producendosi la progressiva integrazione tra Russia e Europa. Che l’ex cancelliere tedesco Gerard Schröeder abbia accettato la presidenza del Nord Stream, il gasdotto che porterà il gas russo in Germania, è un altro di quegli aspetti significativi. Sembra che l’Europa compri il gas russo, che costa di più, e non quello americano, che costa di meno. Può darsi che ciò accada perché in questo modo qualcuno si arricchisce, ma resta il fatto che attraverso l’illegalità viene rafforzata la convergenza tra Europa e Russia, e cioè che l’«astuzia» della «ragione» si serve di tale illegalità per raggiungere il proprio scopo. Dove la «ragione» è da intendersi - si diceva - come ciò che accade attraverso ciò che gli uomini si propongono, ma è diverso da ciò che essi si propongono.

Nichilismo, tecnica e individuo
Emanuele Severino ha pubblicato tra l’altro: La struttura originaria (1958, seconda edizione Adelphi 1981), Essenza del nichilismo (1972, seconda edizione Adelphi 1982), Destino della necessità (Adelphi 1980), La Gloria (Adelphi 2001), Oltrepassare (Adelphi 2007). In relazione al tema qui trattato: Il declino del capitalismo (Rizzoli 1993), Dall’Islam a Prometeo (Rizzoli 2003), Democrazia, tecnica, capitalismo (Morcelliana 2009), Macigni e spirito di gravità (Rizzoli 2010).
«Corriere della Sera» del 18 dicembre 2010

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