14 settembre 2010

Solo le bufale dei media non scadono mai

di Marcello Foa
I giornalisti sbagliano, eccome se sbagliano; talvolta per passione politica, calcando. E fioccano le querele; talaltra in buona fede, nel descrivere fatti in divenire e dunque, per loro natura, provvisori. Ma capita che i media sbaglino tutti assieme, sia quelli di destra sia quelli di sinistra, in Italia come in Francia, negli Stati Uniti, persino in Brasile e a Hong Kong. E con toni catastrofisti. Andrea Kerbaker è impietoso nel definire questi errori Bufale apocalittiche, come annuncia il titolo del libro appena edito Ponte alle Grazie (pagg. 136, euro 13). Esagerazioni? Purtroppo no.
Non è la prima volta che i mezzi di informazione planetari finiscono sotto accusa, ma basta una visita in una libreria per accorgersi che la sezione «media» è rilegata in un angolo, con pochissimi testi di critica dei media. Ben venga, dunque, un saggio come Bufale apocalittiche, che non è certo un volume accademico, ma, piuttosto, un volume a metà strada tra il pamphlet e il divertissement, dal linguaggio semplice, accessibile al grande pubblico e ben documentato.
Kerbaker prende in esame otto grandi, sensazionali eventi del nostro tempo, dal Millenium Bug, che avrebbe dovuto paralizzare gli aerei, fino all’influenza suina, passando per la Mucca pazza, le lettere all’antrace, la Sars, l’aviaria, i catastrofismi sull’euro e le inspiegabili galoppate delle quotazioni del petrolio. Lavorando d’archivio, l’autore ripropone tante chicche di giornali italiani e non, che finiscono per corroborare l’impressione di un mondo dell’informazione tutt’altro che oculato nelle sue scelte e molto conformista, anzi, manipolabile. Di fronte a crisi internazionali i media tendono a muoversi in gregge. E finiscono per non servire affatto il lettore. Perché le grandi crisi, alla prova dei fatti, spesso sono colossali bluff, ma la stampa non se ne accorge mai in tempo reale.
La tesi di fondo è giusta e l’autore ha ragione nel rimproverare ai giornalisti la tendenza ad autoassolversi. Quando gli errori collettivi vengono smascherati, quegli stessi editorialisti che fino a poche settimane prima usavano toni catastrofisti emettendo sentenze inappellabili, o girano la testa dall’altra parte, peraltro continuando a pontificare su altri temi, o ci scherzano su; mentre dovrebbero riflettere seriamente e procedere a una salutare autocritica.
Leggendo il volume, il lettore vorrebbe saperne di più e soprattutto capire certi meccanismi, le cause più profonde di fenomeni colossali eppure inesplorati, purtroppo però l’autore non spinge l’analisi oltre l’osservazione. Anzi, sostiene che «non sappiamo e non sapremo mai chi e perché compia certe operazioni». Vero? Solo in parte. Non si può sapere tutto, ma si può capire molto per deduzione, con l’analisi comparativa, conoscendo le tecniche dello spin, ovvero le tecniche usate dai comunicatori più spregiudicati per condizionare non un giornale, ma l’insieme dei media.
Kerbaker, nel capitolo conclusivo, si limita ad accennare a fattori come la paura, la discrezionalità delle fonti, le logiche dei media, l’ambiguità degli esperti e si lancia in considerazioni sull’entropia e l’ipocondria delle masse. Non scava, dà l’impressione di non voler seguire fino in fondo le proprie intuizioni. Insomma, resta in superficie, a esempio quando scrive che le case farmaceutiche condizionano l’Oms, ma non spiega i meccanismi di finanziamento che hanno privato questo organismo della sua indipendenza, esponendolo a condizionamenti scandalosi.
Peccato, ma forse quella di Kerbaker è una scelta. Più che agli esperti sembra rivolgersi a un pubblico più ampio, a quei lettori che intuiscono le anomalie di certe crisi e che leggendo Bufale apocalittiche troveranno prove documentali a sufficienza per dimostrare che i giornalisti sbagliano. Eccome se sbagliano.
«Il Giornale» del 14 settembre 2010

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