13 luglio 2010

A occhi davvero aperti sulla realtà degli abusi: né alibi, né rimozioni

Numeri e sofferenze di un dramma
di Marco Tarquinio
Scandalo pedofilia
Abbiamo sperato a lungo che lo facesse qualcun altro. Che su qualche altro giornale si desse compiuta­mente conto di che cosa è davvero, oggi, nel mondo, lo «scandalo pedofilia». Uno scandalo enorme. Vittime a milioni, a decine e decine e decine di milioni. Affari a mi­liardi. Paesi civilissimi e teatro di importanti campagne di stampa moralizzatrici – tutte concentrate sui reati di pedo­filia commessi dalla Chiesa cattolica – che però sono la patria di frotte di «orchi» che originano i più imponenti e vergognosi flussi del turismo sessuale e sono la ragione del­le sfrenate fortune dell’indu­stria pedopornografica. Cifre, stime, censimenti, proiezio­ni, quantificazioni, allarmi tutti rigorosamente pubblici, nazionali e sovranazionali. Dati forniti e reperibili attra­verso l’Onu. Speravamo che qualcun altro se ne appassionasse, perché noi di Avvenire li raccogliamo e pubblichiamo già da anni, perché da sempre ci battiamo contro la pseudo cultura del 'tutto è normale' e contro il suo frutto più repellente: il cancro degli abusi sessuali sulle bambine e sui bambini. Oggi li rimettiamo in pagina tutti assieme in un inserto cu­rato da Lucia Bellaspiga – e li accostiamo a storie e testi­monianze emblematiche – anche se sappiamo che qual­cuno proverà a dire che lo fac­ciamo per sostenere che in un male così profondo e talmen­te grande anche il male com­messo da alcuni uomini e donne di Chiesa si riduce, e quasi scompare. Meglio che lasci stare, perché noi – fa­cendo con le nostre parole e­co a Papa Benedetto e ai no­stri vescovi – diciamo l’esatto contrario: nulla si perde, ogni scheggia di male è acuta e pe­sa, pesa maledettamente. So­prattutto per chi è cattolico. Ma proprio per questo moti­vo nessuno può chiudere gli occhi su nessuna parte di questo scandalo. E ignorarne le esatte proporzioni. E rite­nere di mescolare verità e fal­sità – vari media, anche ita­liani, l’hanno fatto creando in modo indecoroso casi inesi­stenti, da ultimo contro il car­dinale belga Danneels – solo per attaccare la Chiesa. Stare con le vittime di violenza e a­buso – e ce ne sono pure tra gli ingiustamente accusati, come racconta la vicenda di Angela L. e di suo padre che grazie a due ottimi giornalisti si è fatta libro – vuol dire prima di tutto sta­re con la verità. Ci deve esse­re giustizia. Ci può essere ri­parazione e pentimento. E per questa via – se Dio vuole e le vittime ne sono capaci – perdono. Ma mai alibi, mai ri­mozioni.
«Avvenire» del 10 luglio 2010

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