02 luglio 2010

Famiglie disgregate? «Adolescenti in tilt»

Se la coppia scoppia, figli più a rischio
di Viviana Daloiso
L’Istituto di antropologia su educazione e crisi familiari
Sempre più problematici. Sempre più disorientati. E sempre più soli. È un quadro drammatico, quello del mondo adolescenziale italiano, in cui a episodi di cronaca sconvolgen­ti – ultimi, in ordine cronologico, i numerosi suicidi di ragazzini legati alla boc­ciatura a scuola – si affianca la constatazio­ne di una conflittualità col mondo adulto or­mai del tutto incapace di trovare sbocchi po­sitivi. Lo sanno bene gli operatori dei quasi duecento consultori familiari di ispirazione cristiana che – disseminati sull’intero terri­torio nazionale – vedono crescere in modo allarmante il numero di giovani e di fami­glie che vi si rivolgono: migliaia, ogni anno, in cerca di aiuto e di risposte di natura edu­cativa. Una realtà, quella dei con­sultori, che negli ultimi me­si ha fornito importanti spunti di ricerca sul disagio giovanile, raccolti in nume­rosi e diversificati progetti di ricerca dall’'Università' del­la famiglia, quell’Istituto di antropologia per la cultura della persona e della famiglia nato un anno fa a Milano – l’iniziativa è stata di Cattoli­ca, Regione Lombardia, O­spedale Maggiore e, appunto, Confedera­zione dei consultori di ispirazione cristiana – che negli ultimi mesi proprio sulla pro­blematicità del rapporto tra adolescenti e a­dulti ha incentrato tutta la sua attenzione o­perativa e formativa. «Quello che stiamo cer­cando di mettere in campo è un approccio sempre più attento al mondo adolescenzia­le e delle famiglie – spiega il presidente del­­l’Istituto e della stessa Confederazione dei consultori, l’avvocato Goffredo Grassani –, certi che per risolvere i problemi si debba­no affrontare a un livello pedagogico e va­loriale, ma prima di tutto concreto». Dove concretezza, per l’Istituto e per il centro di ricerca e formazione che lo affianca (il Crea­da), significa analizzare quel disagio a par­tire dai casi reali, misurati e raccolti e sul campo: quelli dei ragazzi che attraverso i consultori sono entrati a far parte di gruppi di dibattito, di laboratori di confronto con genitori e insegnanti, oppure – nei casi più difficili – quelli che sono stati presi in cari­co e seguiti dall’Unità operativa di Neuro­psichiatria infantile dell’Ospedale Maggio­re, dove l’équipe guidata dal direttore An­tonella Costantino si occupa da vicino di monitorare i ragazzi da un punto di vista clinico e sanitario.
In questo senso, per esempio, si è mosso l’ultimo protocollo di studio incentrato sui casi di 511 giovani che si sono rivolti ai con­sultori: un progetto che ha offerto dati in­teressanti sulla natura del disagio adole­scenziale. E da cui, tuttavia, sono arrivate anche buone notizie: come quella che nel 34,8% dei casi, ad esempio, il ragazzo si è presentato al centro da solo. «Un dato fon­damentale – spiega la professoressa Maria Luisa Di Natale, prorettore della Cattolica e direttore scientifico del Creada – per com­prendere come la necessità di una risposta educativa ar­rivi dai ragazzi stessi». In molti casi è poi la famiglia ad attivarsi: sempre nel pro­tocollo preso in esame, per il 38,9% dei casi i ragazzi so­no arrivati nei consultori con entrambi i genitori o uno dei due (quasi sempre la madre), ma c’è stato anche il fre­quente caso (21,5%) di ge­nitori che si sono recati al consultorio soli per tentare di risolvere problemi relativi ai propri figli adolescenti. Infine, invece, il dato forse più allarmante, quello di un’alta percentuale di adolescenti 'problematici' (il 21,1%) di ra­gazzi che provengono da famiglie in cui i ge­nitori sono separati o divorziati: «Numeri che lasciano supporre – continua la De Na­tale – una corrispondenza tra problematicità dei figli e situazione familiare». Proprio su questo aspetto, peraltro, si stanno concen­trando altri due progetti di ricerca del Crea­da, volti a indagare da vicino come i figli di coppie separate affrontino la costruzione di una nuova famiglia. «Le istituzioni educati­ve sono oggi chiamate non solo a mettersi in rete e a misurarsi con i ragazzi, ma anche sul mondo stesso degli adulti, su come le problematicità dell’uno si riflettano nell’al­tro e lo influenzino – spiega ancora Grassa­ni –. È anche la coppia, su cui si fonderan­no le famiglie di domani, che ha bisogno di essere formata, seguita, preparata».
Grassani: le problematicità degli adulti si riflettono sui ragazzi con effetti a catena che vanno tamponati De Natale: corrispondenza sempre allarmante
«Avvenire» del 2 luglio 2010

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