27 giugno 2010

Sbagliato cancellare i simboli del passato

di Fabio Cavallucci
Il giorno dopo che la Georgia ha rimosso la statua di Stalin anche dalla città natale del dittatore (Gori), Mikhail Gorbaciov, ultimo segretario generale del Partito comunista dell'Unione sovietica nonché tra gli artefici della fine della guerra fredda, racconta il suo rapporto con la figura di Stalin. «Tutta la mia infanzia e gran parte della giovinezza – spiega – si è svolta sotto l'influenza della guerra e del personaggio al quale i russi assegnarono le loro speranze di sopravvivenza. Non potevo vedere Stalin sotto altra luce che quella, come tutti i giovani della mia generazione. Gli anni post-staliniani modificarono quelle percezioni. La spinta fideistica si allentò ed emersero nuove idee. Nel mio caso fu un processo lento, che andò avanti mentre salivo la scala delle responsabilità di partito. Quando arrivai in alto mi era chiaro che quel modello di società andava riformato alla radice e che nessun socialismo sarebbe stato possibile senza far crescere, al suo interno, la democrazia. La Perestrojka fu il modo che ritenni necessario per produrre quei mutamenti.
Che effetto le ha fatto assistere alla rimozione dei simboli che hanno accompagnato la sua giovinezza e ascesa politica?
Non ho mai applaudito la distruzione dei monumenti. È una sciocchezza antistorica che equivale a pretendere di cancellare il passato. I monumenti sono fatti per ricordare quello che si ritiene il bene di un'epoca o il suo orgoglio. Poi, quando i tempi cambiano, quegli stessi monumenti cambiano di significato e mostrano i limiti, o le vergogne, di quella stessa epoca. Cancellarli significa dimenticare gli errori, aumentando la possibilità di ripeterli.
Quali sono i monumenti che meglio rappresentano la Russia di oggi?
La Russia di oggi non ha ancora simboli nuovi che la rappresentino. Il dramma della fine dell'Unione Sovietica non è stato superato. Ci vorrà altro tempo perché il popolo e le classi dirigenti riacquistino piena fiducia in se stessi e producano i simboli in grado di rappresentare quella fiducia. Ma credo che i monumenti che hanno resistito, quelli a poeti, scrittori e scienziati, contengano la consapevolezza della grandezza del popolo russo.
Che cosa ha perduto e cosa ha guadagnato la Russia, con l'ingresso nel sistema capitalistico?
Non ha guadagnato molto da un capitalismo che ha imitato le caratteristiche peggiori di quello occidentale. Il cammino verso la democrazia non è migliorato con l'arrivo del mercato. Adesso i russi sanno che ci può essere un mercato senza nessuna democrazia e provano nostalgia di quello che hanno perduto. Questo non significa che preferiscano l'autoritarismo alla democrazia, ma solo che devono trovare ancora la strada per arrivare a una democrazia decisa da loro e non da Washington o da Bruxelles.
Che monumento farebbe costruire oggi?
Bisognerebbe chiedere a mille artisti di ogni parte del mondo di riunirsi per dedicare la loro arte alla Natura. Per ricordarci che la stiamo distruggendo con uno sviluppo insensato e insostenibile. Per chiederle perdono.
«Il Sole 24 Ore» del 27 giugno 2010

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