25 giugno 2010

Quei «tagli» sulle droghe che non fanno male

Al vizio dello sballo si rinuncia. Anche la crisi lo conferma
di Gabriella Sartori
Un milione di persone che ci ha guadagnato in salute, in serenità per sé e per le proprie famiglie non è poco E la sospensione di un cattivo comportamento può fare riflettere
Chi l’avreb­be detto, dalla crisi deriva anche qualcosa di buono: in Italia, per esempio, un quarto di consumatori di droghe in meno (-25,7% per l’esattezza). Erano quasi quattro milioni nel 2008, sono un milione di meno nel 2009. Lo dice una fonte ufficiale come la Relazione annuale sul tema, appena presentata al Parlamento e di cui Avvenire ha già dato ampio conto. E i commentatori sono d’accordo nell’attribuire alla crisi, cioè alla diminuita capacità di spesa, un 'taglio' così drastico e numericamente così rilevante.
Certo, non sono tutte rose: è vero che si consuma meno cocaina (più diffusa, ahimè, fra gli studenti) e meno eroina, ma è anche vero che si consuma più alcol. Che sempre dipendenza crea (per non parlare di tutte le altre sventure connesse al suo incontrollato consumo). Ed è anche vero che la diminuzione più rilevante la si riscontra presso i consumatori occasionali, mentre restano sostanzialmente stabili i livelli presso quelli abituali. Come dire: chi è già preda delle droghe, rimane purtroppo dov’è. Fin qui la notizia. Che, con tutti i suoi limiti, è una notizia buona (o quasi). Questo non attenua ovviamente la preoccupazione per l’enorme numero di persone che restano coinvolte, specie i giovani: tutta gente che corre verso la rovina propria e di tutto il mondo di relazioni umane che costituisce il nocciolo di ognuno di noi.
Tuttavia, rimane il fatto che questi dati ci permettono di constatare che a diminuire, stavolta, è il danno. Inoltre, se, come gli esperti ci assicurano, la “svolta” positiva dipende dal fatto che è diminuito il denaro da spendere, ciò vuol dire che un milione di persone ha potuto far a meno di drogarsi senza enormi sforzi, solo perché non aveva abbastanza soldi in tasca. Un milione di persone che ci ha guadagnato in salute, in serenità per sé e per le proprie famiglie non è poco! Con in più la consapevolezza, che, volendo, si può far a meno di drogarsi.
Constatazione questa che può dispiacere solo a chi, come le mafie, sullo smercio delle droghe ci vive e prospera.
Certo, il male non è vinto, in quanto la rinuncia a drogarsi non è frutto di una libera scelta. La “radice” dell’errore, dunque, resta.
Ma la sospensione, sia pure forzata, di un cattivo comportamento, può far riflettere in positivo anche chi se ne è reso responsabile. Potrebbe accadergli, dunque, di cambiare stabilmente idea.
Certo, rinunciare alla cocaina per lasciarsi andare all’alcol non può considerarsi un “progresso”. Chi si ubriaca, fa male, malissimo. Ma, almeno, non fa ingrassare i delinquenti.
Un punto, questo, che non va mai perso di vista. Chi vuol continuare a usare droghe, e ne propaganda la «legalizzazione», dovrebbe avere almeno il buon gusto di starsene zitto quando si parla di lotta alle mafie. Le mafie sono padrone del mercato degli stupefacenti, con la droga legalizzata» i boss si metterebbero semplicemente in doppio petto.
«Avvenire» del 25 giugno 2010

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