15 giugno 2010

New Orleans, rivoluzione delle scuole «autonome»

Crescita del livello di preparazione, migliore disciplina, soddisfazione dei genitori: il modello adottato della città colpita dal disastro ora è un esempio per tutta l’America. Si possono scegliere direttamente i professori e lo stile severo e manageriale ha ridotto l’evasione. Ma si fa notare che la base di partenza era molto bassa e non manca qualche accusa di «autoritarismo»
di Elena Molinari
Sotto i colpi di Katrina, la scuola ele­mentare Fischer, nel quartiere di Algiers, a New Orleans, se l’è cavata con qual­che vetro rotto e ha dovuto chiudere solo per un paio di mesi. Ma in sessanta giorni l’a­genzia per la ricostruzione dello Stato della Louisiana l’ha smantellata, permettendole di rinascere come una semi-indipendente 'charter school'. «La differenza rispetto a u­na scuola pubblica è che posso scegliere per­sonalmente gli insegnanti – dice ad Avvenire cinque anni dopo il preside, Dahme Bolden –. Di conseguenza, vedo maggiore iniziativa da parte dei professori: si insegna e si impa­ra di più». Anche alle medie della S. J. Green School di New Orleans le cose sono cambiate parec­chio all’indomani dell’uragano, a partire dal­l’obiettivo del nuovo direttore amministrati­vo, Anthony Racasner: «Tutti i nomi sul regi­stro di classe devono comparire su un diplo­ma di terza media», dice Racasner, che ha as­sorbito la S. J. Green all’interno della rete di scuole charter che ha fondato insieme ad al­cuni gruppi di genitori. Il direttore non è il solo, a New Orleans, a con­siderare gli istituti charter un’occasione uni­ca di recuperare i ragazzi che il precedente si­stema scolastico aveva perso per strada. Al liceo New Orleans College Prep, una 'char­ter' school, il preside Ben Kleban si aspetta dagli studenti una disciplina che prima nes­suno aveva preteso. I suoi ragazzi provengo­no da alcune delle famiglie più povere della città, ma dall’inizio dell’anno non hanno per­so neanche un giorno di scuola. «Sanno che rischiano l’espulsione – spiega Kleban – la re­gola è: migliorare, altrimenti, fuori».
Presidi come Kleban e Bolden hanno quasi carta bianca nel gestire i loro istituti. Qual­cuno li giudica troppo autoritari o manage­riali. Ma la maggior parte dei sovrintendenti scolastici americani li considera un’avan­guardia da tenere d’occhio. In cinque anni, approfittando della devastazione di Katrina, hanno trasformato uno dei sistemi scolasti­ci più fallimentari degli Usa in un distretto dove il livello degli studenti è quasi in linea con quello del resto del Paese. Katrina, para­dossalmente, ha dato agli amministratori sco­lastici di New Orleans l’opportunità di ripar­tire da zero e di sperimentare con soluzioni al confine fra pubblico e privato come non sarebbe stato possibile durante la gestione ordinaria pre-emergenza.
Alla base dell’esperimento c’è un forte uso del metodo 'charter', che prevede scuole finanziate da denaro pubblico ma gestite da associazioni o cooperative private. Oggi a New Orleans le scuole 'charter' sono oltre la metà: la percentua­le più alta di ogni sistema scola­stico dei singoli Stati americani. Lo Stato, la regione o il comune mantengono la responsabilità della supervisione e possono im­porre la chiusura di un istituto dopo cinque anni se i risultati stentano ad arrivare. Ma tutte le scuole 'charter' al quinto anniversario han­no mostrato progressi. In parte è perché il livello da cui partivano era molto basso. Pri­ma dell’uragano del 2005 le scuole di New Orleans erano piagate da povertà, crimine, un altissimo tasso di abbandono scolastico e un mare di insufficienze ai test di fine an­no. Ora «abbiamo avviato una trasforma­zione culturale», dice Scott Cowen, che in qualità di presidente dell’università di Tula­ne guida il movimento di riorganizzazione delle scuole di New Orleans.
Stando a un rapporto dell’istituto Scott S. Cowen, gruppo non profit per le iniziative nell’istruzione pubblica, i risultati dei test scolastici sono migliorati del 25 per cento ri­spetto al 2005 (ma restano al di sotto della media nazionale) e si è diffusa una forte «cul­tura dell’apprendimento». L’82 per cento dei genitori con figli in una 'charter' dà alla scuo­la un voto cha va dal 9 al 10. Fra i paladini del cambiamento c’è il sovrin­tendente all’istruzione della città, Paul Val­las, reclutato all’indomani dell’uragano gra­zie alla fama di riformatore che si era fatto a Chicago e a Philadelphia. Vallas è alla testa del 'Recovery school district', un’entita statale creata dopo Katrina per assumere il control­lo di maggior parte delle scuole comunali. Quando è arrivato a New Orleans, ha dato a tutti gli istituti tutte la possibilità di rinasce­re come 'charter', ad alcune condizioni: che usassero un programma standardizzato, che allungassero le lezioni di due ore al giorno, che attrezzassero le aule con computer e che riducessero il numero degli studenti per clas­se. Tutto perché «non abbiamo tempo da per­dere – spiega – alcuni di questi ragazzi sono indietro di due, persino tre anni».
Una delle controindicazioni del nuovo siste­ma è che ha creato un mosaico di responsa­bilità difficile da decifrare, fra scuole pubbli­che gestite direttamente dallo Stato, quelle comunali, quelle del Recovery School District e quelle charter, che dipendono da una del­le tre istituzioni pubbliche. Nonostante queste difficoltà, il governatore della Louisiana Bobby Jindal è convinto che la chiave della rinascita delle scuole dello Sta­to stia proprio nella maggiore indipendenza degli istituti. Jindal infatti ha proposto una legge che permetterebbe alle scuole di ri­chiedere una sospensione di quattro anni del­le regole statali che fissano lo stipendio degli insegnanti e determinano i programmi sco­lastici e la durata delle giornate di lezione.
I presidi delle scuole 'charter' lo vedono co­me un buon segno e sperano che altri se­guano il loro esempio, ma invitano alla cau­tela: non basta definirsi 'charter' per tra­sformarsi in un istituto di successo. Occorre prima accertarsi di avere l’appoggio dei ge­nitori e finanziatori in grado di fornire mate­riali, strumenti didattici o le risorse necessa­rie ad attrarre gli insegnanti migliori.
Molta strada resta ancora da fare a New Or­leans per dare a tutti gli studenti l’opportu­nità di ricevere un’istruzione di qualità. Il ve­ro test si avrà fra altri cinque anni, quando le scuole 'charter' dovranno dimostrare di aver fatto progressi rispetto al livello attuale e non a quello pre-Katrina. Ma il resto della nazio­ne ha già preso nota. A Houston, città orgo­gliosa delle sue scuole pubbliche, il sovrin­tendente Terry Grier ha chiesto al Comune di adottare alcune norme del sistema scolasti­co di New Orleans. L’obiettivo: dare maggio­re libertà ai singoli istituti.

Dopo l’uragano Katrina, il sistema di istruzione è stato rifondato dando in gestione gli istituti, finanziati dallo Stato, a cooperative o associazioni private. I risultati, cinque anni dopo, sono ottimi
«Avvenire» del 15 giugno 2010

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