21 giugno 2010

Ma nel giudizio sull'opera d'arte è compresa la dimensione morale

Il direttore di «Studi Cattolici»
di cesare Cavalleri
Il libero parere di un critico, in ogni caso, non si diluisce nella responsabilità della testata
«L'Osservatore Romano» pubblica un severo giudizio sul Nobel José Saramago, e le agenzie giornalistiche entrano in fibrillazione. Prima considerazione: l'articolo in questione è di Claudio Toscani, eccellente e informatissimo critico letterario, ma le agenzie lo attribuiscono in toto all'«Osservatore Romano», come se fosse un editoriale del direttore. Si vorrà rispettare il libero pensiero di uno scrittore senza diluirne la responsabilità nella testata per cui scrive? Come ogni giornale, anche «L'Osservatore» accoglie una pluralità di firme. L'articolo di Toscani ha fatto scalpore per la presa di distanza morale dall'opera dell'autore portoghese, a cadavere caldo. Ben venga l'infrazione alla consuetudine del buonismo necrologico: di uno scrittore bisogna sempre parlare da vivo, perché se ne giudicano i libri, non la persona. Non manca chi si scandalizza perché un giudizio letterario come quello di Toscani prende in considerazione la dimensione morale. Ma la moralità è inclusa nel giudizio estetico. Mettiamola sul filosofico: i trascendentali dell'essere sono le diverse angolazioni secondo cui l'essere viene considerato. I trascendentali classici sono l'uno, il vero, il bene: il bello è il trascendentale «coagulante», cioè che tiene insieme unità, verità, bontà. Pertanto, il giudizio estetico non può prescindere dalla verità e dalla bontà (dimensione morale) dell' oggetto, soprattutto nel caso dell'arte. Ecco perché mettono a disagio certe opere antisemite di Céline, anche se «scritte bene»; ecco perché la carenza di verità in certa pittura del realismo socialista suscita impazienza. Sull'unità dell'opera d'arte ci si trova facilmente d'accordo, eccetto che a proposito del decostruttivismo di certa avanguardia.
«Corriere della Sera» del 20 giugno 2010

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