06 giugno 2010

Di cosa parlano i social media mentre i giornali vanno in edicola

Parla Luca Conti (alias Pandemia)
di Marco Valerio Lo Prete
Blogger, Twitter e You Tube: ecco il primo studio che analizza come cambiano le priorità dei nuovi media rispetto a quella dei giornali di carta
"Le storie e i temi di discussione che predominano nei social media sono sostanzialmente diversi da quelli che primeggiano sulla stampa mainstream. E i social media – rispetto ai temi che trattano – differiscono molto anche tra loro". E' questa, in sintesi, la conclusione di una ricerca appena pubblicata dal Pew Research Institute, dal titolo "How blogs and social media agendas relate and differ from the traditional press". Si tratta del primo studio del genere: per un anno gli autori hanno monitorato i contenuti di blog, Twitter e You Tube, negli Stati Uniti, analizzando e classificando il tutto per parole e temi chiave.
Prima di vedere alcuni dei risultati dell'indagine, una precisazione: la ricerca è limitata alla categoria "notizie"; non sono stati considerati dunque, fanno sapere dal Pew Research Institute, tutti quei contenuti che riguardano vicende personali, hobbies, giardinaggio, tifo sportivo, etc. Ciò detto, ecco un primo dato interessante: giornali e social media, per la maggior parte dell'anno, hanno avuto priorità diverse. Blog e giornali hanno condiviso la stessa "prima notizia" solo per 13 settimane sul totale 49 conteggiate, You Tube 8 su 49, Twitter ancora meno (4 settimane su 49). Non solo: "I social media tendono ad ospitare storie che attirano molta meno attenzione della stampa mainstream". Ed è raro che gli argomenti privilegiati dagli internauti vengano ripresi in quanto tali, e con molta evidenza, sui giornali: il Pew Research Institute cita un caso eclatante in cui ciò è avvenuto, quello del Climate-gate (la controversia sulle e-mail relative al riscaldamento climatico). Per il resto i due mondi non sembrano comunicare troppo quando si tratta di priorità.
Occorre però sfatare un mito a proposito dei blogger: proprio loro, contro ogni aspettativa, sembrano quelli più pronti ad "appiattirsi" sull'agenda dettata dai giornali. Oltre il 99 per cento delle notizie "linkate" dai diari online viene dalla stampa tradizionale e in particolare da quattro ammiraglie dell'informazione anglofona – BBC, CNN, New York Times e Washington Post.
Quanto alle preferenze dei singoli social media, ecco una tabellina piuttosto chiara e riassuntiva dello studio.
YouTube e blog, nel momento in cui fanno informazione, parlano di "politica" più di quanto non avvenga sulla carta: "I blogger tendono a privilegiare storie che sollecitano emozioni, che riguardano i diritti di individui o gruppi specifici, che alimentano passioni ideologiche". Anche perché i social media sono l'arena più adatta a svelare le proprie opinioni e la propria partigianieria: "Sui blog, il 17 per cento delle storie maggiormente linkate nel corso di una settimana riguarda il governo o la politica statunitense, spesso accompagnato da analisi personali e valutazioni piuttosto enfatiche". Negletta dai social media, invece, l'economia: se i giornali americani vi dedicano il 10 per cento dello spazio, i blogger soltanto il 7 per cento, Twitter e You Tube addirittura un misero 1 per cento.
Il caso Twitter merita un discorso a parte, non foss'altro per la crescita esponenziale della piattaforma in questione: nel 2009 l'audience mensile di Twitter è cresciuta del 200 per cento, secondo i dati del Pew Research Institute. Ma il fatto che il 47 per cento delle storie maggiormente "twittate" rientri nella categoria "tecnologia" non è forse un limite? "Niente affatto – dice al Foglio Luca Conti, giornalista free lance, esperto di media digitali e collaboratore del Sole 24 Ore – Twitter non è una riserva per i maniaci della tecnologia. Il punto è che gli utenti attivi, cioè quelli che aggiornano il proprio profilo su Twitter almeno una volta al giorno, sono tra il 5 e il 10 per cento del totale. Tra questi ovviamente sono sovra-rappresentati gli utenti tecnologicamente esperti, spesso i primi a scoprire Twitter e comunque quelli che più di frequente rilanciano link e informazioni". Ma l'importanza della categoria "tecnologia" è da ridimensionare, anche perché – come spiega Conti nel suo libro appena uscito "Comunicare con Twitter" (Hoepli) – "una maggioranza schiacciante di quanti usufruiscono di Twitter, vicina al 90 per cento secondo gli studi effettuati in varie università, si limita a leggere, aggiungendo in più il 10 per cento del contenuto; mentre il 10 per cento degli utenti scrive il 90 per cento del contenuto". Tanto che Twitter, sempre più, è utilizzato da giornalisti professionisti, manager e cittadini per organizzare al meglio la fruizione dell'informazione: "Nell'era dell'information overload, in cui l'informazione prodotta a livello globale continua a crescere a livelli impensabili fino a pochi anni fa – spiega Conti – Twitter può tornare utile per non essere travolti dal flusso. Se gestito in maniera consapevole, funziona come un potente filtro; una volta scelti i giornalisti, i professionisti e le persone di cui ti fidi, affidi anche a loro il compito di segnalarti le informazioni più interessanti".
La piattaforma di micro-blogging è adatta per tenersi aggiornati – anche il vicepresidente di Google, Nikesh Arora, ha detto recentemente di preferire Twitter alle agenzie di stampa nei momenti di pausa – ma non solo: "Diventa uno strumento di informazione potente nel momento in cui gli utenti si trovano ad essere testimoni di un evento. Durante le manifestazioni in Iran o le rivolte in Thailandia, Twitter è divenuta chiaramente una fonte primaria di informazione, anche per i giornalisti tradizionali".
«Il Foglio» del 5 giugno 2010

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