21 giugno 2010

Addio a Saramago l'eretico militante

1922-2010
di Dino Messina
Le critiche alla Chiesa, le polemiche con Israele, il «caso Einaudi»
«Oggi, venerdì, alle 12.30 nella sua residenza di Lanzarote, nelle isole Canarie, dopo una lunga malattia è morto a 87 anni José Saramago. Lo scrittore se n’è andato, assistito dalla sua famiglia, in maniera dolce e serena». Così ieri in una forma sobria e signorile la Fondazione Saramago ha annunciato sul sito Internet la scomparsa del maggiore romanziere portoghese, primo e unico del suo Paese a ricevere nel 1998 il premio Nobel per la letteratura. Saramago se n’è andato per le conseguenze di una leucemia mentre, instancabile a quasi ottantotto anni che avrebbe compiuto il 16 novembre, stava lavorando a un nuovo e impegnativo romanzo, dedicato al traffico d’armi, cui aveva dato il titolo provvisorio Alabarde, Alabarde, spingarde spingarde tratto dai versi del poeta Gil Vicente. Sul tavolo dello studio, dove fino a poche settimane fa riceveva ancora gli amici assistito dalla amatissima seconda moglie Pilar del Rio, c’erano le ultime letture del Nobel, Alla cieca di Claudio Magris e una raccolta di articoli del critico George Steiner. Il governo portoghese si è affrettato ad annunciare solenni funerali per il suo maggiore esponente letterario che aveva lasciato polemicamente la sua patria nel 1992, in seguito ai violenti attacchi ricevuti da un sottosegretario alla cultura, Antonio Sousa Lara, che aveva considerato offensivo per il Portogallo e per tutti i Paesi cattolici il romanzo apparso nel 1991, Il Vangelo secondo Gesù Cristo, laica e umanissima versione della vita terrena di nostro Signore. Così, quando nell’ottobre 1998 arrivò l’annuncio del Nobel, durante la Fiera del libro di Francoforte, mentre Saramago stava per lasciare la Germania alla volta della sua amata isola, alla Buchmesse vennero preparati due festeggiamenti, uno nel settore spagnolo e un altro in quello portoghese. Alla fine vinsero i portoghesi, ma gli spagnoli non hanno mai smesso di considerare un connazionale l’autore della Zattera di pietra, il romanzo uscito nel 1986 in cui l’autore immagina che la penisola iberica si stacchi dal continente europeo e cominci una deriva nell’Atlantico verso una nuova identità. Il destino di Saramago è stato sempre quello di affascinare e dividere. Figlio di un contadino poverissimo che si era trasferito a Lisbona nel 1924, José Saramago era nato nel ‘22 ad Azinhaga. Costretto a interrompere gli studi di perito tecnico per motivi economici, fece tanti mestieri tra cui il metalmeccanico. Nel ‘44 sposò Ida Reis da cui nel ‘47 ebbe l’unica figlia, Violante. Alla letteratura arrivò tardi: dopo la militanza politica (si iscrisse al partito comunista nel 1969 e partecipò all’opposizione clandestina contro il dittatore Salazar), l’esperienza nei giornali (diresse agli inizi degli anni Settanta l’inserto culturale del «Diario»).
È vero che nel 1947 aveva scritto Terra do pecado ma è un’opera rinnegata dallo stesso autore come una prova acerba. Bisognerà attendere il 1980, quando Saramago aveva 58 anni, per il primo vero romanzo, Una terra chiamata Alentejo, dedicata ai braccianti di quella regione del Portogallo, cui seguirono il Memoriale del convento, sul tema dell’inquisizione, la Storia dell’assedio di Lisbona in cui un correttore di bozze cambia il corso degli eventi inserendo nei momenti cruciali del racconto un «non», Il Vangelo secondo Gesù Cristo, Cecità, del 1995, considerato il suo capolavoro, allegoria di mondo che non sa usare la ragione, Tutti i nomi, dedicato come L’anno della morte di Ricardo Reis al tema del doppio. Questa frenesia creativa non si placa nemmeno dopo il Nobel, da La caverna del 2001 a Caino del 2009, così come si moltiplicano le occasioni in cui Saramago scende in campo come gli scrittori impegnati d’altri tempi, in difesa di cause sociali, o per attaccare avversari politici. Una militanza che contrasta con una poetica ispirata alla triade formata dal visionario Kafka, dall’inafferrabile Pessoa, dal labirintico Borges. La prima, grossa occasione di polemica gli venne il giorno dopo l’annuncio del Nobel, quando l’«Osservatore romano», pur riconoscendone le doti letterarie, definì Saramago un «nichilista», «veterocomunista» e «antireligioso» e l’accademia di Stoccolma un gruppo di materialisti politicamente orientato a sinistra. Saramago rispose stizzito: «Rispetto molto i credenti ma non ho alcun rispetto per il Vaticano, che si scandalizza non per i suoi peccati ma per quelli degli altri. Per quanto mi riguarda, non ho avuto alcun bisogno di smettere di essere comunista per vincere il Nobel». La querelle con il Vaticano continuò negli anni sino alla pubblicazione di Caino, che comincia con l’immagine di un dio imbarazzato perché non si è ricordato di donare ad Adamo ed Eva la facoltà della parola. Nel 2002 Saramago paragonò i metodi di Israele nei territori occupati a quelli usati dai nazisti ad Auschwitz e Buchenwald. Osservazione che gli valse la censura di Abraham Foxman, il presidente dell’Anti defamation league: «I commenti di José Saramago sono sovversivi e profondamente offensivi, oltre a dimostrare ignoranza negli argomenti che porta a sostegno dei suoi pregiudizi antiebraici». Dello stesso tenore la reprimenda ricevuta da Amos Oz, che alludendo alla militanza comunista del Nobel portoghese, sparò: «Il suo paragone equivale a mettere sullo stesso piano Saramago e Stalin». Firmatario nel 2005 di un appello contro «l’accerchiamento» capitalistico di Cuba, anche se per la verità due anni prima aveva protestato contro le condanne di 75 oppositori al regime di Fídel Castro, l’ultima battaglia politica di Saramago ha riguardato l’Italia. Dopo una malattia dalla quale si risollevò miracolosamente, a 85 anni Saramago stupì tutti aprendo su Internet un blog, intitolato «O caderno», sul quale il vecchio scrittore interveniva su argomenti letterari, sociali, politici. Quando l’anno scorso arrivò il momento di far uscire in italiano una raccolta di quegli scritti, la casa editrice Einaudi, controllata dal gruppo Mondadori, ne rifiutò la pubblicazione perché conteneva giudizi offensivi su Silvio Berlusconi, paragonato tra l’altro a «un capo mafioso». Il quaderno in versione italiana venne pubblicato da Bollati Boringhieri, del gruppo Gems, e ora tutte le opere di Saramago in italiano, compreso L’ultimo quaderno, cioè la raccolta dei nuovi interventi d’attualità, scritti sino a febbraio, usciranno da Feltrinelli.

Comunista dal 1969 In «esilio» dal 1992 José Saramago era nato ad Azinhaga, in Portogallo, il 16 novembre 1922. Esordì nel 1947 con il romanzo «Terra del peccato». Iscritto al Partito Comunista dal 1969, fino a metà anni ‘70 attraversa un periodo di formazione pubblicando poesie, cronache, testi teatrali, novelle e romanzi, ma è solo dopo la Rivoluzione dei Garofani che diventa una figura di riferimento per la cultura portoghese (vicedirettore del quotidiano «Diario de Noticias» nel ‘75 e quindi scrittore a tempo pieno). Dagli anni Ottanta pubblica i suoi romanzi più significativi che lo condurranno al Nobel nel ‘98. Dal 1992 viveva a Lanzarote dove si era ritirato per protesta contro il governo del suo Paese che si era rifiutato di presentare «Il vangelo secondo Gesù Cristo» al Premio Letterario Europeo. Da Feltrinelli In ottobre uscirà «L’ultimo quaderno» Uscirà in ottobre da Feltrinelli «L’ultimo quaderno» di Saramago, il libro che raccoglie i commenti del blog su politica e letteratura. Feltrinelli ha da poco pubblicato anche «Caino», mentre, nel 2009, da Bollati Boringhieri era uscito «Il quaderno», causa della rottura con Einaudi, suo editore italiano dal 1997, quando uscì «Cecità». Il primo a tradurlo in Italia fu comunque Feltrinelli che nell’84 pubblicò «Memoriale del convento», romanzo di cui conservò i diritti anche quando Saramago passò a Einaudi. Ora Feltrinelli ha riacquistato i diritti di tutta la backlist e quest’anno ha pubblicato in economica, «Cecità», «L’uomo duplicato», «L’anno della morte di Ricardo Reis», «Una terra chiamata Alentejo» e «Il Vangelo secondo Gesù Cristo», questi ultimi due editi in precedenza da Bompiani.
«Corriere della Sera» del 19 giugno 2010

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