12 maggio 2010

Separazione, se il dolore diventa scelta di morte

Si allunga la serie delle storie coniugali finite in tragedia Ieri altri due casi di uxoricidio a Gela (Sicilia) e nel Torinese
di Lucia Bellaspiga
Storie di separazioni sofferte, e soprattut­to la paura di perdere definitvamente i fi­gli, alla base di immani tragedie acca­dute ieri al Nord, al Centro e al Sud. Erano a colloquio con l’assistente sociale che da due anni seguiva la loro separazione Giampiero Prato (38 anni) e Cristina Rolle (33), quando l’uomo, un programmatore informatico, ha improvvisamente estratto un coltello e, da­vanti all’operatrice terrorizzata, ha ucciso la moglie con 50 pugnalate. È successo a Colle­gno ( Torino), nella sede del Cisap, il Consor­zio intercomunale di servizi alla persona. La coppia aveva due bambine di 5 e 7 anni, e pro­prio loro erano al centro del contendere: se­condo quanto testimoniato dall’assistente so­ciale, l’uomo imputava alla moglie la colpa di aizzare le figlie contro i nonni paterni, indu­cendole a rifiutarsi di incontrare il padre a ca­sa loro. Il consorzio di Collegno segue ogni anno oltre 350 coppie in crisi, 300 delle quali segnalate dal Tribunale, una cinquantina in­vece giunte in modo spontaneo a chiedere aiuto. Tra queste ultime anche i coniugi Pra­to, ma sull’affidamento delle figlie il conflitto era risultato insanabile, anche se i colloqui e­rano sempre stati tranquilli: «Nulla faceva pre­sagire un epilogo improvviso e violento», han­no detto gli assistenti sociali del centro.
Finita in tragedia anche a Rosignano (Livor­no) la lite tra due coniugi. Vincenzo Ragusa, 60 anni, imprenditore edile, al culmine del li­tigio ha puntato la pistola verso la moglie mi­nacciandola di morte, quando il figlio Fabio, 24 anni, è intervenuto in difesa della madre. Un colpo, partito forse accidentalmente, ha ferito il giovane a una gamba in modo non grave, ma il padre, disperato all’idea di aver­lo ucciso, si è puntato la pistola alla tempia e si è tolto la vita. L’altra notte a Gela (Caltanissetta) la piccola Giorgia di 2 anni ha assistito alla lite furibon­da e poi alla morte della mamma, Emanuela Vallecchi, 22 anni, uccisa dal marito, Nicola Incorvaia, 25 anni. Anche tra i due ragazzi e­ra in corso una separazione, voluta dalla mo­glie. Il giovane marito, guardia giurata, ha u­tilizzato la pistola d’ordinanza per sparare contro Emanuela cinque colpi mortali, poi è fuggito a bordo della sua auto portando con sé la piccola. È stata una sua telefonata al fra­tello a rivelare il dramma: «Ho ucciso mia mo­glie », gli ha detto. Un poliziotto lo ha convin­to a costituirsi dicendogli che la giovane ce l’avrebbe fatta. Al sostituto procuratore Mo­nia Di Marco che lo ha interrogato per tutta la notte, Incorvaia ha confessato sotto choc di a­ver ucciso la moglie perché non reggeva il do­lore della separazione e temeva per l’affida­mento della sua bambina.
«Avvenire» del 12 maggio 2010

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