Si allunga la serie delle storie coniugali finite in tragedia Ieri altri due casi di uxoricidio a Gela (Sicilia) e nel Torinese
di Lucia Bellaspiga
Storie di separazioni sofferte, e soprattutto la paura di perdere definitvamente i figli, alla base di immani tragedie accadute ieri al Nord, al Centro e al Sud. Erano a colloquio con l’assistente sociale che da due anni seguiva la loro separazione Giampiero Prato (38 anni) e Cristina Rolle (33), quando l’uomo, un programmatore informatico, ha improvvisamente estratto un coltello e, davanti all’operatrice terrorizzata, ha ucciso la moglie con 50 pugnalate. È successo a Collegno ( Torino), nella sede del Cisap, il Consorzio intercomunale di servizi alla persona. La coppia aveva due bambine di 5 e 7 anni, e proprio loro erano al centro del contendere: secondo quanto testimoniato dall’assistente sociale, l’uomo imputava alla moglie la colpa di aizzare le figlie contro i nonni paterni, inducendole a rifiutarsi di incontrare il padre a casa loro. Il consorzio di Collegno segue ogni anno oltre 350 coppie in crisi, 300 delle quali segnalate dal Tribunale, una cinquantina invece giunte in modo spontaneo a chiedere aiuto. Tra queste ultime anche i coniugi Prato, ma sull’affidamento delle figlie il conflitto era risultato insanabile, anche se i colloqui erano sempre stati tranquilli: «Nulla faceva presagire un epilogo improvviso e violento», hanno detto gli assistenti sociali del centro.
Finita in tragedia anche a Rosignano (Livorno) la lite tra due coniugi. Vincenzo Ragusa, 60 anni, imprenditore edile, al culmine del litigio ha puntato la pistola verso la moglie minacciandola di morte, quando il figlio Fabio, 24 anni, è intervenuto in difesa della madre. Un colpo, partito forse accidentalmente, ha ferito il giovane a una gamba in modo non grave, ma il padre, disperato all’idea di averlo ucciso, si è puntato la pistola alla tempia e si è tolto la vita. L’altra notte a Gela (Caltanissetta) la piccola Giorgia di 2 anni ha assistito alla lite furibonda e poi alla morte della mamma, Emanuela Vallecchi, 22 anni, uccisa dal marito, Nicola Incorvaia, 25 anni. Anche tra i due ragazzi era in corso una separazione, voluta dalla moglie. Il giovane marito, guardia giurata, ha utilizzato la pistola d’ordinanza per sparare contro Emanuela cinque colpi mortali, poi è fuggito a bordo della sua auto portando con sé la piccola. È stata una sua telefonata al fratello a rivelare il dramma: «Ho ucciso mia moglie », gli ha detto. Un poliziotto lo ha convinto a costituirsi dicendogli che la giovane ce l’avrebbe fatta. Al sostituto procuratore Monia Di Marco che lo ha interrogato per tutta la notte, Incorvaia ha confessato sotto choc di aver ucciso la moglie perché non reggeva il dolore della separazione e temeva per l’affidamento della sua bambina.
Finita in tragedia anche a Rosignano (Livorno) la lite tra due coniugi. Vincenzo Ragusa, 60 anni, imprenditore edile, al culmine del litigio ha puntato la pistola verso la moglie minacciandola di morte, quando il figlio Fabio, 24 anni, è intervenuto in difesa della madre. Un colpo, partito forse accidentalmente, ha ferito il giovane a una gamba in modo non grave, ma il padre, disperato all’idea di averlo ucciso, si è puntato la pistola alla tempia e si è tolto la vita. L’altra notte a Gela (Caltanissetta) la piccola Giorgia di 2 anni ha assistito alla lite furibonda e poi alla morte della mamma, Emanuela Vallecchi, 22 anni, uccisa dal marito, Nicola Incorvaia, 25 anni. Anche tra i due ragazzi era in corso una separazione, voluta dalla moglie. Il giovane marito, guardia giurata, ha utilizzato la pistola d’ordinanza per sparare contro Emanuela cinque colpi mortali, poi è fuggito a bordo della sua auto portando con sé la piccola. È stata una sua telefonata al fratello a rivelare il dramma: «Ho ucciso mia moglie », gli ha detto. Un poliziotto lo ha convinto a costituirsi dicendogli che la giovane ce l’avrebbe fatta. Al sostituto procuratore Monia Di Marco che lo ha interrogato per tutta la notte, Incorvaia ha confessato sotto choc di aver ucciso la moglie perché non reggeva il dolore della separazione e temeva per l’affidamento della sua bambina.
«Avvenire» del 12 maggio 2010
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