04 maggio 2010

Nelle scuole l’educazione «anticoncezionale»

di Antonella Mariani
L’offensiva riparte con il solito ritornello: gli adolescenti italiani sono ignoranti sul sesso, non usano gli anticoncezionali salvo poi ricorrere in massa alla pillola del giorno dopo (370 mila confezioni vendute nell’ultimo anno). Se questa è la diagnosi, ecco la terapia: guide al sesso sicuro da distribuire ai giovani e possibilmente accessibili via Internet all’universo mondo. Sintesi brutale, forse, ma in fondo è questo il messaggio emerso martedì dal convegno romano della Società italiana di ginecologica e ostetricia (Sigo) su «Adolescenti, sessualità e media». In particolare il presidente della Società, Giorgio Vittori, ha posto l’accento proprio sulla «confusione e disinformazione su questi temi».
Si potrebbe obiettare che l’informazione sul sesso ai giovani non manca affatto, a volerla minimamente cercare. Anche per l’impegno attivo della Sigo, appunto, che nel suo sito, sotto il nome «prevenzione giovani», pubblica una serie di guide al sesso sicuro, peraltro rilanciate anche su un altro sito molto frequentato, www.studenti.it.Detto questo, ci sarebbe da riflettere sull’insistenza con cui la Sigo si propone di coprire l’Italia di guide: memorabile quella dell’estate scorsa, Travelsex, (sottotitolo: il sesso sicuro non va in vacanza) in cui, tra le altre cose, si insegnava a dire preservativo nelle principali lingue d’Europa. Tipico della cultura oggi prevalente, che vede il sesso come tecnica: «Ma non si può fare educazione alla sessualità fornendo una corretta e completa informazione e basta – obietta Monica Prastaro, vicepresidente di Progetto Amos, associazione cattolica che a Torino promuove l’educazione all’affettività nelle scuole –. È una strategia che a lungo termine è perdente. È stato dimostrato che tutti i progetti di prevenzione – penso alle droghe – che fanno leva solo sull’informazione dei rischi e sulla paura delle conseguenze non raggiungono l’obiettivo di cambiare i comportamenti».
In breve: conoscere tutte le tecniche per il sesso sicuro non garantisce che i giovani modifichino le loro attitudini. «Per fare vera prevenzione bisogna educare a stili e scelte di comportamento diversi», sintetizza la Prastaro.
La questione, dunque, è un’altra e «l’offensiva sesso sicuro» posta in essere dalla Sigo è largamente insufficiente.
Forse bisogna partire da un dato fornito dalla stessa Società a Roma: il 61 per cento delle ragazze si dichiara delusa dalla «prima volta» e rimpiange che sia accaduto «troppo presto o in condizioni negative». E lo stesso dice il 39 per cento dei maschi. «Delusi, dunque. Forse perché si sono resi conto che l’aver accelerato i tempi non è stata una buona idea. Perché l’amore 'per tutta la vita' in realtà è durato due mesi. Perché nei film sembra tutto così coinvolgente e invece è stato un po’ squallido e triste», analizza la Prastaro, che incontra decine di classi ogni anno.
E allora, sarebbe il caso che, accanto a una informazione corretta sul piano «tecnico», si dicesse ai ragazzi che essere fisicamente maturi per la «prima volta» non è la stessa cosa che essere maturi emotivamente e affettivamente. È quello che fa quotidianamente Rosangela Carù, autrice con Monica Pinciroli e Luisa Santoro di Amore, sesso & co. Per vivere al top la tua adolescenza (In Dialogo, 2009) e operatrice dei consultori cattolici della Lombardia (Felceaf), che incontra ogni anno oltre 4 mila studenti delle medie e dei licei per spiegare che il sesso è soprattutto sentimento e relazione. «È questo che i ragazzi vogliono sentirsi dire – conferma –. Certo, talvolta hanno le idee confuse da quello che vedono in tivù, dove è normale che due si incontrano al bar e poi finiscono la serata in camera da letto. In generale sanno molto su come 'funziona' il sesso, ma se chiedi quali gesti d’amore conoscono, trasecolano. Perché per loro il sesso e l’amore quasi non hanno nulla a che vedere». È per via del fatto che nelle 'guide' non c’è scritto? Rosangela Carù invece spiega ai ragazzi che il sesso è amore, è gesto che unisce un uomo e una donna, che non coinvolge solo il corpo ma l’intera persona e che dunque necessita di maturità affettiva.
«I liceali mi ascoltano con attenzione quando dico loro che vogliono prendere dal mondo degli adulti gesti, come il sesso, che appartengono agli adulti senza però saperne accogliere anche la responsabilità. Aggiungo anche che l’attesa del 'momento giusto' e della 'persona giusta' con la quale condividere un percorso, un itinerario di vita, è importante». Dunque, 'un’altra educazione sessuale è possibile'. Un’educazione che parli alla testa prima che al corpo, ai sentimenti prima che agli organi.
«Avvenire» del 29 aprile 2010

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