12 maggio 2010

L’innamoramento da fuga? Senza un progetto, fallisce

Sesso e amore non si possono manovrare come ci pare e piace
di Francesco Alberoni
L’ultimo film di Soldini «Cosa voglio di più » racconta un dramma tipico dei nostri tempi. Anche prima la gente si occupava degli amori e dei divorzi dei divi, ma li considerava diversi. Con la televisione di oggi in cui i divi sono mescolati alle persone comuni, e dove chiunque può diventare improvvisamente famoso, è nata l'illusione che tutti possiamo fare come loro. Inoltre si è prolungato il periodo adolescenziale in cui gli amori si fanno e si disfano senza problemi. Ma nella vita si creano anche legami forti, si costituiscono situazioni bloccate dove proviamo e arrechiamo dolore.
Situazioni in cui compare il tipo di innamoramento che io chiamo «da fuga».
L’innamoramento esplode quando due persone sono insoddisfatte della situazione in cui vivono, dei rapporti che hanno e sono pronte a mutare, a realizzare le loro potenzialità nascoste, a creare un futuro migliore. Ciascuno si innamora di chi gli indica simbolicamente il destino che vorrebbe. Però l'innamoramento, per quanto passionale, è sempre progetto di vita e quando non riesce a diventarlo naufraga, fallisce. Un tempo il progetto era sposarsi e mettere su una famiglia.
Oggi vivere insieme una intensa vita amorosa è agire fianco a fianco nel mondo. L’innamoramento «da fuga» nasce da una profonda insoddisfazione verso ciò che stai vivendo, ma non diventa progetto concreto di vita a due. Resta solo una evasione, un modo per sfuggire alla realtà, per dimenticarla.
È quello che succede al protagonista del film, un poveraccio senza soldi che deve mantenere una moglie e due figli piccoli. Si sente in trappola, non sa cosa fare. Potrebbe scappare di casa e finire fra i «chi l'ha visto?», oppure rifugiarsi in qualche droga. Invece si innamora, fugge nell’estasi della passione erotica. Ma non riesce a creare un progetto, dovrà tornare da sua moglie dove troverà solo litigi, dolore e miseria. Ogni giorno sentiamo di donne disperate perché abbandonate con figli piccoli, e di uomini che, dopo il divorzio, non sanno più dove andare a dormire.
Vi prego: non fate l’errore di considerare questo articolo una critica del divorzio. È solo una critica dell’atteggiamento superficiale che molti hanno verso il mondo dell’erotismo e dell’amore. Come se l’impulso fosse una guida sicura, come se sesso e amore potessero esser manovrati a piacimento. Mentre questo è un campo in cui occorre riflettere, usare l’intelligenza e avere un forte senso della realtà e del dovere.
«Il Corriere della Sera» del 10 maggio 2010

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