05 maggio 2010

La strage nel Mantovano: se «privacy» sta per indifferenza

di Paolo Di Stefano
Colpiscono, nel tragico caso di Omar Bianchera, le dichiarazioni del giorno dopo. Anzi del giorno stesso in cui è avvenuto il triplice omicidio di Volta Mantovana. L' ex collega di lavoro (e amico?) che ricorda: «Era da anni che martirizzava sua moglie». L' altro: «Ogni tanto andava a sparare qui nel prato». Il terzo: «Girava con la pistola in tasca». Un vicino della moglie: «La aspettava sul marciapiede per insultarla». «Quelli come lui devono essere fermati prima», hanno detto gli avventori del bar frequentato da Omar, detto Rambo. Fermati da chi? Facile accusare la polizia di avergli concesso il porto d' armi. Non li sfiora il dubbio che forse, prima, qualcosa avrebbero potuto dire/fare pure loro, anche senza vestire la divisa della ronda di quartiere? Del senno di poi sono lastricate le strade della tragedia. Ora tutti parlano e ricordano, nessuno, però, è stato capace di muovere un' unghia a tempo non scaduto: una segnalazione discreta, un cenno alle autorità. Che valutassero, che controllassero. Niente. E allora ci si chiede: esisterà pure una zona franca di discrezione e di civiltà tra l' essere spia della Stasi, l' invadere le «vite degli altri» (titolo di un film indimenticabile) e il mutismo molto italiota del «meglio farsi gli affari propri», l' alzata di spalle, l' indifferente passività della cittadinanza. L' italiano-tipo, pronto a sollevare la cornetta del telefono contro le magagne (indiscutibili) della burocrazia e a infuriarsi per le imperfezioni (certo fastidiose) del servizio Adsl domestico; cittadino iperattivo nel far valere i propri interessi minillimi, diventa un esserino timido quando avverte una minaccia che non lo riguarda direttamente. Magari in nome di quella parolina passepartout ascoltata alla televisione: «privacy». In passato, il controllo sociale delle piccole comunità era spesso e volentieri una morbida rete di solidarietà e di sicurezza. Il tempo della globalizzazione, che ha trasformato le campagne in praterie suburbane, ha appiattito i rapporti sociali in cautela, timore o peggio delazione. Certo, non sarà facile capire dove finisce l' invadenza e dove comincia la responsabilità civile. Ma con un piccolo sforzo, forse, ci si può arrivare ancora oggi.
«Corriere della Sera» del 27 aprile 2010

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