12 maggio 2010

Giovani e adulti, il conflitto non esiste più

Un rapporto rivela: i valori sono gli stessi, ma la stabilità di una volta è un miraggio
di Diego Motta
Il conflitto generaziona­le? Non esiste più. Un’inchiesta condotta da alcuni ricercatori dell’U­niversità Cattolica di Mila­no smentisce molti luoghi comuni sul mondo giova­nile e tratteggia un nuovo ritratto dei ragazzi italiani. Che, almeno a parole, riba­discono di avere le idee ab­bastanza chiare sull’età a­dulta. Parlano infatti di vo­glia di «autonomia» (25%) e di desiderio di «responsa­bilità » i nostri teenager, se­condo quanto dichiarato da un campione di 1.294 studenti, intervistati nelle scuole superiori di Milano, Bergamo, Torino, Salerno e Bari.
Il problema è che, se le at­tese sono le stesse che ani­marono i loro padri, diver­sa per i sedicenni di oggi è la possibilità di realizzare le proprie aspirazioni: per creare una famiglia e trova­re un’occupazione stabile, infatti, i tempi si prospetta­no lunghi. «Anche rispetto a valori di riferimento come il rispet­to e la libertà, c’è una forte condivisione tra giovani e adulti» osserva Elena Be­sozzi, professore di socio­logia dell’educazione alla Cattolica di Milano, che ha pubblicato recentemente per Carocci il volume 'Tra sogni e realtà. Gli adole­scenti e la transizione alla vita adulta'. «Solo dieci an­ni fa la situazione era di­versa – ha spie­gato durante il convegno Cri­stina Pasquali­ni, ricercatrice del Dipartimen­to di sociologia dell’ateneo mi­lanese –. Non è vero che i giova­ni d’oggi non hanno progetti, semmai percepiscono il futuro co­me qualcosa di lontano. Gli obiettivi sono uguali, ma è diventato più difficile rea­lizzarli ». All’età adulta si ar­riva più logorati, dunque, ma le aspettative non paio­no affatto cambiate. Tra le cose a cui un diciottenne non vorrebbe rinunciare un domani c’è il fatto di «ave­re delle persone su cui po­ter contare» (25%) e la pos­sibilità di «avere figli» (18%). Al terzo posto, c’è la necessità di «trovare un buon lavoro» (12%). Qui si apre il confronto tra la do­manda di stabilità delle nuove generazioni e l’of­ferta all’insegna della fles­sibilità (quando non addi­rittura del precariato) del welfare all’italiana. Secon­do la sociologa Rosangela Lodigiani «in questa fase di crisi economica, i giovani rischiano di diventare sem­pre di più ammortizzatori sociali se non si deciderà di affrontare con decisione i temi della formazione e dello sviluppo». Non basta dunque «saper fare», ma occorre anche «saper agi­re ». Curioso, in questo sen­so, è il confronto tra le di­chiarazioni dei ragazzi che frequentano la seconda e la quarta superiore. A 16 anni, l’87% degli interpellati si mostra sicuro di poter tro­vare un’occupazione stabi­le quando avrà 30 anni, per­centuale che scende all’83% nel caso dei diciot­tenni. Ancor più netta è la differenza tra chi invece te­me di dover cambiare tan­ti posti da qui al compi­mento dei 30 anni: siamo al 34% tra chi è diventato maggiorenne e solo al 23% tra chi ha 16 anni. Più si cre­sce, dunque, più le attese si modificano e aumenta (contemporaneamente) il disincanto.
«Avvenire» del 12 maggio 2010

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