Un rapporto rivela: i valori sono gli stessi, ma la stabilità di una volta è un miraggio
di Diego Motta
Il conflitto generazionale? Non esiste più. Un’inchiesta condotta da alcuni ricercatori dell’Università Cattolica di Milano smentisce molti luoghi comuni sul mondo giovanile e tratteggia un nuovo ritratto dei ragazzi italiani. Che, almeno a parole, ribadiscono di avere le idee abbastanza chiare sull’età adulta. Parlano infatti di voglia di «autonomia» (25%) e di desiderio di «responsabilità » i nostri teenager, secondo quanto dichiarato da un campione di 1.294 studenti, intervistati nelle scuole superiori di Milano, Bergamo, Torino, Salerno e Bari.
Il problema è che, se le attese sono le stesse che animarono i loro padri, diversa per i sedicenni di oggi è la possibilità di realizzare le proprie aspirazioni: per creare una famiglia e trovare un’occupazione stabile, infatti, i tempi si prospettano lunghi. «Anche rispetto a valori di riferimento come il rispetto e la libertà, c’è una forte condivisione tra giovani e adulti» osserva Elena Besozzi, professore di sociologia dell’educazione alla Cattolica di Milano, che ha pubblicato recentemente per Carocci il volume 'Tra sogni e realtà. Gli adolescenti e la transizione alla vita adulta'. «Solo dieci anni fa la situazione era diversa – ha spiegato durante il convegno Cristina Pasqualini, ricercatrice del Dipartimento di sociologia dell’ateneo milanese –. Non è vero che i giovani d’oggi non hanno progetti, semmai percepiscono il futuro come qualcosa di lontano. Gli obiettivi sono uguali, ma è diventato più difficile realizzarli ». All’età adulta si arriva più logorati, dunque, ma le aspettative non paiono affatto cambiate. Tra le cose a cui un diciottenne non vorrebbe rinunciare un domani c’è il fatto di «avere delle persone su cui poter contare» (25%) e la possibilità di «avere figli» (18%). Al terzo posto, c’è la necessità di «trovare un buon lavoro» (12%). Qui si apre il confronto tra la domanda di stabilità delle nuove generazioni e l’offerta all’insegna della flessibilità (quando non addirittura del precariato) del welfare all’italiana. Secondo la sociologa Rosangela Lodigiani «in questa fase di crisi economica, i giovani rischiano di diventare sempre di più ammortizzatori sociali se non si deciderà di affrontare con decisione i temi della formazione e dello sviluppo». Non basta dunque «saper fare», ma occorre anche «saper agire ». Curioso, in questo senso, è il confronto tra le dichiarazioni dei ragazzi che frequentano la seconda e la quarta superiore. A 16 anni, l’87% degli interpellati si mostra sicuro di poter trovare un’occupazione stabile quando avrà 30 anni, percentuale che scende all’83% nel caso dei diciottenni. Ancor più netta è la differenza tra chi invece teme di dover cambiare tanti posti da qui al compimento dei 30 anni: siamo al 34% tra chi è diventato maggiorenne e solo al 23% tra chi ha 16 anni. Più si cresce, dunque, più le attese si modificano e aumenta (contemporaneamente) il disincanto.
Il problema è che, se le attese sono le stesse che animarono i loro padri, diversa per i sedicenni di oggi è la possibilità di realizzare le proprie aspirazioni: per creare una famiglia e trovare un’occupazione stabile, infatti, i tempi si prospettano lunghi. «Anche rispetto a valori di riferimento come il rispetto e la libertà, c’è una forte condivisione tra giovani e adulti» osserva Elena Besozzi, professore di sociologia dell’educazione alla Cattolica di Milano, che ha pubblicato recentemente per Carocci il volume 'Tra sogni e realtà. Gli adolescenti e la transizione alla vita adulta'. «Solo dieci anni fa la situazione era diversa – ha spiegato durante il convegno Cristina Pasqualini, ricercatrice del Dipartimento di sociologia dell’ateneo milanese –. Non è vero che i giovani d’oggi non hanno progetti, semmai percepiscono il futuro come qualcosa di lontano. Gli obiettivi sono uguali, ma è diventato più difficile realizzarli ». All’età adulta si arriva più logorati, dunque, ma le aspettative non paiono affatto cambiate. Tra le cose a cui un diciottenne non vorrebbe rinunciare un domani c’è il fatto di «avere delle persone su cui poter contare» (25%) e la possibilità di «avere figli» (18%). Al terzo posto, c’è la necessità di «trovare un buon lavoro» (12%). Qui si apre il confronto tra la domanda di stabilità delle nuove generazioni e l’offerta all’insegna della flessibilità (quando non addirittura del precariato) del welfare all’italiana. Secondo la sociologa Rosangela Lodigiani «in questa fase di crisi economica, i giovani rischiano di diventare sempre di più ammortizzatori sociali se non si deciderà di affrontare con decisione i temi della formazione e dello sviluppo». Non basta dunque «saper fare», ma occorre anche «saper agire ». Curioso, in questo senso, è il confronto tra le dichiarazioni dei ragazzi che frequentano la seconda e la quarta superiore. A 16 anni, l’87% degli interpellati si mostra sicuro di poter trovare un’occupazione stabile quando avrà 30 anni, percentuale che scende all’83% nel caso dei diciottenni. Ancor più netta è la differenza tra chi invece teme di dover cambiare tanti posti da qui al compimento dei 30 anni: siamo al 34% tra chi è diventato maggiorenne e solo al 23% tra chi ha 16 anni. Più si cresce, dunque, più le attese si modificano e aumenta (contemporaneamente) il disincanto.
«Avvenire» del 12 maggio 2010
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