14 maggio 2010

Da Londra la conferma: non è la tv a far vincere

Nick Clegg buca il video: ma dopo il voto assomiglia più a Mastella che a Obama
di Pierluigi Battista
Non so se esista davvero il partito degli ottenebrati che negano testardamente l'influenza della tv sulle elezioni e che Beppe Severgnini, con il suo consueto e apprezzato humour, su Sette ha battezzato con l'acronimo DISO («Disinformati, Ingenui, Saccenti, Alieni»). Quel che è certo è che le disavventure elettorali del lib-dem Nick Cregg devono aver un pò demoralizzato il composito e variegato rassemblement del PDIUP («Partito degli Intelligenti Ultraprofondi»), abbacinato dalla potenza della tv, incline a confondere telegenia e consenso, straconvinto che i destini di una Nazione siano fabbricati davanti a una telecamera, molto cerone al posto dei programmi. Il fenomeno mediatico inglese, quello che i sondaggisti, incantati dal sorriso ammiccante e dalla battuta felice del terzo incomodo, avevano addirittura proiettato in testa dopo la brillante performance televisiva con Cameron e Gordon Brown, ha partorito nell'urna un clamoroso flop (addirittura un seggio in meno rispetto a prima). L'elettorato inglese, rozzamente, non ha condiviso la fascinazione dei giornali, infatuati del candidato che bucava il video e il cui ruolo di ago della bilancia, a conti fatti, più che a Obama lo fa assomigliare a Clemente Mastella. La tv conta nella politica moderna, e nemmeno il militante più estremista dei DISO lo ha mai negato. Ma la tv non è la chiave di volta del successo elettorale, non ne è l'origine prima e unica, come molti in Italia tendono a credere. Stare in tv aiuta, ma non è che ogni minuto in più, come ritengono i mistici della par condicio, a cominciare dai radicali, regali un 1 per cento di voti in più. Il nesso tra tv e voto è molto importante, ma non basta. Essere in possesso di molte tv, poi, è importantissimo e iniquo per chi ne è privo, come accade in Italia. Ma non spiega perché una roccaforte rossa come Mantova ceda di schianto nelle ultime elezioni per il sindaco. Chi perde rovinosamente e non sa darsene una ragione potrà pure consolarsi con i luoghi comuni di cui sono sacerdoti gli ideologi del Pdiup. Ma senza dirglielo a Nick Clegg, che della televisione in questa campagna elettorale è stato il figlio prediletto. In realtà nessuno, a meno che non sia uno squilibrato, può considerare irrilevante la televisione nelle fortune dei candidati. Sono i sostenitori a oltranza della tesi secondo cui è la tv a creare il consenso che dovrebbero però spiegare come mai in Italia, lungo tutto l' arco della Seconda Repubblica e pure nella fase terminale della Prima, chi ha avuto il controllo politico della Rai fino al 2008 ha sempre e sistematicamente perso le elezioni. Una volta si diceva il «destino cinico e baro», ma non è intelligente e ultra-profondo da sostenere. Magari basterebbe informarsi di più, e dipendere psicologicamente un po' meno dal video e dai palinsesti. Per non illudersi, e per non illudere, chiusi per il trucco nei loro camerini, i nuovi Nick Clegg che bussano alla telecamera.
«Corriere della Sera» del 10 maggio 2010

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