16 maggio 2010

Archeologia: musei a picco

culturale, incapacità di valorizzare le centinaia di esposizioni minori disseminate sul territorio...
di Alessandro Beltrami
Ecco come il nostro patrimonio di reperti di storia antica, che tutto il mondo ci invidia, continua inesorabilmente a perdere visitatori
A guardarlo sembra il grafico dei mercati mondiali degli ultimi anni segnati dalla crisi. E invece è quello dei visitatori dei musei e dei siti archeologici. Il trend negativo degli istituti museali italiani è un dato che prosegue ormai dal 2007: nel 2008 gli accessi totali nei musei statali erano stati 33.105.281, lo scorso anno sono stati 32.344.810, con un calo del 3% (e -6% rispetto all’anno precedente). Ma quello dell’archeologia sembra accelerare la parabola negativa. 16.816.125 erano stati i visitatori nel 2006. Nel 2008 e nel 2009, elaborando i dati disponibili sul sito del Ministero dei Beni e della Attività Culturali, sono stati rispettivamente 14.777.083 e 14.085.563. Una falla che si fa più ampia per quanto riguarda gli introiti: 57.706.449,58 nello scorso anno contro i 62.964.998,81 del 2008, per un calo dello 8,5%. Certo, il rilevamento del Mibac, in quanto limitato agli istituti statali, non tiene conto dei beni gestiti dagli Enti territoriali che in alcune regioni sono nettamente prevalenti o addirittura esclusivi, come nel caso della Sicilia e del Trentino Alto Adige. Ma anche in questo caso i dati non sono più confortanti. I Musei Capitolini, ad esempio, di proprietà del Comune di Roma, sono stati visitati nel 2008 da 516.420 contro le 452.232 del 2007: -12,4%. In calo anche gli accessi ai gioielli della Magna Grecia: i visitatori della Valle dei Templi di Agrigento sono stati nel 2007 663.889 e 616.503 nel 2008, con un saldo negativo del 7,1%; l’area archeologica di Neapolis a Siracusa è passata da 591.793 a 537.018 con un -9,3% di visite.
Nella top 30 segnalata dal Mibac sono 12 i musei, monumenti e aree legati all’antichità. Tra 2008 e 2009 solo il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, le cui collezioni sono tra la più importanti a livello mondiale, e gli scavi di Ercolano hanno fatto un salto in classifica passando il primo dal 15° al 16° posto con 314.001 contro i 290.748 del 2008 mentre la città vesuviana ha fatto un balzo dal 20° alla 18° posto e da 245.573 a 274.814 visitatori. Il 2009 era stato però l’anno nero dei rifiuti in Campania: nel 2007 il Museo partenopeo aveva staccato 357.032 biglietti mentre gli scavi di Ercolano erano stati visti da 301.786 persone. Un lieve segnale di ripresa che però non ha nemmeno sfiorato Pompei. Che dai 2.545.670 visitatori del 2007 è passata ai 2.233.496 del 2008 fino ai 2.070.745 dell’anno scorso: in due anni si è volatilizzato il 18,7% del pubblico. Gli incassi sono crollati del 20,1%, passando dai 20.477.198,55 euro del 2007 ai 16.369.854,70 del 2009. Complessivamente i dodici musei e siti archeologici della top 30, che comprendono tra gli altri il Museo Egizio di Torino, Villa Adriana a Tivoli, le Grotte di Catullo a Sirmione, sono passati dai 10.159.413 visitatori e 60.336.887,77 di euro di incasso nel 2008 ai 9.775.056 visitatori 55.719.151,19 euro di incasso del 2009. Rispettivamente -3,8% e -7,7%.
Sul territorio italiano è stimata la presenza di circa 1.800 siti e monumenti archeologici, senza contare i musei specifici e quelli che incorporano al loro interno sezioni dedicate alle antichità. Un’offerta culturale che (secondo le elaborazioni del Touring Club) è frequentata da 21,6 persone su 100 almeno una volta all’anno. Il problema è che una manciata di siti cattura la grande maggioranza dei visitatori. Gli scavi di Pompei e, a Roma, il sistema di Colosseo, Fori e Palatino e il Pantheon hanno avuto nel 2009 da soli 8.440.148 visitatori, pari al 59,9% del totale. E infatti Colosseo e scavi pompeiani sono in cima alla classifica del Mibac. Se vi fosse incluso, il Pantheon si piazzerebbe al terzo posto, scalzando dal podio gli Uffizi.
Quello che il nostro Paese non riesce a fare è valorizzare il suo patrimonio diffuso, specie nell’Italia meridionale, dove il patrimonio archeologico si presenta come (l’ennesima) risorsa sottoutilizzata. E se possono forse far sorridere le poche decine di visitatori dell’ area archeologica di San Severino Marche o del Parco archeologico di Siponto, certo è che sono spie della difficoltà in cui si trova la cultura italiana. Sempre più spesso si ricorre alla politica dei commissariamenti (il riallestimento del museo di Reggio Calabria è stato affidato alla Protezione Civile). Una delle soluzioni ciclicamente prospettate è l’intervento dei privati.
«Questa attenzione alla valorizzazione e al ruolo dei privati nella gestione del patrimonio culturale italiano – analizza il Dossier Musei 2009 del Touring Club Italiano – si è focalizzata, però, quasi esclusivamente sui musei e sui siti dei grandi numeri come gli Uffizi, gli scavi di Pompei o il Colosseo e concentrandosi, forse troppo, su quella fetta di utenza fatta da turisti stranieri che ogni anno visita le 'icone' del Bel Paese».
Tutta colpa quindi dello schiacciamento della valorizzazione culturale sulle logiche del marketing? Esiste anche un problema di comunicazione da parte dei musei a un pubblico diversificato. Lo rivela uno studio realizzato dal Centro Studi Gianfranco Imperatori dell’associazione Civita, presentato lo scorso febbraio in un convegno e in un volume edito da Giunti. L’indagine, che ha portato alla luce un pubblico composto soprattutto da donne (il 56,4%) comprese tra i 25 e i 44 anni, ha evidenziato giudizi problematici sugli allestimenti, che appaiono «dispersivi, sovrafollati di oggetti, complessi». Anche se giudicati coerenti dal punto di vista scientifico sono ritenuti scarsamente fruibili, tanto da far apparire in alcuni casi l’istituzione 'distante' dalle esigenze del pubblico. Chi si dice poco o per nulla soddisfatto di pannelli informativi, guide o audioguide è in media il 14% del pubblico. L’accumulo di opere fa sì che i visitatori si soffermino per un periodo relativamente breve davanti alle opere. Lo studio ha rivelato che ai Musei Capitolini il reperto a cui un visitatore dedica in media tempo maggiore è quanto resta del tempio di Veiove: 32 secondi. Seguono la Venere Capitolina con 29 secondi, il Galata morente con 27 e la fontana di Morforio con 24. Alla Vecchia ebbra solo 13. Dopo di lei è una semplice passeggiata tra marmi preziosi e i gatti che sonnecchiano su l’alluce del colosso di Costantino.
«Avvenire» del 16 maggio 2010

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