26 aprile 2010

Ungaretti: la parola poetica e la guerra

La mia poesia è nata in realtà in trincea. Nei tentativi che precedono il volume Allegria di Naufragi) L'Allegria, come per brevità o per presunzione ho detto poi immaginando che il libro avesse una diffusione tale e una notorietà tale da meritare l'abbreviatura del titolo) il linguaggio non c'era ancora, c'erano tentativi che erano fatti in direzioni diverse, con influenze di Laforgue, o potevano prevalere, nel mio caso, quelle di Mallarmé. Ma in ogni modo erano tentativi con nessuna sicurezza. La guerra improvvisamente mi rivela il linguaggio. Cioè io dovevo dire in fretta perché il tempo poteva mancare, e nel modo più tragico... in fretta dire quello che sentivo e quindi se dovevo dirlo in fretta lo dovevo dire con poche parole, e se lo dovevo dire con poche parole lo dovevo dire con parole che avessero avuto un'intensítà straordinaria di significato.
E così si è trovato il mio linguaggio: poche parole piene di significato che dessero la mia situazione di quel momento: quest'uomo solo in mezzo ad altri uomini soli, in un paese nudo, terribile, di pietra, e che sentivano, tutti questi uomini ciascuno singolarmente, la propria fragilità. E che sentivano, nello stesso tempo, nascere nel loro cuore qualche cosa che era molto più importante della guerra, che sentivano nascere affetto, amore, l'uno per l'altro. E si sentivano così piccoli come erano di fronte al pericolo, si sentivano così disarmati con tutte le loro armi; si sentivano fratelli.
Ecco, questa è in fondo l'ispirazione e il linguaggio di quella mia poesia, la nascita della mia poesia, la nascita, la prima conquista, la conquista del valore che può avere una semplice parola quando si arriva a colmarla del suo significato.
(...)
Il linguaggio era breve, spesso brevissimo, laconico: alcuni vocaboli deposti nel silenzio come un lampo nella notte, un gruppo fulmineo di immagini, mi bastavano a evocare il paesaggio sorgente d'improvviso, ad incontrarne tanti altri nella memoria.
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Veglia
Cima Quattro il 23 dicembre 1915

Un'intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d'amore

Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita

Postato il 26 aprile 2010

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