28 aprile 2010

Per andar contro il governo va bene persino il Risorgimento

di Alessandro Gnocchi
Che tristezza vedere perfino le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia diventare l’ennesimo strumento con il quale la sinistra cerca di colpire il governo Berlusconi.
Fateci caso. Fino a pochi giorni fa, le attività del Comitato dei garanti incaricati di indirizzare e realizzare gli eventi erano un segreto per pochi carbonari. Adesso il Comitato è al centro dell’attenzione mediatica per via delle dimissioni di alcuni componenti (da Zagrebelsky a Conso passando per la Maraini e altri). La litania dei fuggiaschi che tocca sorbire quotidianamente è questa: da quando Ciampi non è più alla guida del Comitato stesso, non ci sentiamo garantiti, rischia di prevalere il «revisionismo leghista». Da notare che tutti gli altri componenti dell’istituzione sono trasecolati di fronte a questo voltafaccia improvviso. I lavori dell’assemblea, infatti, procedevano placidamente senza polemiche né livori. L’altro ieri anche Gad Lerner, da mesi interessato esclusivamente alla questione delle veline al punto da suscitare il sospetto di cercare ogni pretesto per parlare di ragazze, ha dedicato una puntata dell’Infedele a Garibaldi e l’Italia unita in cui si sono toccati vertici di comicità involontaria con Sergio Luzzatto, storico partigiano ma acuto, impegnato «per dare sostanza al dibattito» a spiegare i motivi per cui egli «vuole bene a Garibaldi».
Improvvisamente anche il Partito democratico, sonnacchioso sulle celebrazioni come su tutto il resto, si è svegliato da un lungo letargo e ha annunciato di aver allestito una specie di Comitato Ombra per le celebrazioni dell’Unità d’Italia. La storiografia di sinistra ha sputato sul Risorgimento per decenni, adesso lo rivaluta con parole che non si sarebbero usate neanche nel Ventennio... Negli anni Settanta Rosario Romeo osservava come la maggioranza degli intellettuali italiani vicini al Pci sminuissero la nascita dello Stato italiano (la formula in voga era quella gramsciana del «Risorgimento tradito») con l’intento di imporre le forme della modernità comunista al posto dei caratteri nazionali. Ma fa niente, i tempi cambiano, restiamo al presente. Il Comitato Ombra è guidato Gianni Cuperlo, che dice di voler collaborare e contribuire ai festeggiamenti ufficiali. Tuttavia il collega Alfredo Reichlin ha già ammesso schiettamente la natura politica dell’iniziativa: «Gli storici ci daranno una mano, ma loro raccontano i fatti. Quella del Pd invece dev’essere una operazione tutta politica. Dobbiamo dare una risposta alla Lega». Alle prime riunioni, i vertici del partito si sono presentati compatti. Santo cielo: c’è in ballo la tenuta stessa del Paese, e quando la situazione si fa dura, i duri cominciano a giocare. Così, raccattata una manciata di studiosi, il Comitato Ombra ha invitato a partecipare alle sedute anche i dimissionari del Comitato ufficiale alimentando il sospetto che l’addio di questi ultimi avesse un obiettivo politico immediato e terra a terra. Con questa brillante (si fa per dire) operazione, Zagrebelsky e soci rischiano davvero di rallentare le iniziative già in cantiere. Per sostituirle con cosa? Con una chiacchierata, immaginiamo elettrizzante, con Pierluigi Bersani, Rosy Bindi e Massimo D’Alema. (A proposito: se come pare Giuliano Amato, presidente della fondazione Italianieuropei di D’Alema, prenderà il posto di Ciampi, il leader Maximo potrà influenzare sia il Comitato ufficiale sia il Comitato Ombra. Tombola).
Il giochino pare chiaro. La parola d’ordine, dai finiani a Vendola, dopo i risultati delle elezioni regionali, è una sola: sostenere che la Lega è la vera padrona dell’alleanza con il Popolo della libertà. Bossi non solo detterebbe la linea al governo ma eserciterebbe anche una sorta di egemonia culturale (ma i leghisti, per i saputelli di sinistra, non erano dei villani rifatti?) che si rifletterebbe anche nelle decisioni relative alle celebrazioni del 150°. L’obiettivo è seminare zizzania, niente altro. Se poi ci rimettono le penne i festeggiamenti dell’Unità d’Italia, amen, si potrà sempre accusare il governo di non aver fatto abbastanza.
«Il Giornale» del 28 aprile 2010

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