28 aprile 2010

Italia 150 anniversario senza qualità

di Fabrizio Rondolino
Mentre il Comitato ufficiale per i 150 anni dell’Unità d’Italia è divenuto oramai l’ombra di se stesso, dopo le defezioni variamente motivate di Ciampi, Conso, Dacia Maraini, Gregoretti, Zagrebelsky e altri ancora, giunge notizia di una riunione riservata tenutasi lo scorso 17 marzo, nella sede del Pd, per dar vita al Comitato-ombra per l'Unità d'Italia. All'incontro, rivelato ieri da «Repubblica», hanno preso parte, insieme ad alcuni storici, il segretario Bersani e la presidente Bindi, nonché D'Alema e Alfredo Reichlin, che già celebrò il centenario dell'Unità come direttore dell'«Unità" - insomma, il gotha del partito. A quanto si legge, il Comitato del Pd inviterà Ciampi, la Maraini e Zagrebelsky, cioè i dimissionari dal Comitato ufficiale, «a tutte le iniziative», poiché si tratta di "personalità da cui non si può prescindere".
In questo svolazzo di surrealtà, il solo a tenere i piedi per terra sembra essere Gianni Cuperlo, l'uomo che coordina il lavoro delle fondazioni culturali del Pd, quando nega ogni contrapposizione alle celebrazioni ufficiali e sottolinea il carattere culturale, di riflessione e di formazione, dell'iniziativa. Ma «Repubblica», con qualche malizia, spiega nel titolo che «l’obiettivo è coinvolgere Fini e approfittare dei ritardi del governo», mentre Reichlin sottolinea: «Gli storici ci daranno una mano, ma quella del Pd dev’essere un'operazione tutta politica». Del resto, per motivi analoghi, cioè politici, Renzo «Trota» Bossi ha dichiarato che non tiferà per la nazionale.
Si potrebbero spendere, e si sono già spese, parole amare su un Paese che non riesce neppure a mettersi d'accordo su come celebrare il proprio compleanno, su un Comitato di saggi che poco saggiamente si squaglia un pezzetto alla volta, su un governo che non sa andare oltre le parole sempre nobili del ministro Bondi, e su un Pd che ha smarrito la vocazione nazionale dei padri, il Pci e la Dc, al punto di farsi un Comitato-ombra tutto per sé.
«Questa è un'occasione unica per tradurre in realtà il più grande e più importante ideale. Dobbiamo e vogliamo attuare un'altissima idea. L’occasione si offre e sarebbe imperdonabile lasciarsela sfuggire!». Ulrich chiese ingenuamente: «Ma lei ha in proposito un pensiero preciso?». No, Diotima non l'aveva. Si parla qui dell'Azione parallela, lo straordinario pretesto narrativo (così Mittner) che sorregge «L'uomo senza qualità», il grande romanzo europeo sulla dissoluzione e sull’inconcludenza esausta. Robert Musil cominciò a scriverlo subito dopo la Grande guerra, quando l'impero absburgico era ormai un ricordo, ma ne ambienta le vicende prima, nel 1913. In vista del settantesimo anniversario della salita al trono di Francesco Giuseppe, che si sarebbe celebrato nel 1918, nasce a Vienna un comitato segreto che si riunisce periodicamente nel salotto della moglie di un alto funzionario ministeriale, Diotima. Non è chiaro in che cosa consista esattamente l'Azione parallela, che è insieme la manifestazione da organizzare e il comitato che se ne occupa: una rassegna culturale, una grandiosa opera di pace, un atto filantropico, un'azione politica… Ciascuno fa la sua proposta, che viene archiviata e presa in esame dalla segreteria dell'Azione parallela, a capo della quale è nominato Ulrich, il protagonista del romanzo.
L'Azione parallela non sfocerà da nessuna parte, per la buona ragione che la guerra ben presto la travolge, e nel 1918 non ci saranno più né Francesco Giuseppe né l'Impero. Ma, musilianamente, si tratta di un dettaglio (né, toccando ferro, sarà quello il destino del nostro anniversario). È l'inconcludenza in sé che contraddistingue l'Azione parallela, è la vacuità diresti strutturale, è l'esasperata indefinitezza dei suoi scopi, dei suoi mezzi, della sua stessa esistenza. Soprattutto, l'Azione parallela è quel luogo - mentale, fisico, politico - in cui a nessuno importa più un granché di niente, e tutto va avanti lo stesso. Perbacco, sembra l'Italia di oggi.
«La Stampa» del 28 aprile 2010

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