26 aprile 2010

Freud impostore, l'accusa di Onfray

Un libro in Francia demolisce il padre della psicoanalisi. Critici e seguaci si scontrano sui media
di Dario Fertilio
Per il filosofo non fu un vero scienziato. E la sua scuola è solo dogmatica
Si stenda gentilmente sul lettino, dottor Sigmund Freud. Il filosofo francese Michel Onfray, edonista e libertario, ateo e rivoluzionario, sta per farle saggiare un po' della sua stessa medicina: una radicale sessione di psicoanalisi. Purtroppo con esito scontato. Le tocca una condanna postuma come ispiratore di cattivi costumi misogini, omofobi, fallocratici, narcisistici e politicamente ambigui; le viene imputata l'invenzione di una falsa scienza, «affabulatoria», fideistica, pronta a carpire la buona fede degli ingenui e a interpretare sogni e pulsioni come fanno le fattucchiere con le linee del destino. Tutto questo in un saggio, Il crepuscolo di un idolo, l'affabulazione freudiana, che ancor prima di raggiungere le librerie (in Francia esce mercoledì da Grasset, pp. 616, 22) già conquista le prime pagine di «Libération» nonché le copertine delle riviste «Le Point» e «L'Express», coinvolgendo al di là delle aspettative sia il pubblico parigino di sinistra che la provincia conservatrice. Del resto i termini della questione sono talmente chiari, e il linguaggio usato da Onfray così diretto - almeno a giudicare dalle anticipazioni - da costringere l'intero mondo culturale a prendere posizione. Nel libro, al geniale psicoanalista viennese, ancor oggi adorato da milioni di seguaci, e considerato da medici e pazienti lo scopritore dell'inconscio, viene riservato un trattamento simile a quello che Onfray ha dedicato al cristianesimo nel Trattato di ateologia (in Italia uscito da Fazi), dove figurano frasi del tipo «sentivo il soffio della bestia cristiana sul collo». Nel processo a Freud l'imputato viene distrutto - almeno nelle intenzioni - e sepolto sotto un'interminabile serie di accuse. Per cominciare, avrebbe nascosto i debiti contratti dal pensiero di Nietzsche proprio mentre ne adottava la filosofia vitalistica: come dire - e qui il paradosso di usare proprio la terminologia psicoanalitica si fa divertente - che il vecchio Sigmund avrebbe «ucciso il padre» facendone sparire le tracce. Avviando, in seguito, un'opera gigantesca di mistificazione, trasformando le proprie sensazioni, idee fisse e fantasie in mitologia valida per tutti, una sorta di manuale per erudire le folle dei seguaci. Qui - sempre seguendo il percorso di Onfray - a carico del povero Freud si trova di tutto: auto-incensamento egotistico, distruzione della corrispondenza imbarazzante, attrazione dissimulata per la numerologia, l'occultismo e la telepatia, rinnegamento delle teorie un tempo da lui stesso sostenute - come quella sull'uso della cocaina. Ancora: invenzione della categoria del «paziente», riferimenti a «casi clinici introvabili», distruzione delle prove là dove rivelavano le sue stesse vergognose «falsificazioni», dissimulazione dei «fallimenti terapeutici». Sul piano personale: infedeltà nell' amicizia, adulterio, tendenze incestuose. Non parliamo delle relazioni pericolose con la politica: simpatia per l'austro-fascismo di Dollfuss, per il «cesarismo autoritario di Mussolini» (cui inviò il 26 aprile 1933 una delle sue opere con la dedica a «un eroe della cultura»), la collaborazione con l'Istituto Göring nella speranza di riuscire a conciliare la psicoanalisi con il regime nazionalsocialista. Forse una ancor maggiore durezza viene riservata da Onfray alla scuola freudiana, ai suoi devoti in apparenza laici ma in realtà succubi e dogmatici, pronti a giurare senza prove sul fatto che, ad esempio, il complesso di Edipo sia da considerare realmente «universale» o che stendere il paziente sul divano porti realmente, e «scientificamente», alla sparizione dei sintomi, ovvero alla guarigione. E così via: Onfray spara contro tutto ciò che sa di freudiano, anche in linea derivata: il «freudo-marxismo» di Reich, Marcuse e dei figli del Sessantotto, non meno del «culto narcisistico dell'Io» che celebra l'individualismo liberale. Prima ancora che lo scandaloso Crepuscolo di un idolo abbia raggiunto le librerie, ecco i seguaci del grande Sigmund farsi avanti e recitare gli scongiuri: Onfray, nonostante la sua dichiarata militanza nella sinistra radicale, sarebbe un provocatore, anzi un infiltrato «che riabilita un discorso di estrema destra», un volgare mistificatore che avrebbe collezionato una serie di errori materiali e messo insieme citazioni fuori posto. Vuoi vedere che si può parlar male di Cristo ma non di Freud?, hanno subito replicato sia da sinistra che da destra i «liberi pensatori». E via anche loro a citare giudizi di Ludwig Wittgenstein: «La psicoanalisi è solo una potente mitologia». Di Karl Popper: «non è scienza». Di Jean-Paul Sartre: «L'inconscio non esiste». Di Gilles Deleuze e Félix Guattari, autori addirittura dell'Anti-Edipo. Si finisce col rievocare persino un intellettuale grande, e liberale doc, come François Fejtö: «La difesa di una verità scientifica suscita a volte la medesima passione di un articolo di fede, come testimoniano la storia del darwinismo, della psicoanalisi e della teoria della relatività». E così, adesso che Darwin e Freud sono stati tirati giù a forza dal loro piedestallo, vuoi vedere che toccherà presto una simile sorte anche alla terza persona della moderna Trinità Laica, Albert Einstein?

Michel Onfray (1959) è autore di una «Controstoria della Filosofia» (Fazi) e della «Cura dei piaceri» (Ponte alle Grazie). Molti gli editori italiani impegnati quest'anno nella ripubblicazione delle opere di Sigmund Freud (1856-1939). Ecco alcuni titoli: Newton Compton («Psicoanalisi della società moderna»; «Psicopatologia della vita quotidiana»); Bollati Boringhieri (le «Lettere», «L'interpretazione dei sogni»); Rizzoli Bur («Tre saggi sulla teoria sessuale»); Einaudi («Il disagio della civiltà»)
«Corriere della Sera» del 18 aprile 2010

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