08 marzo 2010

L'ego di Grass spiato dalla Stasi: vittima sì, ma come tutti gli altri

di Pierluigi Battista
L'ego debordante degli scrittori, quando si abbina a una singolare cecità politica, dà luogo a sorprendenti interpretazioni della storia. Per esempio, intervistato da Repubblica, Günter Grass commenta l' attività di spionaggio che la Stasi della Germania comunista aveva approntato per lui, e spiega la circostanza con il terribile «fastidio» che le sue idee avrebbero provocato al regime. «Più di quelle dei conservatori», specifica. Come se davvero nel mirino degli spioni ci fosse solo Grass e non i milioni di tedeschi sottoposti all' asfissiante sorveglianza del più imponente apparato spionistico di massa che la storia ha conosciuto. Grass non dice che era la cosa più ovvia per un regime fondato sul controllo a tappeto di ogni sospiro dei suoi sfortunati sudditi pescare anche nelle case degli scrittori tedesco-orientali che occasionalmente ospitavano l'autore del «Tamburo di latta». Si trattava di regimi, come ha scritto Bruno Ventavoli sulla Stampa, «che temevano persino se stessi, dove la delazione era il fondamento della quotidianità». In uno Stato-prigione avrebbero dovuto risparmiare lo scrittore Grass? In una caserma totalitaria in cui ci si spiava a tappeto tra fratelli, figli e genitori, compagni di scuola, colleghi di lavoro, proprio le idee di Günter Grass sarebbero state più temibili di altre? È inverosimile, implausibile. A meno che non ci si accorga, più che tardivamente, della natura di quel regime quando si scopre di esserne stato un bersaglio tra gli altri. Non «il» bersaglio, come Grass egoisticamente è portato a pensare, ma una delle innumerevoli vittime di un sistema delatorio i cui cittadini non avevano bisogno del crollo del muro di Berlino per coglierne la natura spaventosamente oppressiva. C'è una macchia nella biografia di Grass, del resto. Che non è quella della sua sventurata partecipazione giovanile come volontario alle Waffen-SS, ma il malanimo corrucciato con cui accolse il crollo del muro che liberava milioni di tedeschi dell'Est. Loro sì, vittime senza via di fuga, senza possibilità di ritornare alle comodità e alle libertà di Berlino Ovest, del regno incontrastato della Stasi.
«Corriere della Sera» del 5 marzo 2010

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