06 marzo 2010

D'Avenia e il colore del successo

di Adriana Falsone
«Questo libro ha dentro tutto l'espressionismo tipico della Sicilia, tutta la passionalità e i colori che questa Isola mi ha trasmesso - spiega l'autore - Sono andato via a diciotto anni per studiare fuori. In Sicilia i sogni ti vengono ma spesso, per realizzarli veramente, sei costretto ad andare via.E io così ho fatto, portandomi dentro la mia terra, la mia Mondello dove sono nato e i paesi dell'entroterra, dove passavo le vacanze». D' Avenia proviene da una famiglia numerosa, è il terzo di sei figli e adesso insegna in un liceo privato di Milano. Dopo un dottorato a Siena ha scelto l'insegnamento: «Per me la scuola è stare con i ragazzi. Non sono fatto per la ricerca. Adesso poi che la scuola ha tanti problemi e sta attraversando un momento di crisi economica molto forte, bisogna appassionarsi sempre di più all'aspetto educativo dell'insegnamento. E questo ho cercato di trasmetterlo attraverso il libro. Ho iniziato a scrivere perché ho avvertito la richiesta di dialogo che proviene dai ragazzi». Per ogni emozione un colore. Una scala cromatica al contrario: il bianco non è pace, ma solitudine, ospedale, silenzio. Il rosso, ovviamente, è passione ma anche sangue e perfino capelli. E l'azzurro, invece, è occhi, mare e cielo. I giovani si identificano nel "quasi scapestrato" e un po' buonista protagonista, mentre gli adulti, cercano di capirne un po' di più dell'universo dei propri figli e, magari, ricordano la propria adolescenza con nostalgia. Alessandro D' Avenia, palermitano di trentadue anni, ha stupito tutti raggiungendo le 52 mila copie e ben tre edizioni in un solo mese con il suo romanzo d'esordio "Bianca come il latte, rossa come il sangue", edito dalla Mondadori. E c'è chi parla di lui come il nuovo Federico Moccia. Nel suo romanzo, Leo, il protagonista che «è nato il primo giorno di scuola, cresciuto e invecchiato in soli duecento giorni», si innamora di Beatrice, una bella rossa, compagna di scuola. Ma il dramma della leucemia è in agguato e, tra professori dai nomi un po' troppo sentimentali, come "il sognatore", il prof di filosofia tra le nuvole, e "Gandalf", il docente di religione che si ispira - per ammissione dell'autore- un po' a padre Pino Puglisie un po' a "Il signore degli anelli" - Leo si ritrova a porsi delle domande da adulto. Il filo conduttore è sempre il colore che cerca di esplicitare la psicologia della solitudine dei ragazzi: il bianco. «È un colore che non sopporto: non ha confini - scrive D'Avenia - Passare una notte in bianco, andare in bianco, alzare bandiera bianca, lasciare il foglio in bianco, avere un capello bianco. Anzi, il bianco non è neanche un colore. Non è niente, come il silenzio». I problemi di Leo sono comuni a tutti gli adolescenti: un risultato scolastico non eccellente con qualche problema di congiuntivi, le partite di calcetto, gli amici con cui girare in motorinoei primi amori ginnasiali. Un ragazzino che ogni tanto si sente «un naufrago al centro di un oceano di solitudine». Una scuola senza troppi bulli, anoressici, drogati e con pochissimo Grande Fratello. Forse perfino troppo poco: «Questo è il vero universo giovanile - sostiene D' Avenia - Su una classe di quaranta allievi parlo di quei trentotto con problemi, per così dire, normali. L'ideologia degli adolescenti, tutti drammi e tv, non corrisponde a verità ma giustifica solo lo share delle emozioni forti. Altrimenti i ragazzi non si sarebbero identificati nel mio libro. Il mio è il ritratto degli adolescenti, svincolati dalle mode del momento. L'idea di far ruotare tutto sui colori, invece,è nata quasi per caso. Un giorno ho lasciato un tema dal titolo "Ricordi bianchi, azzurri e rossi" e ho scoperto delle cose molto particolari legate ai colori. I giovani hanno paura del bianco, e la cosa affonda le sue radici nei nostri miti. Per questo il colore preferito dai ragazzi è il nero. Altro che moda dark». Il protagonista di "Bianca come il latte, rossa come il sangue" cresce in fretta perché scopre cosa significa essere innamorato di una persona che sta morendo e, pagina dopo pagina, si delinea anche il suo primo rapporto con Dio: «Cade per terra il crocifisso. Lo stringo in mano. Incazzato. Lo guardo. Anche lui dorme. Anche lui ha lo sguardo di Beatrice mentre dorme. E io capisco che anche lui capisce cosa prova Beatrice, perché sembra esserci passato. Perché le persone buone, ammesso che tu esista, devono soffrire?». Nelle pagine di D' Avenia emerge costantemente il tema della religione, un scelta piuttosto ardita se si parla coni ragazzi: «Dio non è un argomento poco cool. Anzi molti ne vorrebbero sapere di più. Una volta una mia alunna mi ha scritto questa frase: "Dio non esiste. Dio non mi vuole bene". Lei come tanti altri cercano solo qualcuno con cui confrontarsi. E io gli do la possibilità di parlarne. Lo so chea molti può sembrare una scelta controcorrente, ma io preferisco questo alla filosofia del Grande Fratello ». Un po' "L'attimo fuggente" e un po' "Scusa ma ti chiamo amore", il romanzo descrive una famiglia dai soliti problemi, con qualche porta che sbatte, qualche discussione sopra le righe ma, strano a dirlo, senza amanti e con due genitori pronti a essere da esempio al figlio: «Io sono cresciuto in una famiglia numerosa. Per forza di cose tutti erano costretti a relazionarsi con gli altri. Un po' di confusione forse, ma sempre piacevole. Essere il terzo di sei figli, avere tre sorelline più piccole, spostarsi in otto, insomma quasi una squadra di calcio. La famiglia deve essere improntata al dialogo. E ormai non è affatto vero che quelle del Sud sono più unite o più aperte all'accoglienza. Ormai non c'è differenza tra Meridione e Settentrione. La famiglia sta attraversando un momento di crisi perché in crisi sono i valori, e si pensa sempre di più all'effimero. Ciò che conta è solo quanto impegno le coppie riescono a mettere per rimanere unite. E nella vita moderna ci si impegna, purtroppo, sempre meno». D'Avenia, che per stare "vicino" ai ragazzi interviene spesso nel suo blog profduepuntozero.it, alla domanda su sue possibili fidanzate o famiglia futura glissa, forse per via di alcune sue scelte di vita molto particolari: «C'è un modo di vivere la paternità che non è biologico ma solo spirituale. E questo, per adesso, decisamente mi riempie il cuore». Come tutti i libri che si rispettino, non è mancata una polemica, questa volta legata al fatto che D'Avenia si sarebbe ispirato un po' troppo a una storia vera, la morte di leucemia di una studentessa dai capelli rossi: «Durante una supplenza un ragazzino ha raccontato del lutto che era capitato in quella scuola qualche tempo prima. Dalla sua faccia ho capito che l'aveva toccato in modo particolare. Tutto qui. Il resto non mi interessa e mi dispiace del polverone che si è creato». Polemiche a parte, il libro si consacra al successo perché piace al pubblico dei giovani e a fine marzo arriverà in Spagna mentre entro l'estate sarà tradotto in altri undici paesi tra cui Francia, Germania e Russia.
«La Repubblica» (suppl. Palermo) del 5 marzo 2010

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