12 marzo 2010

1610, quando Galileo «scoprì» l'universo

di Franco Gàbici
Quattro secoli fa, il 12 marzo del 1610, usciva dai torchi del tipografo veneziano Baglioni il 'Sidereus Nuncius' di Galileo Galilei, un libretto di poche pagine che annunciava le strabilianti scoperte in campo astronomico compiute con un nuovo strumento, il cannocchiale, che lo stesso Galileo aveva perfezionato. Il libretto è dedicato al principe Cosimo II, granduca di Toscana, al quale Galileo dedica quattro particolari stelle, «ignote a tutti i precedenti astronomi». In realtà non si tratta di stelle, ma dei quattro satelliti di Giove (Io, Europa, Ganimede e Callisto) che il grande pisano chiamerà 'medicea sidera' mentre oggi sono noti come 'satelliti galileiani'. Ma il 'Sidereus Nuncius' rivelava altre meraviglie: la Via Lattea è formata di stelle e la Luna non è perfetta come certi filosofi la vorrebbero. Con la certezza della «sensata esperienza – afferma infatti Galileo nella presentazione –, chiunque può comprendere che la Luna non è ricoperta da una superficie liscia e levigata, ma scabra e ineguale, e, proprio come la faccia della Terra, piena di grandi sporgenze, profonde cavità e anfratti». E a dimostrazio­ne delle sue asserzioni annuncia anche di aver misurato, attraverso il gioco delle ombre, l’altezza di una montagna lunare, che risultò di quattro miglia. Il 'Sidereus Nuncius', che fu composto fra il gennaio e il febbraio del 1610, fu stampato in 550 esemplari e Galileo, che ebbe solamente sei delle trenta copie pattuite, provvide immediatamente a inviare al granduca una copia con rilegatura particolare unitamente a uno strumento che gli consentisse di vedere coi propri occhi gli oggetti che gli erano stati dedicati. In una settimana il libro andò esaurito e per questo motivo Galileo pensò di preparare una seconda edizione più ampliata, ma soprattutto in lingua italiana, come da molti gli era stato richiesto. Ma il 'Sidereus' fu ristampato nello stesso anno a Francoforte rispettando la prima edizione latina e l’edizione italiana non venne mai realizzata. Le scoperte riferite dal 'Sidereus Nuncius', che contribuirono a far crollare «la fabbrica dei cieli aristotelico-tolemaica», non furono accolte di buon grado dall’establishment scientifico del tempo. Alcuni definirono addirittura 'ridicoli' i quattro satelliti scoperti mentre altri accusarono Galileo di aver ingannato il governo con una invenzione che in realtà poteva essere acquistata dovunque e a poco prezzo. Ma in realtà, anche se sul mercato esistevano molti cannocchiali, nessuno raggiungeva la qualità di quelli costruiti da Galileo. A poco a poco, però, le nuove scoperte furono accettate anche da quanti in un primo momento lo avevano contestato e infine arrivò come una consacrazione la prestigiosa approvazione dell’astronomo Keplero. Galileo approfittò subito della celebrità che si era guadagnata grazie al 'Sidereus Nuncius' e chiese al principe Cosimo uno stipendio di mille fiorini per poter lavorare alla sua corte come 'filosofo e matematico primario'. Il granduca lo accontentò e Galileo tornò a Firenze a conclusione di un anno, il 1610, che nella biografia del grande pisano risulterà senza eguali.
«Avvenire» del 12 marzo 2010

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