28 febbraio 2010

L'eterno ritorno del conflitto tra arte classica e avanguardia

Dall'antica Grecia fino alla «body art» di Marina Abramovic
di Francesca Bonazzoli
Ordine e disordine: queste due visioni antitetiche del mondo hanno segnato anche religione e filosofia, rappresentando l'inquietudine che segna irrimediabilmente la condizione umana
Contro l'accademismo della cultura ufficiale, contro il convenzionalismo vittoriano e contro i mali della società industriale. Nuovo e radicale: così sembrava ai preraffaelliti il loro programma. Ma a ben guardare la storia dell'arte è un continuo bisogno di negare. Una dialettica di tesi e antitesi che nella riflessione estetica ha assunto la definizione di alternanza fra classico e anticlassico illustrata dal Wölfflin, mentre nella speculazione filosofica ha trascinato con sé concetti religiosi. Nelle sue Lezioni di estetica Hegel aveva teorizzato che l'arte, come la religione e la filosofia, è portatrice del contenuto spirituale universale, ma lo esprime in modo sensibile. Dunque non stupisce che i movimenti artistici contro, come appunto quello preraffaellita, abbiano lanciato appelli nello stesso tempo artistici e spirituali. In generale la definizione di classico esprime un' idea di forma compiuta e stabilizzata che si sposa con un' idea appagante del mondo e una fiducia nelle possibilità umane. Anticlassico è invece ciò che scompagina i canoni, distorce le forme portandole alla loro forzatura espressiva estrema ed è quindi una ricerca ansiosa, inappagata, una tensione mistica verso un assoluto. Eppure, anche all' interno dell' arte greca, classica per eccellenza, abbiamo almeno tre periodi anticlassici. E perfino un pittore come Caravaggio, che fece dell' imitazione delle imperfezioni della natura una rivoluzione pittorica, ha dipinto quadri di una qualità classica (perfezione formale) altissima. Il fatto è che «lo spirituale nell' arte», come lo chiamava Kandinsky, si infiltra nel terreno paludoso dell' arte come un fiume dai mille rivoli. A volte addirittura fra l' inizio e la fine della vita di uno stesso artista, come successe a Michelangelo che da giovane praticò il culto della bellezza classica, attraverso gli idoli del David e della Pietà vaticana, ma poi morì rinnegandola dando avvio, nel turbine caotico del Giudizio finale, al grande movimento anticlassico del Manierismo che proprio sulla venerazione di Michelangelo, lo scultore che rivaleggiò con i classici, fondò la nuova religione del capriccio e dell' artificiosità. Spesso, dunque, è proprio il ritorno al classico, anziché la contestazione anticlassica, a sventolare il vessillo della spiritualità. Questo fecero i Nazareni, il Purismo o il suprematismo di Malevic che, chiedendo di riportare la pittura al grado zero del quadrato bianco, andava addirittura oltre la classicità, oltre le colonne doriche del Partenone, per entrare nel silenzio della cella del tempio, nel sancta sanctorum dove la forma si dissolve nel puro spirito. Per i Supramatisti russi, dunque, persino l' ordine composto dell' arte classica era inadeguato, come aveva profetizzato Hegel: «sono trascorsi i bei giorni dell' arte greca, come pure l'età d'oro del basso Medioevo... l'arte ci invita alla meditazione, ma non allo scopo di ricreare l'arte, bensì per conoscere scientificamente che cosa sia l'arte». Proprio a partire dal Novecento, l'arte si presenta allora nella forma della filosofia, a cominciare da Duchamp, che mette in bottiglia l'aria di Parigi, per passare attraverso l' arte astratta (lo spirituale di Kandinskij), l'epressionismo astratto con i gesti di Pollock mutuati dallo sciamanesimo e le campiture di Rothko che ricordano la magia ipnotica delle iconostasi bizantine. Chi è spirituale e chi terreno fra la mistica esoterica del Simbolismo e la metafisica di Mondrian che vi si oppose con le sue gabbie geometriche? Chi è classico e chi anticlassico fra De Chirico, con il suo ritorno all'ordine antiavanguardista, e Joseph Bess che come uno sciamano usava l'arte per asserire «la rivoluzione siamo noi»? E la body art di Marina Abramovic, che digiuna tre mesi per prepararsi a una performance dove mette alla prova i limiti della resistenza fisica e psichica umana e arrivare così al distacco dal corpo, è classica come la purezza nervosa della Nike di Samotracia o è l'emanazione distruttiva dello spirito anticlassico dell' avanguardia? La questione è antichissima: l'arte corrompe l'Idea, come voleva Platone che la rinnega nel X libro della Repubblica, o al contrario ha una dignità altissima, come voleva Plotino che la ritiene visione intellettuale delle essenze, imitazione dei supremi principii del mondo? L'artista è la scimmia della natura o si trova nella posizione stessa dell'Intelletto supremo che imprime il sigillo della forma alla materia? Nessuno avrà mai una risposta certa. Perché anche la speculazione teoretica si dibatte nell' eterno dualismo di spirito e materia, classico e anticlassico, avanguardia e conservazione. Nel frattempo gli artisti continueranno a dirsi contro, interpretando così l' eterna inquietudine del mondo.
«Corriere della Sera» del 27 febbraio 2010

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