25 gennaio 2010

Divorzio breve: più sofferenze per i figli

di Giacomo Samek Lodovici
La Commissione Giustizia della Camera ha cominciato a discutere tre proposte di legge che vogliono accelerare il divorzio, accorciando da tre anni ad uno i tempi per ottenerlo a partire dalla separazione, riducendo così i tempi per un ripensamento.
In merito al divorzio ci sarebbero molte considerazioni da fare e molti punti di vista da considerare.
Certamente quello dei coniugi è importante. Pertanto, pur considerando moralmente sbagliato il divorzio dal punto di vista razionale e non solo confessionale (per varie ragioni: cfr. «il Timone», n. 30, febbraio 2004, pp. 36-38, per alcune rapide considerazioni al riguardo), riteniamo purtroppo inevitabile – a volte – la separazione, e la consideriamo – a volte – moralmente giusta, quando cioè dalla convivenza derivano dei danni seri ad uno o ad entrambi i coniugi. Non siamo insensibili alle loro, talvolta, grandi sofferenze (forse tutti conosciamo dolorosi casi di fallimenti matrimoniali).
Tuttavia, il punto di vista dei figli, non solo quando sono piccoli, bensì perlomeno fino all’adolescenza compresa, è più importante e dovrebbe essere preminente, anche perché essi sono i soggetti più deboli.
Ora , il divorzio dei genitori fa sempre soffrire tremendamente i figli, inoltre provoca loro, spesso, anche diversi disturbi psicologici, e non bisogna credere a certe rappresentazioni edulcorate delle famiglie allargate. La divisione dei loro genitori può essere per loro meglio che non continuare a vivere insieme solo nei casi (rari, come documentano le ricerche) in cui il conflitto è molto alto. E, comunque, anche in questi casi la fine della convivenza dei genitori è foriera di sofferenze.
Dunque, le proposte di legge per il divorzio rapido che non tengono conto della presenza di figli trascurano l’importanza del tempo di ripensamento, che in alcuni casi (certamente rari, ma non inesistenti), conduce i coniugi a riappacificarsi, con grande beneficio per i figli.
Ma anche le proposte che vogliono accelerare i tempi solo in assenza di figli sono da rigettare. Infatti, le leggi non si limitano a normare degli stati di fatto, bensì cambiano esse stesse il costume e la mentalità dei popoli. Così, l’impatto pedagogico delle riforme che accorciano i tempi del divorzio è pessimo, perché lo Stato dà un messaggio da cui risulta una banalizzazione ed un indebolimento del matrimonio (come ha scritto persino un quotidiano gauchiste francese come Libération , relativamente alla situazione transalpina). In altri termini, lo Stato, che dovrebbe aiutare le coppie in difficoltà a cercare di restaurare il loro rapporto, con simili leggi invece diffonde l’idea che il matrimonio sia non già un impegno indissolubile, o almeno che deve durare tendenzialmente il maggior tempo possibile, e per la cui riuscita e durata i coniugi si devono impegnare molto e a fondo, bensì un rapporto labile, temporaneo, transitorio, provvisorio, tanto è vero che lo si può interrompere dopo breve tempo e con facilità, un rapporto per il quale dunque non è necessario un impegno speciale, perché tanto si può ricominciare da capo rapidamente.
Ora, questa banalizzazione fa aumentare esponenzialmente i divorzi, come è avvenuto in Spagna. Qui, dal 2004 al 2008, l’aumento prodotto dal cosiddetto «divorzio express» di Zapatero è stato esponenziale: era già del 74,3 % nel 2006 ed è ulteriore salito al 140 % nel 2008 .
Ora – lo ribadiamo –, se crescono i divorzi aumentano le sofferenze dei bambini, documentate da decine di studi. Ma pare che ai «grandi» non interessi nulla o ben poco.
«Il Timone» del 15 gennaio 2010

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