31 dicembre 2009

I libri, corpi vivi da non ridurre ad algidi byte

di Giuliano Vigini
Ormai sono i libri elettronici e soprattutto gli strumenti che servono per leggerli a tenere banco nel dibattito editoriale. Per il momento, con vari pro e anche non pochi contro: non tanto per i prezzi, che in breve tempo scenderanno sotto la soglia attuale (250-300 euro), con il diffondersi dei lettori e l’estendersi della concorrenza, ma per la marginalità dei contenuti (almeno quelli in lingua italiana) e per problematiche generali non del tutto risolte (standard, funzionalità operative, indicizzazione, diritti d’autore, ecc.). Nel frattempo ci si domanda: la carta elettronica sarà un sostituto o un complemento della carta tradizionale? Per rispondere, bisogna innanzitutto capire che cosa differenzia l’una dall’altra. Perché in fondo uno potrebbe pensare, visto che le parole sono sempre le stesse e che l’inchiostro elettronico di nuova generazione rende la pagina sullo schermo simile a un foglio di carta, che leggere un libro elettronico sia la stessa cosa che leggerlo nel modo in cui da secoli siamo abituati. Potrebbe esser così se un libro fosse un puro e semplice documento. Ma un libro non è soltanto un documento che si consulta per esigenze d’informazione, studio o professione. Un libro – quello in particolare legato al gusto intimo del leggere e, per i ragazzi, anche alla manualità fondamentale del gioco – non è una sequenza uniforme di parole, ma un corpo vivo, con cui si entra fisicamente, mentalmente ed emotivamente in contatto, attraverso una relazione molto personale. È per questo che l’inconfondibile fisicità di ogni singolo libro – la sua forma estetica, ma anche il suo modo di comunicare – diventa nel tempo anche la memoria di quel libro, tanto che, a distanza di anni, si è spesso in grado di ricordarne perfettamente le sembianze: il colore della copertina, le immagini, la legatura, la carta, perfino i carattere di stampa. Sottolineare questa ed altre peculiarità del libro tradizionale (che può, ad esempio, essere letto anche da chi non ha dimestichezza con gli aggeggi elettronici e offre per vari aspetti una duttilità ancora ineguagliata) non significa sminuire l’utilità del libro elettronico per una molteplice serie di funzioni e non riconoscere che i nuovi strumenti sono comodi e abbastanza semplici da usare, agevoli alla lettura anche in piena luce e con il vantaggio non indifferente di poter modulare la dimensione del carattere alla propria capacità visiva. Tuttavia, è importante ribadire che si tratta di due modalità di lettura diverse e che producono effetti diversi.
Leggere un romanzo o sfogliare un grande libro d’arte su un lettore elettronico o sulla carta stampata non dà lo stesso tipo di partecipazione ed emozione. Un audiolibro che racconta a un bambino una fiaba o una storia non è intercambiabile con un genitore che gliela legge in una sequenza di gesti, sguardi, domande che creano quel legame affettivo e psicologico unico, capace di dare alla voce e alle parole il loro inimitabile potere d’incanto. Esperienze diverse, appunto, perché la forma in cui si riceve il testo incide profondamente sul modo in cui poi si fa l’esperienza e si conserva la memoria di quel testo. Non si tratta quindi essere tecnologici o anti, ma semplicemente di riconoscere le differenze tra i vari modi di leggere.
«Avvenire» del 28 dicembre 2009

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