19 dicembre 2009

D'Alema: premier e Di Pietro due populismi speculari

Dal Pd «Rifondare il sistema senza temere l'accusa di voler fare inciuci»
di Maria Teresa Meli
«Si alimentano in una spirale che va fermata con le riforme»
Onorevole D' Alema, in Parlamento ci si azzuffa un giorno sì e un giorno no, tanto per dare il buon esempio alle piazze. «Non si tratta del venir meno del "bon ton", abbiamo un problema serio: l'elemento del populismo è diventato un dato strutturale del sistema politico italiano in questi ultimi quindici anni per cui il Parlamento ha cessato di svolgere la sua funzione di luogo della mediazione ed è diventato puro luogo di rappresentazione teatrale dello scontro. In Parlamento non si discute più nulla, vi è solo un susseguirsi di votazioni di parata, come la fiducia. Perciò è stata cancellata quella dialettica tra maggioranza e opposizione che portava all'assunzione di una comune responsabilità. E questo è il frutto di uno svuotamento del sistema democratico».
I conflitti potrebbero inasprirsi ulteriormente? «Potrebbe esserci un'escalation. Il prevalere del populismo riduce gli spazi della politica, cancella l' idea che i conflitti vengono regolati perché c'è un bene comune che comunque non può esser distrutto. Sono stati i partiti, il Parlamento, insomma la politica, ad aver consentito nel dopoguerra a questo Paese di governare scontri di natura ideologica e sociale ben più radicali di quelli di oggi. Allora c' era una classe dirigente che incanalava dentro le istituzioni i conflitti, che così venivano governati. Se ne riduceva in questo modo la pericolosità. L' eccesso di personalizzazione della politica ha invece portato alla distruzione dei partiti e allo svuotamento del Parlamento, che è ormai ridotto ad uno stadio: c'è la curva nord, c'è la curva sud, manca qualsiasi dialettica governo-Parlamento. Fini a mio parere giustamente rivendica questo meccanismo elementare e difende le istituzioni».
Secondo lei Berlusconi è responsabile di questo clima? «Berlusconi è sicuramente un elemento di questo processo. Di quello che Piero Ignazi chiama, con un termine efficace, il "forzaleghismo". In Italia c'è ormai una frattura tra politica e antipolitica che attraversa gli schieramenti. Da questo punto di vista, ci sono delle similitudini tra il populismo di Berlusconi e quello di Di Pietro: sono speculari e si alimentano a vicenda, nel senso che Di Pietro è l'opposizione ideale per Berlusconi. Mi ricordo che nel 2002 partecipai ad un'assemblea di studenti a Firenze, dove spiegai che parlare di regime era sbagliato, affrontando anche le dure critiche di quella platea. Non ho mai visto Berlusconi affrontare i suoi elettori per dire loro che la sinistra, nel nostro Paese, è democratica. Queste considerazioni politiche non possono assolutamente giustificare una violenza barbara e insensata che colpisce non solo la persona di Berlusconi, ma l'istituzione Presidente del Consiglio che lui rappresenta. Abbiamo espresso la nostra solidarietà e Bersani ha fatto benissimo ad andare a trovarlo. Ci sono gesti che contano più di mille discorsi. Bisogna fermare la spirale dei due populismi che si alimentano a vicenda. Bisogna avere il coraggio di dire che le riforme istituzionali comportano una comune assunzione di responsabilità, senza temere l'accusa di voler fare inciuci. E respingo l' idea che il maggioritario debba essere una rissa. In questo senso il discorso di Cicchitto, con quell' incredibile elenco di "colpevoli", aveva elementi di autentica irresponsabilità».
E qual è, secondo lei, onorevole D' Alema il modo in cui si può uscire da questa situazione? «L'unico modo di uscirne è quello di ripartire dal rispetto per le istituzioni e dalla necessità di correggere le distorsioni, come questa sorta di presidenzialismo di fatto a cui siamo giunti. Sul piano istituzionale il governo non ha mai avuto tanta forza. Il paradosso è che questo meccanismo non produce decisioni efficaci né riforme significative. Ci avevano raccontato che tolti di mezzo i partiti e la mediazione politica avremmo avuto finalmente una democrazia governante. Non era vero. Altro che aggiustamenti tecnici, qui c'è bisogno di rifondare il sistema politico e questo è l'unico spazio in cui il Pd può agire, tra gli opposti populismi. Non è facile, però Bersani lo sta facendo bene. Certo, per disegnare quest'altra idea di opposizione ci vorrà tempo ma è l'unico cammino che possiamo intraprendere, interloquendo con quelle componenti riformiste presenti anche nel centrodestra. Spero che anche Berlusconi cominci a rendersi conto di tutto ciò. Ma non c'è solo lui da quella parte. C' è Fini, che appare consapevole dei rischi che ho descritto, non perché sia diventato di sinistra, ma perché è un uomo politico e ha senso dello Stato. Questo può avvicinare persone che hanno opinioni politiche tra loro diverse. In questi giorni non c'è stata solo violenta strumentalizzazione, abbiamo ascoltato anche considerazioni molto ragionevoli, come quelle, ad esempio, di Gianni Letta». Certe prese di posizione di Di Pietro non le piacciono, ma che cosa pensa delle dichiarazioni di Bindi su Berlusconi, dopo l'aggressione? «Bersani ha detto cose sagge e giuste. A lui gli iscritti e gli elettori hanno assegnato il compito di rappresentarci. Ad altri consiglierei maggiore prudenza». Fu lei il primo a rimettere in gioco Di Pietro candidandolo al Mugello. «Di Pietro era in gioco. Ritenni, e non da solo, che il posto per un protagonista della politica fosse il Parlamento». Lei parla di riforme ma per Berlusconi è preliminare la riforma della giustizia. «La riforma della giustizia, per renderla migliore per tutti i cittadini, ci interessa e abbiamo le nostre proposte. Viceversa, quelle per fermare i processi a Berlusconi non sono riforme e non si può certo pretendere che l'opposizione le faccia proprie. Se per evitare il suo processo devono liberare centinaia di imputati di gravi reati, è quasi meglio che facciano una leggina ad personam per limitare il danno all'ordinamento e alla sicurezza dei cittadini. Ma una vera emergenza democratica è sicuramente quella della riforma del Parlamento, a cui occorre restituire autorità e centralità, riducendo il numero dei parlamentari e superando il bicameralismo perfetto in senso federalista. Ci vuole una legge elettorale che restituisca ai cittadini il potere di scegliere i propri rappresentanti. Ripartiamo dalle proposte della Commissione Violante, che indicano la via per un governo forte in un quadro di poteri democratici e non di un populismo plebiscitario».
«Corriere della Sera» del 17 dicembre 2009

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