24 dicembre 2009

Da Dickens a Vitali, il fascino della Vigilia

di Fulvio Panzeri
Il Natale in tutti i suoi aspetti, dalla magia della festa fino ai suoi toni più malinconici, è uno dei temi che maggiormente hanno affascinato gli scrittori, diventando una sorta di tappa obbligata. Anche solo un racconto, ma la necessità di mettersi a confronto con la festa per eccellenza sembra assai comune tra chi scrive. Il primo fu Dickens che con il suo «Canto di Natale» è diventato un classico, adesso anche al cinema; ma poi la tradizione, soprattutto in Italia, tra la fine dell’Ottocento e nel Novecento ha trovato un’assoluta varietà di voci. A partire dai più classici scritti, ora riscoperti, di Guido Gozzano, e raccolti, con la cura di Roberto Carnero, in «La Pecorella di vetro» (Interlinea).
Scopriamo così non solo «La Notte Santa», che tutti abbiamo letto, ma anche un curioso «Natale a Ceylon», in cui si contemperano la nostalgia dell’infanzia e la nostalgia della terra natale. Una storia assai curiosa, tanto da essere stata scelta anche da Fabiano Massimi per l’antologia Einaudi «Aspettando il Natale» in cui ha raccolto 25 racconti per la Vigilia, andando a scovare materiali assolutamente curiosi, se riletti con occhi nuovi e diversi rispetto alle categorie di esclusione dalla storia letteraria. Così accanto ai Natali così diversi tra loro raccontati da Verga e Dossi, D’Annunzio e Pirandello, Tozzi e appunto Gozzano, fino a Buzzati, Bianciardi, Lodoli e Mozzi, ritroviamo la Contessa Lara, Dino Garrone e scrittrici dagli pseudonimi poco invitanti, come Evely o Cordelia, che tornano per ritrovare una loro storia nel Natale. L’antologia Einaudi diventa così la duplice occasione per riscoprire voci letterarie scomparse e confrontare le atmosfere di Natali vissuti attraverso voci variegate e a volte bizzarre, che però hanno una caratteristica comune: un sottile velo d’amarezza. Non è per niente allegro il Natale raccontato dai nostri scrittori: può toccare le corde della commozione come avviene per la figura del nonno nel racconto di Marco Lodoli, che racconta la solitudine, l’ingiustizia, la diversità di condizioni sociali, la nostalgia, ma al fondo rimane un Natale a cui manca qualcosa, forse il vero senso della festa. Gli scrittori sembrano approcciarsi al 25 dicembre quasi come una sfida, nell’intento soprattutto di mettere in rilievo come «veramente» è il Natale e non come viene vissuto da certi stereotipi. Il Natale è quindi una vera e propria «tentazione» per lo scrittore e quanto permanga viva lo sta a dimostrare anche l’ultimo racconto lungo di Andrea Vitali, «Pianoforte vendesi» (Garzanti), che racconta una notte dell’Epifania nel microcosmo bellanese, tinto di nero grazie alla presenza di un personaggio come quello del ladro, costretto a un’ambivalenza tra le parallele tentazioni del bene e del male. È una notte dell’Epifania turbata dalle ombre nel paese sul lago di Como, quando il corteo dei Re Magi è finito e la festa continua all’interno, nelle case, nelle osterie, nei locali dove si balla. È una notte stellata, ma troppo ambigua quella che ci racconta Vitali, una notte che nasconde misteri e che riporta alla memoria, attraverso il racconto, tradizioni di religiosità popolare che oggi sono andate via via scomparendo. Qui invece emerge l’importanza e quell’attenzione che è stata data per decenni ai Magi venuti dall’Oriente.
«Avvenire» del 24 dicembre 2009

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