20 novembre 2009

Un sociologo spiega perché Darwin? Chiamate la Croce Rossa

A 150 anni da «L’origine delle Specie» e dalla nascita dell’opera di Henry Dunant, il bilancio di una «selezione naturale» tra i due pionieri vede vincitore il secondo
di Lorenzo Fazzini
In questo 2009 si sono cele­brati i 150 anni della pubbli­cazione de L’origine delle specie, testo- manifesto di Char­les Darwin, e il ricordo della battaglia di Solferino ( 24 giu­gno 1859). Da dove lo svizzero Henry Dunant colse l’ispirazio­ne per formare un corpo ' ter­zo' tra i combattenti di allora, gli eserciti francesi e piemonte­si da una parte, quello austria­co dall’altra.
Dall’intuizione di Dunant sa­rebbe poi nata la Croce rossa internazionale. Costantino Ci­polla, docente di sociologia all’università di Bologna, già conoscitore della Croce rossa e del suo fondatore, ha compiuto un fecondo collegamento cul­turale in questo doppio 150° anniversario. Ne è scaturito Darwin e Dunant. Dalla vitto­ria del più forte alla sopravvi­venza del più debole? ( Franco Angeli, pagine 144, euro 16), li­bro che è a metà tra il saggio sociologico e il trattato filosofi­co.
Da cosa nasce questo accosta­mento Darwin/ Dunant?
« Mi sono stufato degli ultra­darwinisti alla Telmo Pievani, quelli che compaiono regolar­mente su Micromega, i quali, mentre la società sta capovol­gendo i fondamenti dalla vita umana con la medicalizzazione della biologia, continuano a so­stenere che solo la natura de­termina tutto e che nulla può la cultura. Oggi, mentre i transu­manisti vogliono andare oltre l’uomo, gli ultradarwinisti sono ancora fermi all’affermazione nuda e cruda della vittoria in natura del più adatto. Mentre invece c’è un’altra tendenza nella tradizione intellettuale, che va dicendo – da 150 anni, con Dunant appunto – che non sempre vince il più forte. Da quando venne pubblicato Sou­venir da Solferino non è detto che a vincere debba essere il più forte, perché quel libro ha trasmesso il principio che il più forte deve aiutare il debole » .
Il suo argomentare esula da questioni religiose, per quanto Dunant sia cristiano…
« Certo. Ed è da notare che il suo ragionamento è più cattoli­co che protestante, sebbene appartenesse a quest’ultima tradizione: se li immagina i va­lori di Dunant accostati a Calvi­no? Nel mio libro mi sono preoccupato di lasciar stare Dio e concentrarmi su un discorso razionale. Anche perché, come sociologi cattolici, siamo in ri­tardo: il mio maestro Achille Ardigò, per fare un nome, non si occupò mai di tali questioni » .
Lei parla di neo-darwinisti e ultra-darwinisti: cosa distin­gue gli uni dagli altri?
« Il darwinismo stesso ha avuto una sua evoluzione: ci sono gli ' ultra', che prendono Darwin per spiegare tutto. È una posi­zione in fin dei conti insosteni­bile. I neo- darwinisti, invece – Edoardo Boncinelli, secondo me, ne è un esempio – sono più conciliativi: non si spingono a fare riflessioni sull’uomo, si fer­mano agli animali. E quindi non affrontano il tema della so­cietà » .
Rifacendosi al sociologo ingle­se Herbert Spencer, lei si chie­de: ' L’evoluzionismo sociale, oggi di fatto quasi miscono­sciuto dai neo- darwinisti, di chi è figlio'? Che risposta dà?
« L’evoluzionismo sociale è una trasposizione ottocentesca del pensiero di Darwin. Attecchì molto negli Stati Uniti, dove la selezione naturale coincise con la diffusione del capitalismo, secondo il principio che il più adatto deve occupare il vertice. Va però ricordato che Darwin era stato molto prudente nel­l’applicare a livello sociale le sue teorie sull’evoluzione, an­che a causa della sua famiglia molto religiosa. Successivamente la riflessione sociologica ha negato la pos­sibilità di una società che stia in piedi secondo il darwinismo. Si im­magina se i vari go­verni, ad esem­pio, durante la
crisi economica attuale, aves­sero detto ai propri cittadini: arrangiatevi, vinca il più forte? Ci sarebbe stata la rivoluzione. Il darwinismo sociale si è auto­consumato da solo » .
Darwin e Dunant coetanei: si co­nobbero o lessero qualco­sa l’u­no dell’altro?
« Non ho trovato collegamenti tra i due. Però è curioso notare come le loro posizioni nascono negli stessi anni e proseguono autonomamente, in forma pa­rallela. L’interesse su Dunant è cosa re­cente, visto che, al di là del pre­mio Nobel per la pace nel 1902, venne dimenticato per tanti anni: la prima guerra mondiale, il comunismo, il fascismo e il nazismo lo oscurarono. Venne recuperato solo negli anni Cin­quanta- Sessanta » .
Dopo 150 anni di vita del loro pensiero, chi tra Darwin e Du­nant risulta vincitore se­condo il verdetto della storia?
« Certamente Du­nant, visto che Darwin è sta­to oggetto di un certo ridimen­sionamento. La storia della cul­tura è andata più nella direzio­ne dei principi del primo, con­siderato che il suo pensiero è più universale, mentre il secon­do riguarda solo l’ambito scientifico » .
Perché questa ' vittoria' di Du­nant?
« Si è capito che la solidarietà è motore di sviluppo. Lo sostene­va anche l’anarchico russo Kro­potkin che, nato darwinista, si è scoperto solidale. Tanto che, a suo giudizio, la ' sociabilità' è una legge della vita allo stesso modo della lotta fra i simili.
Insomma, esiste anche una ' selezione al­truistica'. Du­nant insegna che la soli­darietà può vin­cere sulla for­za » .
«Avvenire» del 20 novembre 2009

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