29 novembre 2009

Dalla storia alla vita: il lettore «forte» riscopre l’interiorità

di Gian Arturo Ferrari * (forse, visto che il sito non lo indica, ndb)
Perché lamentarsi? Perché le meste litanie che partono dalla rituale deprecazione dei «troppi libri», inutili, brutti e cattivi? Perché il periodico avvistamento di orde barbariche, ingorde di bestseller, che dalle selve della grande distribuzione si avventano contro la cittadella dei buoni lettori? Perché l’elegia sulla estinzione del gentile libraio di una volta, prodigo di consigli, conoscitore dei gusti del cliente, sostituito ormai da bruti privi di favella, attoniti davanti agli schermi di computer? Non che non ci sia del vero in tutto ciò. Anzi. Ma è altrettanto vero che si tratta di una rappresentazione di maniera, troppo convenzionale, reiterata e usurata per risultare convincente.
Oltre all’ideologia elitaria e al cambiamento del punto di vendita una causa del lamento è la mutazione dei gusti del pubblico. Una mutazione sfuggente, ma non per questo meno massiccia. Per restare al nostro ambito, all’editoria di cultura, trascurando dunque la narrativa, basta gettare uno sguardo alla classifica Bookscan dei 5.000 libri più venduti per rendersi conto dell’entità del fenomeno (ricordiamo che i primi 5mila titoli, meno di un centesimo dei 550mila titoli in commercio, fanno da soli metà del mercato; il cinquemillesimo titolo vale 2.642 copie). I primi cinque titoli ascrivibili all’editoria di cultura sono nell’ordine: al 24°posto L’ospite inquietante, Il nichilismo e i giovani, di Umberto Galimberti, Feltrinelli, al 46° posto L’uomo che non credeva in Dio, di Eugenio Scalfari, Einaudi. Al 65° posto Conversazioni notturne a Gerusalemme di Carlo Mario Martini, Mondadori, al 75° Il pane di ieri, di Enzo Bianchi, Einaudi, e per finire, al 76° posto L’anima e il suo destino di Vito Mancuso, Raffaello Cortina. Non abbiamo considerato Inchiesta sul cristianesimo di Corrado Augias e Remo Cacitti e Una giornata nell’antica Roma di Alberto Angela rispettivamente al 40° e al 43° posto. Il primo titolo di storia non popolarizzata è Eseguendo la sentenza. Roma 1978. Dietro le quinte del caso Moro e giunge al 378° posto. Ma per avere un vero e proprio saggio storico di cultura bisogna scendere fino al 752° posto dove si incontra Armi, acciaio e malattie di Jared Diamond, Einaudi. La buona notizia è che anche nel nostro paese sta nascendo una divulgazione scientifica, storica, culturale di buon livello, in alcuni casi di buonissimo livello.
Ma per il resto balzano agli occhi due fenomeni: il primo è lo spostamento di interesse, e quindi tematico, dal mondo esterno, dal mondo della storia e della civitas, al foro interiore. La rinascita, vigorosa e impensabile, venticinque anni fa, della sensibilità religiosa è la sua manifestazione più vistosa. Il secondo, certo connesso al primo, è la curvatura soggettiva ed esperienziale. Solo il vissuto, solo ciò che è stato vissuto in prima persona è vero, ha valore, merita di essere comunicato e, soprattutto, dal nostro venale punto di vista, merita di essere acquistato. Cinquanta o venticinque anni fa, nessuno di questi libri sarebbe stato ai primi posti nell’editoria di cultura. Ma forse, cinquanta o venticinque anni fa nessuno di questi libri sarebbe potuto esistere.
* Direttore generale Divisione libri del Gruppo Mondadori
«Il Giornale» del 29 novembre 2009

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