04 ottobre 2009

Se i media scoprissero il «sì» della Chiesa

Spesso distorte le parole del Papa
di Davide Rondoni
Nelle stesse ore in cui in Italia si celebrava – tra immancabili polemiche e strumentalizzazioni – una manifestazione per la libertà di stampa, in un autorevole consesso europeo il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, ha affrontato il tema del rapporto tra i media e la Chiesa, specie per quel che riguarda la figura del Pontefice. Quella che può sembrare una vicenda molto, quasi troppo italiana, per le sue esasperazioni ideologiche e per le possibili forzature da ogni parte, diventa invece una questione di ampio respiro se riferita a un contesto più vasto e a riguardo di una presenza universale come quella della Chiesa e del Papa. Il quale, da un lato ha superato la diffidenza di molti media, colpiti dalla forza umile della sua proposta di una fede fondata sulla gioia, e però dall’altro, com’è noto, si è trovato al centro di campagne di stampa distorte e faziose. Un tema così delicato è stato affrontato nel consesso dei rappresentanti degli episcopati europei dal cardinale Bagnasco. In estrema sintesi, il presidente dei vescovi italiani ha ricordato che la Chiesa non tace, non può tacere innanzitutto il suo grande «sì» a Dio e all’uomo in mezzo alle tante vicende del mondo.
«Il più della Chiesa – ha sottolineato il cardinale – è in questo 'sì' con cui risponde all’amore di Cristo, indicando Lui a tutti». Lo scopo della Chiesa, dunque, non è quello di inseguire le opinioni dominanti, o di costruirsi un’immagine.
Il suo scopo è pastorale. Tale libertà di espressione – ben lontano da essere quella caricatura di imposizione che certuni vogliono far credere – porta a volte a dire dei no, o a lanciare degli allarmi quando si vede in pericolo il rispetto incondizionato all’essere umano. Sono dei 'no' che nascono da quel 'sì'. Ai media la Chiesa chiede un comportamento franco nelle critiche ma costruttivo, e di non venir meno al principio di puntare a creare coscienze informate attente al bene comune. E chiede di mostrare innanzitutto il 'sì' che è la Chiesa, invece di ridurre tutto a presunti tentativi di 'scavare fossati 'e 'alzare muri'. Questa volontà di fraintendimento ha fatto comprendere tardi la reale portata di taluni interventi papali. La Chiesa chiedendo per sé libertà dimostra di esser la migliore alleata della libertà. Che è bene altissimo, messo a rischio proprio quando lo si intende come un arbitrio irresponsabile e vanesio, fondato sulla smania di contrapposizione e di successo. Colpisce che in certi Paesi non occidentali, dove pure la repressione politica è forte, la correttezza dei media è la loro maggior fonte di autorevolezza quando si trovano poi a denunciare soprusi e inganni. In Occidente, la perdita di credibilità dei media è causa, insieme al concentrarsi di poteri economici e politici, della perdita di libertà. I cattolici da un lato guardano con preoccupazione tutto questo. Dall’altro, non caricano i media di una responsabilità che essi non devono avere: spesso la realtà della vita della gente, infatti, è ben lungi dalle baruffe in scena su tv e giornali. Alla Chiesa invece interessa la vita reale. Del resto, sappiamo bene che anche Gesù e i suoi discepoli, da quanto emerge nei racconti evangelici, non godevano di rapporti idilliaci con 'la stampa' di allora, con gli scribi e gli opinion leader, impegnati spesso a spargere calunnie sul loro conto. Ma la Chiesa – che prosegue quel Corpo nella storia – non chiede per sé atteggiamenti privilegiati da parte della stampa. Chiede rispetto per tutti. E non ricorre a un uso spregiudicato e fazioso dei media, così come chiede che facciano tutti – per amore vero della libertà.
«Avvenire» del 4 ottobre 2009

Nessun commento: