03 ottobre 2009

Quel matrimonio (inevitabile) tra Internet e letteratura

Un weekend in provincia di Lecce su nuovi media e critica: a confronto scrittori, critici, sociologi della rete
di Paolo Di Stefano
Genna: «È cambiato il linguaggio». Moresco: «Messaggi superficiali»
Che rapporto c'è tra letteratura e nuovi media? Ammettiamolo pure, sono passati oltre dieci anni dalla nascita del web e ancora nessuno saprebbe rispondere con precisione a questa domanda. Eppure, indubbiamente il panorama letterario (che non significa ancora la Letteratura) è molto cambiato. Il primo (e visibilissimo) effetto di Internet è che se prima il dibattito, il confronto, l'informazione si tenevano soltanto sui giornali e sulle riviste (cartacee), da qualche anno le sedi di discussione sulla letteratura si sono moltiplicate e «democratizzate». L'era del blog ha reso accessibile a tutti un' area in cui prima avevano diritto di parola solo gli addetti ai lavori. Tutto ciò ha finito spesso per creare un solco ancora più netto tra apocalittici (che resistono alla nuova barbarie) e integrati (i nuovi barbari, appunto). Su questi temi si interrogherà per un fine settimana, tra il 2 e il 4 ottobre, Oronzo Macondo, una «Writer's Factory» che raccoglierà nell' Agriturismo Villa Conca Marco di Vanze (provincia di Lecce) un gruppo di intellettuali web-integrati: scrittori (da Gianni Biondillo a Paolo Nori e Antonio Pascale), critici, teorici e sociologi della rete (come Carlo Formenti e Michele Trecca). Le domande possibili sono tante: per esempio, se il web ha comportato o comporterà un mutamento nelle forme di scrittura, se è cambiato lo statuto della critica militante, quali sono le conseguenze dei nuovi canali nel mercato editoriale. Le esperienze italiane in tal senso sono varie e per molti versi contraddittorie. Lo mette subito a fuoco lo scrittore Giuseppe Genna, cui si devono apporti quasi pionieristici a Clarence, poi alle riviste I Miserabili e Carmilla con Evangelisti: «Finora - dice Genna - solo una parte minima di intellettuali italiani ha discusso di contenuti in rete: all' inizio erano cinque o sei e tutto sommati non sono aumentati di molto. Pochi hanno capito che c' è uno spostamento di baricentro che comporta l' acquisizione di nuovi linguaggi. E gli intellettuali che hanno operato nel web non sono stati ascoltati dalle istituzioni culturali, in primo luogo gli editori». Detto questo, è anche vero che molti siti nati con grandi speranze hanno chiuso per la superfetazione di materiale inerte: «Diciamo che quelli che resistono vedono aumentare i lettori in maniera impressionante. Carmilla, fatta da tre-quattro scrittori nei ritagli di tempo, raggiunge 320 mila lettori al mese, una cifra impensabile in passato per riviste anche importanti come Alfabeta. È una realtà (non proprio virtuale) che non si può ignorare. E bisogna aggiungere che i nuovi hardware moltiplicheranno ancora gli effetti. Poi è anche vero che aprire a tutti i commenti produce spesso un carnaio che porta all' implosione». Massimo Maugeri gestisce da Catania Letteratitudine, «luogo di incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, eccetera. Un «open-space» nato tre anni fa da «esigenze pratiche»: «Avevo una figlia piccola, mi era difficile muovermi e sentivo il bisogno di avere contatti con un gruppo ristretto di amici per parlare di letteratura. Oggi abbiamo 13 mila iscritti che non fanno che parlare di libri cartacei». In Letteratitudine sono intervenuti scrittori come Dacia Maraini, Valerio Evangelisti, Roberto Alajmo, Ferdinando Camon, che sulla Stampa ha ammesso di guardare a quello e ad altri siti «come un lettore del Quattrocento guardava una copia della Bibbia appena stampata da Gutenberg: con ammirazione e perplessità». Imperfetta, ma è questo il futuro, diceva. Bisogna chiedere ad Antonio Moresco e a Dario Voltolini, che insieme hanno inventato NazioneIndiana (che poi hanno abbandonato) e che ora si occupano di Primo Amore (diventato anche una rivista su carta pubblicata da Effigie), per avere versioni meno ottimistiche. Moresco parla di luci e ombre: «Essendo la struttura mediatica molto filtrata (giornali, terze pagine eccetera), la rete offre la possibilità o l' illusione di messaggi che penetrano subito creando fervore. Il mezzo favorisce però una comunicazione rapida e superficiale, che non riesce a sedimentare: spesso il massimo di democrazia coincide con il massimo di insignificanza. L' impressione è che una rivista che ospita testi letterari e commenti sui libri finisca per creare anche intasamenti e frustrazioni». Senza produrre nuovi linguaggi, come a volte un po' enfaticamente si tende a credere? «In genere in rete c' è una componente imitativa rispetto ai modelli che vanno per la maggiore, molti dei quali americani: il mezzo così rapido e poco adatto alla letteratura favorisce l' effetto clonazione. Il web non è il Paradiso e quelle che appaiono come novità spesso sono forme vecchie». Insomma, dieci anni di confusione? Voltolini: «Dal produttore al consumatore in un clic: questo dà molta libertà e anche molto inquinamento, ma il saldo per me è positivo. L' idea di critica come giudizio cristallino e autorevole è tramontata, confinata al mondo accademico. Forse per questo attraverso il web potrebbe rinascere una vera critica militante, purché quegli spazi non diventino salotti in cui si scatena ogni sorta di rissa incontrollata. Tanto rumore per nulla? No, nei casi migliori, tanto rumore ma per qualcosa».
«Corriere della sera» del 1 ottobre 2009

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