09 luglio 2009

La cicogna non fa aumentare più il Pil

La vera origine della crisi economica va individuata nel crollo della natalità iniziato in occidente a partire dagli anni '70
di Ettore Gotti Tedeschi
Nell'uomo c'è anche una vocazione alla "creatività distruttiva" che si tende a ignorare, argomentando fin troppo sulla necessità di "distruzione creativa". È questa creatività distruttiva che va analizzata per capire questa crisi e per formulare progetti.
Siamo così certi che la crisi nasca dal cattivo uso di strumenti, quali l'innovazione finanziaria, l'espansione creditizia, rischi sottovalutati, insufficiente regolamentazione...? E siamo così tranquilli che questa crisi sarà risanabile quale incidente temporaneo e riassorbibile dei mercati finanziari? Io temo di no e poiché di valutazioni imprudenti degli economisti si riempiono libri interi, vorrei limitarmi a proporre una ipotesi alternativa di spiegazione dell'origine di questa crisi.
Un’ipotesi alternativa sulle cause della crisi economica
E la propongo anche in risposta all'autodifesa fatta dall'ex governatore della Fed, Alan Greenspan, pubblicata dal Sole 24 Ore il 14 maggio. Che curioso! La maggior bolla è conseguenza della sua strategia politico-finanziaria adottata durante la presidenza della Fed. C'è una domanda chiave che non ci si pone: perché Greenspan è stato "costretto" a produrre varie bolle? Non ci si chiede e si ignora perché in un certo momento negli Usa si è deciso a livello governativo di adottare modelli e strumenti straordinari e pericolosi: ma per risolvere quale problema? Molti economisti nelle loro spiegazioni partono dalle misure adottate per risolvere il problema (credito, finanza ecc.), non dal problema. Analizzano cioè gli effetti senza arrivare alle cause. E le cause sono nella crescita insufficiente ad assorbire i budget necessari e rigidi. Ma perché la crescita è stata insufficiente?
L'insufficiente crescita economica dovuta a insufficiente natalità.
Ho l'impressione che spesso si tenda a confondere cause con effetti, cioè a considerare le scelte di modelli di sviluppo, l'uso di strumenti finanziari, i rischi sottovalutati cause anziché effetti, o meglio cause anziché strumenti usati per cercar di risolvere i problemi generati dalle cause prime e originali. Perciò per distinguerle propongo di riflettere sulla seguente domanda: perché si è stati costretti a utilizzare e lasciar utilizzare detti pericolosi strumenti finanziari innovativi, sottovalutazione pericolosa del rischio ecc.? La risposta probabilmente è: per compensare un fenomeno che si voleva ignorare nelle sue radici, cioè l'insufficiente crescita economica dovuta a insufficiente natalità.
Uno sviluppo economico forzato “senza l’uomo”
Se volessimo poi riflettere su cosa realmente è fallito, dovremmo domandarci quali obiettivi ci si era proposti che dovevano avere successo. L'economia ha infatti tre grandi compiti: valorizzare le risorse disponibili con il loro uso più efficiente; assicurare sviluppo e benessere sostenibile; distribuirlo a tutti. Possiamo riconoscere che questi tre compiti non sono stati realizzati con successo. Perché? Perché non hanno avuto un vero fine, un vero senso superiore, non hanno avuto l'uomo, la persona, come riferimento vero, anzi si direbbe che sia stato l'uomo sussidiario ad altri progetti. Chi ha fallito principalmente è stato perciò il tentativo di produrre uno sviluppo economico forzato, consumistico e a debito che ha provocato spreco di risorse, sviluppo illusorio (con quel che ha comportato sui valori borsistici) e conseguente distruzione di ricchezza, anzichè distribuzione della stessa.
La denatalità a partire dagli anni ‘70
E tutto ciò per compensare uno sviluppo insufficiente delle nascite nel mondo occidentale iniziato a metà anni 70 (con differenze fra Europa e Usa), insufficiente a garantire la crescita necessaria alle ambizioni politiche e il benessere preteso. Sviluppo delle (non)nascite influenzato dalle dottrine neomalthusiane, ormai divenute "dogmi non negoziabili", ma che hanno concorso a privare le scelte economiche di un vero "fine" costringendole a un fine meramente egoistico. Poi gli strumenti usati per tentare di compensare tale sviluppo insufficiente saranno anche stati mal scelti e gestiti, ma non sono stati loro l'origine vera della crisi.
La crescita dei costi fissi e l’invecchiamento della società
Il mercato funziona se l'economia è reale con risorse scarse, se le risorse sono solo finanziarie e "creative" (illimitate), esso produce solo carta... Ma la colpa non è del mercato. Se lo sviluppo della popolazione non è sufficiente a far crescere Pil ambiziosi necessari ad assorbire budget "impegnativi" (quali quelli Usa), si genera conseguentemente maggior crescita di costi fissi (sociali: pensioni, sanità...) legati all'invecchiamento della struttura della società. Ciò non permette anzitutto la riduzione delle tasse, con quel che ne consegue sugli investimenti e consumi. In compenso ciò diminuisce il tasso di crescita del risparmio e conseguentemente degli asset finanziari disponibili sul mercato per esser intermediati e investiti, conseguentemente infine il loro costo.
L’economia senza morale rende l’uomo un mezzo
Essere antimalthusiano è quasi una forma di negazionismo, richiamare l'esigenza di "valori morali " in economia, dopo Keynes, è diventato improponibile, l'economia deve avere la sua autonomia morale. Bene, ma allora perché prendersela con finanzieri e banchieri che non hanno avuto senso morale, se l'economia non deve averlo? Io invece credo che l'economia sia un mezzo che senza un fine fatichi ad esser produttiva realmente. Credo non possa avere la sua autonomia morale altrimenti diventa lei fine e l'uomo mezzo, a lei sussidiario, strumento di consumo per sostenere esigenze di crescita economica ambiziosa, come è affettivamente avvenuto.
Dimenticando l’uomo l’economia ha sprecato risorse e le ha mal distribuite
Parafrasando la legge di Gresham, la morale cattiva ha scacciato quella buona creando un sistema che ha trasformato l'uomo facendogli sacrificare troppi valori, taluni in modo innaturale, per lo sviluppo economico. Riuscire a invertire questa tendenza nei fatti, e non solo nelle parole, non sarà impresa facile. Dimenticando l'uomo, l'economia ha fallito il suo compito: le risorse sono state sprecate, lo sviluppo è stato illusorio, la distribuzione della ricchezza solo opportunistica. Rimettersi a fare figli è tardi per riavviare lo sviluppo a breve (solo con effetti a lungo), sostenere lo sviluppo dei paesi poveri con la nostra capacità produttiva e fare così una good bank per equilibrare la bad bank è un progetto ambizioso ma troppo complesso, altruistico e a lungo termine per essere ascoltato (ci crede solo Gordon Brown). Non resta che ridimensionare le nostre aspettative, sempreché alle prossime assemblee societarie i nuovi azionisti di riferimento concordino con il nostro modello di benessere...
«Il Sole 24 Ore» del 19 maggio 2009

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