31 luglio 2009

"Aborto fai da te"

"Si torna ad abbandonare le donne a loro stesse", denuncia la teodem Paola Binetti
Di Giacomo Galeazzi
Medici cattolici: «Dall'Agenzia italiana del farmaco ci attendevamo maggior prudenza»
«Non ne farei una questione di scomunica: non è il modo che cambia la sostanza e l’aborto è sempre sbagliato per un cattolico. Qui si sta andando verso l’aborto fai da te, l’aborto bricolage, che restituisce le donne alla loro solitudine. Si sta riportando l’aborto a una condizione di clandestinità, non legale, ma psicologica, sociale che riconsegna le donne alla solitudine. La casa farmaceutica che produce questa pillola punta alla vendita diretta nelle farmacie». Lo dice la senatrice Pd Paola Binetti, in vista dell’imminente commercializzazione in Italia della pillola Ru486. «Stiamo uscendo da una situazione in cui l’aborto chirurgico è diventato una sorta di aborto sicuro per entrare in un’altra condizione, quella dell’aborto chimico. - denuncia Binetti ad Affaritaliani.it- in cui la sicurezza sembra diventata un optional. Questo tipo di somministrazione prevede che debba avvenire entro la settima settimana, termine al di sotto di quello previsto dall 194. Se però questo termine viene superato si rende necessario un raschiamento e un intervento chirurgico successivo».«La soppressione dell’embrione di fatto è la soppressione di una vita umana: che ha dignità e valore dal concepimento alla fine. E il fatto che assumere una pillola possa essere meno traumatico per una donna non cambia la sostanza: sempre aborto è». Lo afferma mons. Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia della Vita che commenta l’autorizzazione della RU486 sul sito del quotidiano cattolico Avvenire. «Si tratta a tutti gli effetti di una tecnica abortivà e quindi è ovvio che le conseguenze canoniche siano le stesse previste per l’aborto chirurgico», ricorda l’arcivescovo sottolinenando la necessità di «formare la coscienza delle persone, aiutare l’educazione dei giovani, collaborare con la famiglia, la scuola e le istituzioni affinchè le nuove generazioni comprendano il valore fondamentale della vita e quindi il valore dell’affettività, della sessualità e dell’amore nel loro giusto contesto, e non come un capriccio«. Sugli aspetti più teconici sono affrontati sul sito di Avvenire da mons. Elio Sgreccia, presidente emerito del dicastero, il quale ha auspicato »un intervento da parte del governo e dei ministri competenti« a tutela della vita delle madri, perchè «contrariamente a quello che si dice non riduce affatto nè il dolore nè la sofferenza per la donna così come non è vero che non ci sia rischio di vita, come dimostrano le 29 vittime attestate». Si tratta, ha aggiunto, di «una seconda corsia per praticare l’aborto di cui non ci sarebbe bisogno: gli aborti - ha aggiunto - sono già troppi mentre i figli sono pochi e la pillola abortiva grava non solo sulla salute delle donne ma sull’intera società e il suo sviluppo». Il sito del quotidiano cattolico ricorda infine »la posizione della Cei». «Un chiaro no alla pillola abortiva era stato ribadito con forza - scrive - anche dai vescovi nel Consiglio episcopale permanente del gennaio scorso, quando il tema fu sollevato dal presidente, card. Angelo Bagnasco, proprio in apertura dei lavori«. L’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII «è in lutto per la morte provocata di 121.000 bambini/e attraverso l’aborto procurato ed è fortemente preoccupata per le loro mamme che pur avendolo formalmente richiesto l’hanno subito». Lo dicono il responsabile generale dell’Associazione, Giovanni Paolo Ramonda, e l’animatore generale del Servizio maternità difficile, Enrico Masini, che commentano poi l’autorizzazione all’uso della pillola RU486, affermando che « questo permetterà la diffusione capillare del primo veleno per bambini, relegando ancor di più mamme e bambini nella solitudine, nella violenza, nell’inganno e nella morte. Come Comunità - aggiungono - vigileremo ora perchè nessuna casa farmaceutica accetti di distribuire questo prodotto agli ospedali». «Sempre più assistiamo ad induzione e costrizione nelle mamme che incontriamo in procinto di abortire», proseguono i vertici della comunità. «Ne è la prova anche il numero sempre maggiore di extracomunitarie che abortiscono, in percentuale molto superiore alle italiane. Tuttavia i dati resi noti l’altro ieri indicano che in Italia per la prima volta dal 1979 i bambini uccisi con l’aborto in un anno sono meno di 130.000. Questo calo non deriva dalla Legge 194, che non ha in sè alcun meccanismo per far ridurre gli aborti. È invece merito di una cultura della vita che in questi ultimi anni - attraverso manifestazioni, campagne, film, pronunciamenti autorevoli - sempre più si sta diffondendo nel nostro Paese facendo prendere coscienza che il bambino nel grembo e la sua mamma non vanno oppressi ma sostenuti e rispettati. I medici, coloro che più dovrebbero tutelare la salute e la vita di questi piccoli, dimostrano oggi di riconoscerne sempre più la dignità dichiarandosi obiettori di coscienza. Purtroppo per aggirare questo fatto l’Aifa ha autorizzato l’uso della RU486».
«La Stampa» del 31 luglio 2009

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