24 novembre 2008

Le Idi di Manfredi: corsa contro il tempo per salvare Cesare

L’archeologo e scrittore ci riporta nella Roma del 44 a.C., una settimana prima dell’assassinio
Di Ranieri Polese
Tra molti fatti e persone reali, alcuni sono inventati, come i due soldati fedeli al dittatore e il precoce amore di Antonio e Cleopatra

La fine è nota. Cesare, trafitto dai colpi (23) dei congiurati, muore sotto la statua di Pompeo. È il 15 marzo del 44 a.C. Tutti i tentativi di convincerlo a non recarsi in Senato quel giorno sono falliti. Casca, Cassio, Bruto e gli altri cospiratori portano a termine il loro complotto, a nulla sono valsi i sogni premonitori della moglie Calpurnia, la profezia dell’indovino etrusco («guardati dalle Idi di marzo»), la denuncia della congiura scritta nella pergamena del greco Artemidoro che Cesare però non riuscirà a leggere. «Per quanti secoli ancora questa nostra scena solenne sarà recitata da popoli ancora non nati, in lingue non ancora conosciute?»: profetico, il pallido Cassio di Shakespeare (Giulio Cesare, atto III, scena I), s’immagina già, davanti al corpo del dittatore, le infinite riprese di quell’evento epocale. E innumerevoli infatti sono i drammi, le opere, i film dedicati a Cesare. Così i romanzi, fra cui Le Idi di marzo dell’americano Thornton Wilder (Sellerio) e, con lo stesso titolo, il volume dell’australiana Colleen McCullough che conclude la serie dedicata all’ultimo secolo della Roma repubblicana (Rizzoli), mentre è da poco in libreria Ventitré colpi di pugnale. Diario segreto degli ultimi giorni di Giulio Cesare del latinista Luca Canali (Piemme). Molte anche le biografie romanzate, come quelle di Max Gallo e Antonio Spinosa (entrambi Oscar Mondadori) o la tetralogia Imperator (Piemme) dell’inglese Conn Iggulden. Sulla figura di Cesare, recentemente, il filologo Luciano Canfora ha pubblicato Giulio Cesare il dittatore democratico (Laterza) che coniuga una rigorosissima analisi delle fonti con un racconto affascinante anche per i non esperti di ricerche di storia antica. Ora, a cedere alla tentazione di narrare una volta ancora «questa scena solenne» è Valerio Massimo Manfredi, archeologo, storico, autore di fortunatissimi romanzi venduti in tutto il mondo (la trilogia di Aléxandros, L'ultima legione, tutti Mondadori) nonché conduttore di programmi tv come Stargate e Impero. E lo fa con un romanzo, Idi di marzo (Mondadori), che adotta un procedimento cinematografico, una sorta di conto alla rovescia, in un progressivo avvicinamento alla data fatale. Si parte dal 7 di marzo e, giorno dopo giorno, ora dopo ora, si va verso il giorno 15, le Idi appunto. I personaggi principali ci sono tutti: Cesare, Calpurnia, Lepido, Antonio, il medico Antistio, Artemidoro. E ci sono, ovviamente, Bruto, Cassio, Casca e gli altri congiurati; c’è Cicerone che se ne sta in disparte, pronto a entrare in azione una volta che il dittatore sia stato eliminato. A dare movimento e suspense al racconto, Manfredi usa due personaggi d’invenzione, due soldati fedelissimi. Uno, Silio Salvidieno, segue Cesare come un’ombra anche se non riuscirà a proteggerlo dalle pugnalate; l’altro, Publio Sestio detto il Bastone (è ispirato a un centurione valoroso di cui Cesare tesse le lodi nel De Bello Gallico), a Modena, scopre che si sta preparando l’attentato e si mette in viaggio per raggiungere Roma. Sarà un viaggio colmo di difficoltà e di insidie (l’informatore ha dato la soffiata anche agli amici dei congiurati), una corsa vana contro il tempo. Se Cesare, nel racconto di Manfredi, è - nel bene e nel male - un personaggio molto più grande di tutti i suoi vicini e avversari, i congiurati sono politicamente sprovveduti, credono di restaurare la libertà uccidendo il tiranno ma non sono minimamente preparati alle conseguenze del loro gesto. Quando, a cadavere ancora caldo, i senatori fuggono e la plebe comincia a protestare, i loro progetti cadono miseramente. Più spessore, invece, ha il personaggio di Marco Antonio, ambiguo, ambizioso, irruento eppure calcolatore. È noto che Antonio era al corrente, poco tempo prima, di una congiura contro Cesare, ma non disse nulla. Poi c’è l’episodio - siamo nel 44 - dei Lupercali, la festa in cui proprio lui cerca di porre sul capo di Cesare la corona di re. Che Cesare rifiuta. Perché lo ha fatto? Infine - ed è un’aggiunta romanzesca - Manfredi ci mostra Antonio già innamorato di Cleopatra, la regina d’Egitto che aveva dato un figlio a Cesare e che dal 46 risiedeva a Roma. Antonio è il solo che dopo l’uccisione di Cesare sa cogliere l’occasione, convince Bruto a concedere funerali solenni e a fargli pronunciare un discorso. E quella cerimonia e quel discorso muteranno completamente il corso degli eventi. Ritmato dall’affannoso viaggio del centurione Publio Sestio, il romanzo di Manfredi ci racconta uno dei momenti in cui la storia, giunta a una strettoia apparentemente senza sbocco, riprende il cammino in modo imprevisto e ineluttabile. Verso un esito nuovo da cui ambizioni, calcoli, sogni, ideali finiranno per venire travolti.
«Corriere della Sera» del 21 novembre 2008

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