13 marzo 2008

Le nuove vite del racconto breve

Stephen King: è un genere che ha la potenza di un meteorite. E in Italia si moltiplicano le raccolte
di Cristina Taglietti
Narrativa pura o «scritture ibride» che fondono saggio e inchiesta
«Scrivere racconti brevi è ormai un’arte perduta. Siamo soli là fuori». L’allarme l’ha lanciato, alla sua maniera, Stephen King, nell’introduzione all’edizione 2007 di The best American Short Stories, uscita negli Stati Uniti. E per dimostrare che a un genere che «ha ancora molto da offrire perché ha la potenza di una grossa meteora in arrivo» ci crede davvero, King ha pubblicato subito due racconti, uno su The Paris Review e l’altro su Playboy. Non solo: in questi mesi sta curando una nuova raccolta di brevi horror e ha quasi ultimato un racconto lungo intitolato A Very Tight Place. Stephen King dunque dà il buon esempio. Il racconto è vivo, è la sua tesi, ma non si può dire che stia anche bene. In un mercato letterario dove sembrano andare di moda i romanzi fluviali, «gli autori - ha sostenuto King sul New York Times - , scrivono racconti solo per farsi leggere da altri scrittori o da aspiranti tali, cioè dal pubblico che compra le riviste letterarie». E in Italia? «In Italia - ha scritto Andrea Di Consoli su l’Unità - ci si vergogna ancora un po’della misura breve (residuo di una cultura "virile"), gli editori storcono il muso, i lettori hanno la sensazione di comprare poca "roba"», non rendendosi conto che «spesso i romanzi non sono altro che dilatazioni artigianali e volontaristiche di nuclei narrativi brevi, cioè di racconti di poche pagine». Eppure il genere sembra mostrare una certa vitalità: dopo i «racconti di solitudini» di Stefano Benni (La grammatica di Dio), i Dieci di Andrej Longo, proprio in questi giorni esce la raccolta di Antonio Debenedetti In due e, per il quarto anno, è in arrivo il Best off di Minimum fax, dedicato alla scrittura femminile. «In Italia il genere ha avuto una vitalità straordinaria - dice il critico Massimo Onofri -. Pensiamo a Moravia, Soldati, Piero Chiara (di cui è appena uscito un Meridiano). Anche Sciascia, Brancati e Cassola ci hanno lasciato pagine memorabili nella forma breve. Insomma tutto quel Novecento con cui Debenedetti dialoga continuamente, è ricco di racconti». Tuttavia oggi la forma breve sembra legata a un’idea di palestra per esordienti (sulla scia di Pier Vittorio Tondelli e dei suoi Under 25), da abbandonare dopo aver messo in mostra il proprio talento narrativo: «Nella camera iperbarica del racconto - dice Onofri - il giovane dà il meglio del suo talento. Ma non dimentichiamo che anche in autori maturi come Cerami, Tabucchi, Vassalli, Cordelli, esiste una produzione in forma breve che non è di secondo piano». Secondo Mario Desiati, scrittore, redattore della rivista Nuovi Argomenti, curatore, lo scorso anno, di Voi siete qui, edizione 2007 dell’antologia di Minimum fax, il racconto è molto praticato dai giovanissimi, «quelli nati negli anni Ottanta, che leggono Carver e conoscono i nuovi autori americani. Ma bisogna dire che se tanti sanno scrivere un ottimo racconto, diverso è trovare la coerenza per un’intera raccolta». Chi non ama molto il breve sono gli editori: «Il romanzone è più facile da collocare sullo scaffale, è più semplice promuoverlo, "venderlo" ai media, anche se uno dei casi letterari più recenti, quello di Valeria Parrella, è nato proprio con i racconti di Mosca più balena» dice Desiati. Minimum fax - non a caso editore italiano di Raymond Carver - il breve lo ha sempre accolto e diffuso. L’ultimo prodotto è l’antologia Best off 2008 curata da Giuseppe Genna. Si intitola Tu sei lei ed è dedicata alla scrittura femminile. Otto donne (Babsi Jones, Helena Janeckzek, Carola Susani, Veronica Raimo, Donata Feroldi, Federica Manzon, Esther G., Alina Marazzi) sono state chiamate a esprimersi su corpo, sesso e identità. Genna ha rovesciato lo statuto delle precedenti edizioni che raccoglievano il meglio di ciò che veniva prodotto in rete e sulle tradizionali riviste letterarie, commissionando testi ex novo perché, sostiene, «è l’ex novo che aggredisce la carta e va anche ad aggredire la rete. È un gesto politico: poiché è in rete che sta formandosi oggi ciò che sarà presto centrale nella vita politica della comunità che viene». Il futuro del racconto a Desiati sembra roseo: «Sta prendendo corpo una scrittura ibrida, un misto di narrazione, saggio, inchiesta giornalistica che si presta particolarmente a una raccolta frammentaria, di brevi testi». E dall’online viene anche la sfida all’editoria tradizionale, proprio sulla forma breve: «Il genere del racconto è quello che meglio si presta alla velocità dettata dalla Rete - dice Onofri -. Il problema è saperla coniugare con l’intensità, saper nascondere, come diceva Hofmannsthal, la profondità in superficie».
«Corriere della Sera» del 23 gennaio 2008

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