18 luglio 2007

Svestite e ammiccanti in tv ma sempre meno libere nel lavoro e nella politica

L’articolo del Financial Times sull’immagine delle donne nei media italiani va elogiato
di Dacia Maraini
Ho scritto tante volte, anche in questa rubrica, sulla convenzionalità del linguaggio seduttivo del corpo femminile, mutuato dalla pubblicità ed entrato con tanta prepotenza nelle abitudini del Paese, soprattutto attraverso la televisione. Ormai anche in politica molte donne si presentano in trasmissioni di confronto e discussione con gonne che arrivano alle mutande e scollature ombelicali. Sembrano godere nel dire: guardatemi, sono intelligente, bella e sexy! Senza rendersi conto che quel linguaggio stereotipato messo in moto con il corpo seduttivo, copre del tutto e rende futile il linguaggio del pensiero e delle parole. In televisione è diventata una regola. Immagino che venga imposta come prassi: che si tratti dell’intervista a un medico sulle cure dell’Aids, o che si annunci il clima di domani, che si introduca un talk show nel tardo pomeriggio, o che si presenti un gioco a premi, donne certamente capaci e intelligenti, si sentono in dovere di presentarsi svestite e ammiccanti. È talmente comico vedere nello stesso programma uomini vestiti di tutto punto con camicia, cravatta e giacca, accanto a figurine in sottoveste sempre più succinte che viene da chiedersi: ma ci saranno due climi diversi in quel programma? Come è possibile che lui, tutto vestito, non senta caldo se lei se ne sta seminuda, oppure è lei che soffre il gelo mentre lui se ne sta al calduccio? Una persona umana, uomo o donna che sia, è fatta di tante cose: un corpo più o meno piacente, certo, ma anche una voce che sappia esprimere idee, una capacità dialettica, uno spessore culturale, uno sguardo intelligente, una gestualità che rivela il carattere. Tutto questo accompagna la presenza di un corpo maschile pensante sullo schermo. Di fronte a un corpo femminile invece è come se una mano brutale spingesse indietro tutto ciò che non è esteriore: quasi che un pensiero originale, un carattere vivo, delle idee personali, una cultura profonda mettessero in pericolo l’equilibrio della trasmissione. Quello che conta è solo la capacità di attrarre lo sguardo e il desiderio maschili. All’inizio probabilmente lo scopo era di vendere prodotti. Ma ormai è diventata una abitudine estesa che comporta voyeurismo e narcisismo. Le donne, salvo poche con un forte senso della dignità personale, si spogliano sempre di più, ritenendo che questa sia la regola del grande mercato mediatico. Se non si adeguano, saranno escluse. L’immagine che si dà al pubblico è penosa e mortificante. Questo lo diciamo in tante e posso garantire, lo pensano in moltissime. Ma sembra che il pensiero delle donne sulle donne sia di per sé poco credibile. Per questo sono contenta di sentire la sorpresa e l’indignazione di Adrian Michaels, un giornalista inglese del Financial Times, che ha parlato di una esposizione francamente eccessiva di corpi femminili, ormai prevalente in tutti i campi del vivere quotidiano. La sua domanda è: ma perché le donne italiane non protestano? C’è in loro un eccesso di timidezza? O è paura di passare per moraliste? Certo molte tacciono per quieto vivere, per non «disturbare il manovratore». L’aria che tira è quella e si preferisce ironizzare anziché stigmatizzare. Ma è vero, come dice Michaels, che ad una maggiore libertà di esibizione seduttiva, corrisponde una riduzione delle vere libertà femminili: la libertà di lavoro, di rappresentanza, di promozione professionale, di incarichi di prestigio. Più ci si propone come oggetti di desiderio e meno si conta sul piano professionale e politico. Basterà questo rimprovero straniero a creare una nuova consapevolezza? La risposta della televisione è già pronta: stanno alacremente preparando una serie di trasmissioni costosissime e melense sulla nuova Miss Italia.
«Corriere della sera» del 17 luglio 2007

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