30 luglio 2007

La vera storia del «Pasticciaccio»

Il capolavoro di Carlo Emilio Gadda cinquant’anni dopo: così cambia la scena del crimine
Di Paolo Di Stefano
Non fu il delitto Stern a ispirare lo scrittore bensì il caso Barruca del 19 ottobre 1945: madre e figlio sgozzati
Il 29 giugno 1973, in un articolo apparso sul Corriere della Sera, Giorgio Zampa ricordò come nacque il Pasticciaccio. Era il 1946: Zampa era allora segretario del Mondo a Firenze e suggerì al direttore Bonsanti di affidare al suo amico Carlo Emilio Gadda un commento su un efferato omicidio di cui riferiva proprio in quei giorni il quotidiano fiorentino Risorgimento liberale. Il direttore accolse la proposta e Gadda accettò l’incarico forse più per cortesia che per autentico interesse. L’Ingegnere passò di rinvio in rinvio, finché dovette ammettere che in realtà la cosa gli era sfuggita di mano e che le cartelle erano ormai una cinquantina... L’articolo si era trasformato in un lungo racconto che lo stesso Bonsanti avrebbe volentieri pubblicato non più sul Mondo ma sulla rivista Letteratura a puntate. Nel tornare su quel ricordo, Zampa corresse alcuni particolari. Ma rimase nei più la convinzione che il fattaccio che ispirò Gadda fosse il famoso delitto Stern, commesso in via Gioberti a Roma il 24 febbraio 1946. Ne furono vittime due anziane sorelle, trovate in casa con il cranio massacrato probabilmente da un’ex cameriera e da una sua amica che avevano loro sottratto gioielli e valori. Ci sono però evidenti incongruenze cronologiche, poiché è stato dimostrato che il romanzo fu avviato nell’ottobre del ‘45 e si sa che il primo capitolo del Pasticciaccio apparve sul numero 26 del bimestrale Letteratura stampato puntualmente verso fine febbraio (più o meno in contemporanea con il delitto Stern). Eppure la critica si è ostinata per anni a individuare nel caso Stern l’antefatto del capolavoro. Neppure sul piano della dinamica del crimine, del resto, le cose coincidono. Ora che cade il cinquantenario del Pasticciaccio (uscito in volume, dopo lungo travaglio, alla fine del luglio 1957) e ci si appresta a celebrarlo con un grande convegno romano, un paio di studiosi tornano sulla questione per vederci più chiaro. Sono Franco Contorbia, professore di Letteratura italiana a Genova, e Giorgio Panizza, ricercatore di Filologia a Pavia, che per vie diverse sono arrivati, più o meno, alla stessa conclusione. Vediamola. Siamo sempre a Roma, ma in Piazza Vittorio 70, nei pressi di via Merulana. È la mattina del 19 ottobre 1945 quando le sorelle Lidia e Franca Cataldi con un coltello da macellaio sgozzano nel suo appartamento non solo la trentaquattrenne Angela Barruca in Belli ma anche il suo bambino Gianni di due anni e mezzo. I giornali, che immediatamente si scatenano sul caso, racconteranno che i corpi senza vita sono stati trovati dal cugino della donna. E che le due giovani assassine, sfollate da Velletri a Colleferro, avevano una certa familiarità con la vittima e le avevano chiesto sostegno a più riprese, ottenendo regali e favori. Le cose si erano inasprite quando la Barruca aveva rifiutato di cedere a Lidia e Franca (minorenne) due pellicce promesse dalle ragazze a una conoscente. Dopo il duplice assassinio, le Cataldi erano infatti fuggite con due volpi argentate. «Probabilmente - fa notare Contorbia - Zampa consegnò all’amico i ritagli di Risorgimento liberale con le prime contraddittorie versioni del delitto. Ma qualche mese prima rispetto al suo ricordo. Poi lo scrittore continuò a documentarsi per conto proprio. Non va dimenticato che Gadda, sin dagli anni Venti, era un lettore avidissimo di periodici di cronaca nera. Leggeva di sicuro Crimen e Cronaca nera, dove al caso Barruca furono dedicate pagine e pagine. Inoltre, a Firenze frequentando la sede del Mondo a Palazzo Corsini aveva a disposizione tutta la stampa quotidiana e periodica, dove l’omicidio ebbe un’eco straordinaria a livello nazionale». Il caso fu certo sconvolgente per l’opinione pubblica, pur considerando che la guerra appena finita trascinava con sé brutalità d’ogni genere offrendo ricchi e variegati materiali ai cronisti dell’Italia liberata, specie a Roma crocevia della borsa nera. A differenza dell’omicidio Stern, le date dell’episodio Barruca sono perfettamente compatibili con la genesi del capolavoro. Ma soprattutto gli studiosi riscontrano elementi molto forti di vicinanza quanto alla meccanica dell’eccidio, alla scena del delitto, ai tratti dei personaggi che vi prendono parte, alle descrizioni e ai racconti che ne fanno i giornali. I primi elementi che saltano all’occhio con evidenza in parallelo all’opera gaddiana (che, lo ricordiamo, colloca la vicenda nel ‘27) sono due: anche qui si tratta di sgozzamento (a Liliana Balducci, la vittima del Pasticciaccio, come alla Barruca viene tagliata la gola), anche qui come nel romanzo a scoprire l’eccidio sarà un cugino della vittima capitato per caso nell’appartamento. Ma nei resoconti, in genere alquanto dettagliati al limite del voyeurismo, riscontriamo molte altre somiglianze con il libro: il corpo della vittima ritrovato supino e appoggiato al divano, i vestiti della donna tirati su, con gambe e mutande in vista; il sangue sparso per ogni dove e calpestato dalle stesse assassine; le macchie di sangue colato nel lavandino. Inoltre lo status: la povera Barruca, come la Balducci gaddiana, è una signora benestante compaesana delle omicide che la conoscevano da tempo, ma che a differenza di lei non hanno goduto di un matrimonio economicamente fortunato e sono costrette a muoversi tra la campagna e la capitale. Come fa notare Panizza, l’omicidio al femminile, una rarità per l’epoca, è un’altra coincidenza che non va sottovalutata. Si ricorderà che per l’investigatore Ciccio Ingravallo il primo indiziato è il bel cugino Giuliano Valdarena, «verga splendida della ceppaia» su cui probabilmente la stessa Liliana aveva posato gli occhi. Ma le tracce che portano a lui si riveleranno false. Pure il contesto abitativo delle vittime è analogo: così il lussuoso appartamento e la portineria dello stabile, oltre ai vicini curiosi (i «casigliani» del palazzo dell’oro). Ci sono poi, come sottolinea Contorbia, insinuazioni sull’onorabilità della vittima e su una ipotetica attrazione per il cugino: «Ma nella cronaca del processo Barruca emerge un garbuglio tipicamente gaddiano quando Livia fa credere di essere innamorata del marito della vittima». Simmetricamente ecco, nel romanzo, le allusioni di Virginia a una relazione con Remo Eleuterio, marito di Liliana. È vero che nella vicenda Barruca c’è un bambino che manca nel Pasticciaccio, almeno fisicamente. «Il bambino - dice Panizza - rende il delitto reale più odioso, ma non bisogna dimenticare che il tema della maternità mancata è centrale nel romanzo: il fatto che la Balducci non sia riuscita ad avere figli genera in lei non solo un rimpianto ma una vera patologia. Il surrogato del figlio mancato sono la nipote Virginia e la serva Assunta, le due protette "adottate" da Liliana, una delle quali sarà la sua assassina. Gadda non parla mai di famiglie felici, dunque nel suo racconto non può esistere un figlio, ma la figura di un bambino in assenza è un’idea motrice del libro». Un libro che, secondo Panizza, va letto come un racconto sulle cause del fascismo, «un’indagine sull’irrazionalità delle pulsioni umane che trovò in quell’episodio di cronaca una vicenda esemplare». La cronaca non aiuta tuttavia a chiarire l’annosa questione dell’omicida del Pasticciaccio, che Gadda, come si sa, ha lasciato irrisolta. Anche se nel trattamento cinematografico realizzato dallo scrittore (che non si tradusse mai in un film: al film di Germi, infatti, Gadda non collaborò), l’assassina risulterà essere inequivocabilmente Virginia, la nipote «fascinatrice», dalla «pubertà facinorosa», la cui sensualità arriva a perturbare la stessa Liliana. Messo da parte il delitto Stern, Contorbia non esclude che Gadda abbia voluto contaminare il caso Barruca con un precedente episodio di cronaca nera, accaduto nel giugno ‘45 sempre a Roma: si tratta dell’affaire Tirone, un delitto per rapina con una vittima forse consensuale e con un omicida-corteggiatore aiutato da una banda di complici. Una matassa dalle ambigue coloriture politiche che certo non poteva lasciare indifferente la fantasia labirintica dell’Ingegnere.

1893 Gadda nasce a Milano. Muore a Roma nel ‘73
1957 Esce la prima edizione del Pasticciaccio
Il convegno organizzato da Andrea Cortellessa sul «Pasticciaccio» di Gadda si terrà il 3 e 4 ottobre al Teatro Palladium di Roma e a Frascati. Tra gli eventi anche una tavola rotonda sulle riduzioni del romanzo di Ronconi per il teatro, di Bertolucci per la tv e di Germi per il cinema

«Corriere della sera» del 26 luglio 2007

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