17 luglio 2007

Droga, epidemia trasversale che frigge cuore e cervello

Dati impressionanti nell'ultima relazione sul fenomeno
di Pino Ciociola
L'idea è seria: organizzare per tutti gli studenti medi italiani, un bel po’ di parlamentari e altrettanti operatori della comunicazione un soggiorno d’un paio di settimane in una comunità terapeutica e in un Sert: ventiquattr’ore su ventiquattro insieme ai ragazzi che vi sono ospitati, mangiando, dormendo e parlando con loro. Nessuno choc, anzi si capirebbero tante nuove, belle cose. Perché la droga è faccenda seria e reale, non una fiction per riempire cinque o sei volte l’anno trasmissioni e pagine di giornale. Ed è ad ogni angolo o poco meno.
Eppure negli ultimi tempi si preferisce tenere la testa sotto la sabbia, mentre giovani e meno giovani continuano a friggersi cervello e cuore. «Aumenta l’uso di cannabis» e «cresce quello di cocaina ed eroina» – spiega (anche) l’ultima Relazione annuale al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze – ma "la droga" resta questione marginale. Anzi, ideologica: molte chiacchiere (parziali) e pochi fatti, con questi ultimi interamente sulle spalle d’un manipolo di generosi. Nel frattempo la maggior parte di chi tira appena la testa fuori dalla sabbia lo fa – ad esempio – per annunciare che le canne farebbero quasi bene (bollando come false e reazionarie le asserzioni scientifiche che dimostrano esattamente il contrario).
A proposito, sempre quell’ultima Relazione annuale sottolinea chiaro che se «aumenta o resta stabile la percezione del rischio legato all’uso di cocaina ed eroina, si evidenziano significative diminuzioni per quanto attiene i cannabinoidi». Sarebbe a dire che appunto il messaggio sta passando: le canne quasi fanno bene. Intanto, visto che le droghe sono un problema risibile, da una parte i Sert hanno sempre meno personale e dall’altra le comunità terapeutiche chiudono perché non hanno i soldi per sopravvivere. Così quel manipolo di generosi può via via godersi la meritata, niente affatto voluta, pensione. Così chi sballa – cioè i nostri figli – rimane solo quanto nemmeno un cane: come se affogando chie desse aiuto e attorno a sé trovasse deserto a perdita d’occhio. Nessuno, fra l’altro, s’illuda che i propri ragazzi siano esclusi da questa roulette russa, crogiolandosi nel classico «tanto è impossibile che succeda ai miei». Una volta, molti anni fa, a "rischio" erano quasi esclusivamente gli emarginati, i reietti, i disperati: ora chiedono aiuto single e sposati, chi ha poca cultura e chi ne ha tanta, poveri e ricchi, manager e impiegati, giovanissimi e quarantenni.
Del resto le droghe sono a portata di mano: chiedete dappertutto e a qualsiasi "adolescente" da 14 a 35 anni se gli occorrono più d’un paio d’ore per procurarsi qualsiasi genere di pasticca o polverina. E se a qualcuno non facesse né caldo né freddo che vigorosi giovanotti si strappino l’anima dal corpo, allora pensi più prosaicamente che «la stima dei costi sociali legati all’uso di sostanze illegali è stata nel 2006 di dieci miliardi e cinquecentomila euro», cifra tanto grossa che impressiona soltanto scriverla. Se neppure questo poi bastasse, aggiunga che «nel 2006 continua il lieve incremento annuale, iniziato nel 2003, del numero di denunce per crimini "droga correlati"». Non lasciatevi incantare, allora: la droga uccide direttamente e indirettamente (come in tanti, tantissimi incidenti stradali o alcuni suicidi...). E se non uccide, frigge cervello e cuore. Quando ci si renderà conto che è così – davvero e per tanti – potremo forse anche insegnare a molti ragazzi come si cura, dopo averla riacciuffata, la propria anima.
«Avvenire» del 12 luglio 2007

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