04 aprile 2007

Quando lo scrittore diventa premio Nobel (del pensiero doppio)

di Pierluigi Battista
Il doppio pensiero, la sorprendente patologia del giudizio clinicamente etichettabile come schizo-ideologia, è qualcosa di più potente e indecifrabile della semplice malafede già acutamente denunciata a suo tempo da Nicola Chiaromonte. È uno straordinario congegno mentale (un’emiplegia intellettuale, secondo la definizione di Jorge Semprun) che permette di sostenere simultaneamente due tesi opposte senza mai sentirsi in contraddizione, mai avvertire il sapore dell’incoerenza o i morsi dell’ipocrisia. Il doppio pensiero è il pensiero disinvolto che non percepisce il dolore del contrasto, l’oltraggio della confutazione logica. Un giorno è così, l’indomani è il suo contrario. Punto e basta. Su Libero Martino Cervo ha illustrato le peripezie di un premio Nobel del pensiero doppio: José Saramago. Il pretesto è la pubblicazione di un blasfemo libro fotografico in Spagna (finanziato dall’amministrazione pubblica) in cui si raffigura, tra l’altro, un Gesù che viene masturbato da una donna vicina a Maria, una Vergine che tiene in grembo, anziché il Bambino, un maiale mentre una ragazza le accarezza il seno, e un Nazareno completamente nudo sulla croce «mentre sghignazza in pose lascive». Qualcuno, in Spagna, ha sommessamente protestato, senza peraltro assaltare ambasciate e dare alle fiamme bandiere e fantocci, eppure Saramago si è molto indignato, non per il libro ma per le proteste: «Crediamo fermamente che un valore fondamentale delle società democratiche, come quello della libertà di espressione e di creazione, non possa essere sottomesso o soggiogato a regole morali». E ancora: «Dobbiamo rifiutare categoricamente questo uso interessato, che pretende solamente di reprimere, controllare, giudicare cittadine e cittadini nell’esercizio dei loro diritti». Saramago alza la sua voce contro i tentativi di censura e di repressione dell’arte, della creatività estetica che non può certo fermarsi davanti ai simboli più cari della religione cristiana. Alza la voce adesso. Ma un anno fa, che diceva l’altro Saramago, quello che alberga nella metà opposta del doppio Saramago, del Saramago uno e bino? Un anno fa, quando la pubblicazione di alcune vignette satiriche comparse su un giornale danese fece infuriare le folle islamiche (stavolta con assalti di ambasciate e roghi di bandiere e fantocci), l’altro Saramago dichiarò pubblicamente: «quello che mi ha davvero spiazzato è l’irresponsabilità dell’autore o degli autori di quei disegni. Alcuni ritengono che la libertà di espressione sia un diritto assoluto. Ma la cruda realtà impone dei limiti». E ancora: «In una situazione come quella in cui viviamo, e conoscendo la suscettibilità che c’è intorno a questi temi, il buon senso ci suggerisce cosa fare. Una persona veramente responsabile, che si rendesse conto di come una vignetta possa essere come benzina sul fuoco, se la terrebbe per occasioni migliori». Un anno fa, l’appello alla responsabilità e il rifiuto della «libertà d’espressione» come valore assoluto. Un anno dopo, la rivendicazione dell’assolutezza della libertà d’espressione. Sempre con la stessa perentorietà oracolare, sempre con il tono di chi si sente depositario di una saggezza superiore: ma per sostenere due posizioni opposte e inconciliabili. L’apoteosi del pensiero doppio, appunto: il piegarsi spontaneo del pensiero alle sinuosità della convenienza ideologica, lo sdoppiamento naturale del ragionamento che avverte come un’intollerabile offesa il richiamo della coerenza. Basta guardarsi attorno, per constatare come siano folte (e trasversalmente distribuite) le schiere dei discepoli del pensiero doppio. Con José Saramago hanno trovato il loro infallibile portavoce.
«Corriere della sera» del 26 marzo 2007

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