24 aprile 2007

Non si può nascere parzialmente

Le incredibili obiezioni di Clinton e Obama allo stop della Corte suprema
di Giuliano Ferrara
In quello straordinario paese dominato da una visione terapeutica della nascita e della morte, in cui ogni anno un milione di esseri umani è abortito nell’oblio, quaranta milioni in tre decenni di negazionismo mortifero, la Corte suprema mercoledì ha messo al bando la più terribile forma di “infanticidio”. A definire così l’aborto a “nascita parziale” fu il democratico e neoconservatore Daniel Patrick Moynihan. In piena corrente positivista, Moynihan scioccò il paese con la descrizione di questa tecnica che ogni anno smembra duemila americani di sette-otto mesi di vita. “Il medico porta le gambe fuori dell’utero e provoca il parto. Poi effettua un’incisione alla base del cranio, attraverso cui fa passare la punta di un paio di forbici e un catetere, attraverso cui viene aspirato il cervello”. Il “senso” di questa barbarie anestetizzata, vietata in Italia dalla legge 194, è che il feto deve uscire morto dal ventre della madre. Trasformato per l’occasione in un mattatoio. Il Partito democratico non è più da tempo il partito del leggendario Moynihan. Barack Obama e Hillary Clinton hanno criticato la sentenza perché metterebbe a rischio la “salute” della donna. Dopo la morte di Terri Schiavo, un militante democratico disse: “Non possiamo essere il partito della morte”. E’ quello che rischiano di diventare.
Nel 1993 Clinton approvò un vasto finanziamento all’aborto. In oltre mille pagine di motivazioni, la parola non era mai usata, sostituita da “servizi per la donna incinta”. Contro l’aborto a nascita parziale il Congresso votò nel 1996 e nel 1997, ma incontrò il veto di Bill Clinton. Bush approvò il divieto nel 2003. Se quattro anni fa il Congresso pose per la prima volta un limite all’aborto di massa, mercoledì cinque supremi magistrati hanno riconosciuto, con le parole di Antonin Scalia, che la fine seriale di vite umane non è solo una “questione costituzionale”. Fu uno dei sei firmatari della Dichiarazione di Indipendenza, James Wilson, a spiegare che “la vita, dall’inizio alla fine, va protetta dalla legge”. Ronald Reagan, che introdusse il tema della sofferenza del non nato, bloccò i fondi alla ricerca sui feti abortiti e istituì il National sanctity of human life day, disse che “il futuro della nazione dipende dalla protezione degli innocenti”. Parole rievocate mercoledì da Bush. Parole ancora più antiche, scolpite nella Dichiarazione d’Indipendenza, pezzo di storia e antropologia moderna: la legge non deve oscurare la vita, deve proteggerla.
«Il Foglio» del 21 aprile 2007

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