10 marzo 2007

Famiglia in crisi

Dialogo con Andrea Zanotti, studioso di Diritto canonico. Come cambiano i legami nell’età post capitalistica
di Claudio Magris
La tecnica separa il sesso e la procreazione e cade il modello del matrimonio tradizionale
Non è pensando tanto ai Pacs o ai Dico quanto agli studiosi e agli studenti, che Andrea Zanotti - ordinario di Diritto canonico nella facoltà di Giurisprudenza a Bologna e presidente dell’Istituto trentino di cultura, autore fra l’altro di studi sul Concordato austriaco del 1855 e sulle manipolazioni genetiche e il diritto della Chiesa - pubblica ora per Giappichelli un testo incisivo, Il matrimonio canonico nell’età della tecnica, in cui cerca di cogliere la portata della scissione tra sessualità e procreazione introdotta dalla tecnica sulla struttura secolare del matrimonio - e del matrimonio cristiano in specie - e della famiglia che ne origina, dando pure un’interpretazione della narrazione religiosa che sostiene il matrimonio canonico, con una visione dei valori sostanzialmente cattolica che non interferisce nell’analisi dei fatti. Perché, gli chiedo, il matrimonio nell’età della tecnica? Si vuol dire che esso è un’istituzione «forte», caratteristica del mondo pretecnologico in cui fiorivano i sistemi chiusi e compatti, andati in crisi nell’epoca della tecnica con l’affermarsi di varie forme di pensiero debole, che hanno intaccato pure il matrimonio? Zanotti: Il matrimonio è un istituto forte, ben radicato nelle società arcaiche e nel mondo contadino. Il suo asse ricostruttivo gira attorno alla vocazione procreativa della sessualità che apre alla famiglia. Tutte le narrazioni religiose - soprattutto il cattolicesimo - hanno individuato l’incontro dell’uomo e della donna (e il mistero che esso racchiude) come uno dei punti nodali intorno al quale costruire la propria metafisica e la propria antropologia di riferimento. T. S. Eliot: «Il tempo delle stagioni e delle costellazioni/ Il tempo della mungitura e il tempo del raccolto/ Il tempo dell’accoppiamento dell’uomo e della donna/ E quello delle bestie. Piedi che s’alzano e cadono/ Mangiare e bere. Letame e morte». Oggi la scissione tra sessualità e procreazione, garantita dalla tecnica, pone in crisi quel modello, e le società post-capitalistiche incentivano, nel loro patto sociale, condotte sessuali non riproduttive. Tramonta, nella virtualità dei corpi, l’immagine potente dell’incarnazione: del sangue, della carne e dello sterco dove la vita origina e finisce: la «una sola carne» dell’uomo e della donna che innerva molte pagine del suo Alla cieca. Di qui la difficile sopravvivenza del matrimonio nell’età della tecnica. Magris: Si tratta di un processo liberatorio o di una decadenza da combattere? Zanotti: Il matrimonio e la famiglia non di rado sono state gabbie e prigioni, luoghi di passioni e conflitti: ma hanno rappresentato, oltre che il principio primo di organizzazione sociale, un baluardo formidabile contro le solitudini e le difficoltà della vita che ogni uomo sembra ormai affrontare da solo, come nei suoi Microcosmi. Il superamento di questa forma prima di organizzazione sociale apre ad una grande libertà di comportamenti soggettivi, ma contiene anche un senso di perdita, la percezione di un appiglio che manca. Magris: San Tommaso Moro, pensando all’amata prima moglie defunta e amando la seconda, si rammaricava che la morale e le convenienze non avessero permesso a loro di vivere felicemente insieme tutti e tre. Se cade l’idea base del matrimonio (la famiglia fondata sulla coppia eterosessuale) ed esso diviene la sanzione ufficiale di legami affettivi e sessuali, perché dovrebbe limitarsi a due soggetti e non venire esteso a gruppi più ampi di persone che si sentono legate? E perché, ci si potrebbe chiedere paradossalmente, una volta caduto il modello tradizionale di coppia, per adottare un bambino occorrerebbe essere legati da rapporti sessuali e non semplicemente essere persone affidabili che diano garanzia di allevare con impegno e amore il bambino, come i tre cowboys con il neonato nel famoso film Three Godfathers (in italiano In nome di Dio) con John Wayne? Zanotti: Qui si coglie la distanza ormai incolmabile tra le società post-capitalistiche e la tradizione della Chiesa: per le prime, se il matrimonio non poggia più sulla procreazione, perché deve essere eterosessuale e monogamico, tema assai frequentato in questi giorni di Pacs e di Dico, prime prove tecniche per definire i rapporti giuridico-affettivi nell’età della tecnica? Per la Chiesa, invece, il matrimonio è un sacramento che impegna un solo uomo ed una sola donna davanti a Dio, anche se il desiderio di Tommaso Moro (e forse di molti) riflette una generosità dell’affettività umana che spesso il rapporto monogamico - promessa d’amore ribadita giorno per giorno che termina solo con la morte - sacrifica. È, oggi, un patto eroico e probabilmente fuori corso. Al di fuori di questa prospettiva, c’è il problema dell’accoglienza e la possibilità di trasmettere valori importanti ad un bambino anche in convivenze che prescindono dall’esercizio della sessualità, come succede nel film che lei ha citato e che trova dei pendant nella letteratura religiosa popolare: Marcellino pane e vino, ad esempio. Magris: Da quando, come lei scrive, non pretende più di fissare, come all’epoca del Concilio di Trento, i «centimetri di penetrazione» nell’atto sessuale, il diritto canonico ha fatto indubbi progressi. Quali nuovi compiti e traguardi gli si pongono oggi? Zanotti: Pur in continuità con i fondamenti dogmatici e millenari della fede cristiana, si sono registrati cambiamenti di toni e di accenti, dopo la pagina conciliare, di non poco momento. La sessuofobia ecclesiastica discettava di consumazione del matrimonio in termini di centimetri e di vera penetratio: oggi lo sguardo è più discreto e, soprattutto, l’intonazione di fondo valorizza molto di più che non in passato il matrimonio come intima comunione di vita e d’amore tra le persone. Il fine della procreazione non è più sovraordinato agli altri, e si riconosce nel matrimonio una pluralità di fini che non si esauriscono nella funzione procreativa o nel contenimento della libidine. Ma questa prospettiva personalistica non arriva a sovvertire l’architettura del matrimonio canonico: che è e rimane indefettibilmente legata alla sua natura giuridico- sacramentale. Magris: Letteratura e diritto si sono spesso influenzati a vicenda. Quali spunti ha suggerito, anche indirettamente, la letteratura al diritto canonico? Zanotti: Il matrimonio ha costituito il modello normativo di riferimento per lunghi secoli, connotandosi così come la sede istituzionale dell’amore, che per sua stessa indole tutto è fuorché istituzionale; mentre il genio manzoniano coglie bene nei Promessi sposi proprio la tensione dell’amore umano a consolidarsi nella forma giuridica del matrimonio negato da don Abbondio. Ma, più in generale, la letteratura accoglie, nella sua dimensione di libertà, l’amore, quella preziosa essenza che dal matrimonio spesso svapora e che spinge gli uomini a trasgredire. L’adulterio e le altre sessualità proibite dal diritto diventano allora protagoniste: Paolo e Francesca, Tristano e Isotta, Lancillotto e Ginevra, il mondo delle sessualità discriminate impersonano così l’incarnazione ed il luogo elettivo dell’amore. Senza diritto (canonico e non) non ci sarebbe trasgressione: e senza trasgressione manca l’oggetto della letteratura.
Il saggio di Zanotti s’intitola «Il matrimonio canonico nell’età della tecnica» (Giappichelli, pagine 228, 22)
«Corriere della sera» del 6 marzo 2007

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