10 marzo 2007

Cina, la proprietà privata diventa un diritto per legge

La ratifica al Congresso del popolo la settimana prossima. Ecco il testo della riforma
Di Fabio Cavalera
Abolito formalmente l’ultimo tabù dell’ideologia maoista

«Per salvaguardare il sistema economico fondamentale dello Stato, mantenere l’ordine dell’economia, specificare l’appartenenza dei beni, valorizzare l’utilità dei beni, proteggere la proprietà e i proprietari, in base alla Costituzione, si è elaborata questa legge...». La rivoluzione liberista della Cina è al suo ultimo stadio. Da qui non si può più tornare indietro. Dopo anni di dibattiti e di scontri che hanno contrapposto in modo feroce l’ala riformista moderata e l’ala conservatrice, si apre con un preambolo di impatto politico la nuova disciplina «sulla proprietà nella Repubblica popolare». L’Assemblea nazionale del popolo, l’organo legislativo, sarà chiamata ad approvarla nella sessione annuale programmata per la prossima settimana. I suoi tenaci avversari hanno provato a bloccarla in tutte le maniere. E minacciano ora di rompere la consolidata prassi del voto unanime in riunione plenaria. Ma ormai il dado è tratto: la stragrande maggioranza dei tremila delegati è pronta ad alzare il braccio. Resta da vedere se il dissenso dei marxisti puri e duri si manifesterà esplicitamente come minacciato. O se resterà confinato all’interno del Partito. Restano memorabili e profetiche le parole pronunciate nel 1992 da Deng Xiaoping, il vero Timoniere della svolta, e da poco ricordate, in occasione del decennale della sua morte avvenuta il 19 febbraio 1997, da un giornale aperto e sensibile ai cambiamenti, il Southern Weekend: «Noi dobbiamo stare attenti alla destra, ma ciò che va assolutamente evitato è la sinistra». La storia dell’ex impero maoista è a uno dei suoi punti di svolta più importanti e contraddittori. Nominalmente il Dragone rimane ancorato all’ideologia del socialcomunismo, di fatto ne abbatte le fondamenta teoriche. L’unicità del regime collettivista è superata per sempre. E se i legislatori tentano di salvare le apparenze, introducendo la formula di «mercato socialista» come punto di equilibrio fra antica struttura economica e moderna globalizzazione, ciò che ne risulta è alla fine un patrimonio genetico nel quale sono trapiantate le cellule del sistema capitalistico. Gli articoli che compongono il primo capitolo - dall’articolo uno all’articolo otto - mettono i paletti legali di un nuovo ordine. «Lo Stato consolida l’economia di proprietà pubblica e incoraggia, appoggia e conduce lo sviluppo dell’economia di proprietà non pubblica. Lo Stato applica l’economia del mercato, garantendo l’equo status legale e il diritto di sviluppo di tutti i soggetti». La proprietà privata, azzerata dalla rivoluzione del 1949, viene riconosciuta e tutelata. La proprietà dei beni mobili e immobili è un diritto «legittimo, protetto dallo Stato», chi lo viola incorre nelle sanzioni civili e penali. Cinque capitoli, 249 articoli (che fino all’ultimo potranno subire ritocchi) ma i principi di fondo sono tracciati. È la prima legge sulla quale la Cina costruirà l’impianto normativo complessivo della sua economia riformata. In dirittura d’arrivo è pure la legislazione sulla tassazione alle imprese (unificata per quelle nazionali e straniere al 25 per cento) e in discussione sono sia la legge antimonopoli sia la legge di protezione dei lavoratori e dei sindacati. L’articolo 63 stabilisce che «i privati godono della proprietà sui redditi, sulle case, sulla terra, sugli oggetti di vita quotidiana, sugli strumenti del lavoro, sulle materie prime», l’articolo 64 riconosce il «diritto alle eredità», l’articolo 66 dichiara che «lo Stato, la collettività e i privati» hanno la facoltà di fondare «società a responsabilità limitata e società per azioni, o altri tipi di aziende». È un impianto che risente dello sforzo di mediazione compiuto fra le anime tradizionaliste vetero-maoiste e le anime postmaoiste ma che, nel complesso, delinea i confini di un ciclo del sistema economico non più lasciato all’anarchia, che cerca piuttosto di colmare il vuoto con regole certe e definite. Tre sono le tipologie di proprietà che in Cina avranno riconoscimento giuridico. La proprietà statale - un corpus di undici articoli elenca i beni inalienabili -, la proprietà collettiva - riconducibile ai villaggi e alle contee, gestita dai comitati locali -, la proprietà privata individuale. La confisca sarà esercitata soltanto in casi particolari e sui beni sarà possibile iscrivere ipoteca e pegno. La caratterizzazione generale della legge è sintetizzata dal titolo del settimanale controllato dal governo che spara trionfale in copertina «La nascita dei diritti di proprietà privata». E che apre il suo servizio interno con una citazione del filosofo Mencio. Il quale sentenziò 2.200 anni fa: «Il popolo può avere lunga vita soltanto sapendo che le proprietà private sono al sicuro». Quello dell’approvazione sarà un giorno che la Cina ricorderà. Come lo è il primo ottobre, Festa della Repubblica.
Dalla collettivizzazione alla svolta Il primo ottobre 1949 dalla Piazza Tienanmen a Pechino Mao Zedong proclama la fondazione della Repubblica popolare cinese. Il 20 settembre 1954 la I Assemblea nazionale del popolo approva la I Costituzione della Repubblica popolare cinese. Contro il regime collettivista, il Timoniere della «svolta» liberista sarà Deng Xiaoping, ostracizzato per aver appoggiato il «vento di destra» e poi reintegrato dal Congresso del 1977.
«Corriere della Sera» del 3 marzo 2007

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