13 febbraio 2007

Genesi: se Dio ha posto l’evoluzione all’inizio del mondo

Dopo gli interventi di Magris, Giorello e Ceruti, il rabbino Laras affronta il tema del creazionismo
di Giuseppe Laras *
Fra le domande che più hanno occupato e preoccupato l’uomo nell’ambito della sua riflessione sulla natura, la formazione dell’universo e la nascita della vita animale e umana occupano un posto fondamentale. Ad esse il pensiero religioso monoteista - sulla base di un’esegesi letterale del testo della Genesi - ha da tempo offerto la sua risposta: Dio creò la vita nella sua forma attuale e definitiva, nel corso dei sei giorni della cosmogonia, migliaia di anni fa. Tuttavia, non solo questo tipo radicale di risposta è stato dato. C’è, infatti, chi da tempo - in un’ottica religiosa rigidamente ortodossa - ha fatto osservare che i primi capitoli della Torah non costituiscono un testo di scienza naturale o di fisica, mirante a trasmettere al lettore dati informativi di ordine scientifico. La Torah, più semplicemente, mirerebbe a trasmettere un altro tipo di informazione e cioè che la vita, nelle sue molteplici forme ed espressioni, non è il prodotto di una casualità, ma di una volontà trascendente che vede, provvede, ordina e indirizza, direttamente o indirettamente, attraverso la natura. Orbene, se si parte da questa ottica religiosa non condizionata da letteralismo esegetico, è forse possibile individuare uno spazio intermedio, nella polemica oggi in atto, soprattutto in America, fra sostenitori radicali della teoria darwiniana dell’evoluzionismo, da una parte, e gruppi evangelici creazionisti, altrettanto radicali, dall’altra. È buona norma ricordare sempre che scienza e religione si collocano e si muovono lungo piani differenti. Incomprensioni o contrasti si possono verificare allorquando si pretende di ricavare dalla Bibbia insegnamenti concernenti la scienza, o dalla scienza conclusioni valevoli in campo religioso. Il cosiddetto Progetto intelligente (Intelligent Design), nel suo contestare in particolare la casualità del processo biologico, mira ad evidenziare la necessità o anche solo la possibilità di un intervento «intelligente» che indirizzi l’evoluzione secondo un piano che ha al suo vertice l’uomo. Ci si rende conto che, in un’ottica scientifica, non si può far ricorso ad agenti esterni per ricostruire la storia del mondo, ma ciò, tuttavia, non può impedire, solo per evitare il «rischio» dell’insorgenza di un’intenzionalità di ordine trascendente, di prendere in considerazione o di immaginare altre possibili regole o tendenze. Si tenga, comunque, conto che la teoria evoluzionista darwiniana, anche se ovviamente non si prefigge né di dimostrare né di negare l’esistenza di un Agente esterno (Dio), di fatto costituisce implicitamente uno degli argomenti più forti contro l’esistenza di Dio. È, quindi, del tutto logico e lecito che, in un’ottica religiosa, possano essere poste domande attinenti l’ambito religioso o filosofico, chiedendo aiuto e conforto alla testimonianza biblica. Fra le tante possibili domande che possono essere poste, limitiamoci alle seguenti due: 1)esiste un piano generale sull’universo? 2) esiste una relazione o anche una semplice connessione fra creazione e evoluzione? È chiaro che queste domande, come le loro risposte, trascendono la logica sperimentale delle scienze fisiche. In un ambito filosofico, invece, è lecito, partendo dalla constatazione dell’armonia dell’universo nel suo insieme e dell’evoluzione cosmica in atto, inferire una causalità superiore, almeno per quanto riguarda le leggi che lo governano. O, almeno, non è irragionevole pensarlo. D’altra parte, è da sottolineare che questo ragionamento di tipo filosofico può trovare sostegno nello stesso racconto biblico della Genesi. Da esso, infatti, emerge, con l’immagine di un Dio creatore dell’universo, anche quella di un piano divino sulla creazione in termini generali e dell’uomo, in particolare, recante in sé l’immagine divina (Tzelèm) e quindi nettamente altro dall’animale. L’azione di Dio, del resto, non va collocata esclusivamente alla genesi dell’universo, ma va vista protrarsi nel tempo attraverso le «cause seconde», che sono le leggi di natura, date e preordinate da Dio stesso. In un tale contesto argomentativo e facendo particolare riferimento alla domanda numero 2, non sarebbe né impossibile né incongruo ammettere che Dio, al momento della creazione, abbia, per così dire, inserito in essa il principio evolutivo, cioè la capacità potenziale della materia organica di evolvere verso forme sempre più complesse e organizzate di vita. Una tale dipendenza di tutta la realtà da Dio va vista e collocata - al di fuori di interventi miracolistici - all’interno di una progettualità divina in cui, come già detto, trovano spazio le «cause seconde». E chi potrebbe, in realtà, escludere che Dio abbia impresso tali potenzialità evolutive nel creato? Non si tratta, evidentemente, di un’ipotesi scientifica, perché ci si muove su un altro piano; resta, peraltro, il fatto che la Torah ci parla della creazione in termini teleologici cioè finalistici, pur non specificandoci al riguardo i particolari. Perché - ci domandiamo - ciò che appare e viene presentato come casuale, non potrebbe essere tale solo in apparenza? Spesso scambiamo ciò che non conosciamo per pura casualità, anche se in realtà delle cause possono pur esistere! Un altro elemento da considerare - all’interno di una riflessione come la nostra - è il dinamismo che anima, ad iniziare dalla Torah e via continuando, il pensiero etico e religioso dell’ebraismo. Se, per esempio, colleghiamo o addirittura identifichiamo tale dinamismo con la dottrina messianica, tutta proiettata verso un futuro che vede coinvolta l’umanità, unificata e concorde attorno ad un messaggio divino, perché non vedere questa tensione che sembra guidare l’umanità verso la pace, l’unità e la salvezza, come il paradigma di una vita che si muove e si organizza verso la complessità e la coscienza? In altre parole, perché non poter cogliere da un principio di fede (l’attesa messianica), che afferisce alla sfera spirituale, ma ha come teatro di svolgimento la realtà fisica di questo mondo, una simbologia o un «segnale» di qualcosa di analogo che sta all’origine del cosmo, informandolo e caratterizzandolo?

* Presidente dell’Assemblea dei rabbini d’Italia e professore di Storia del pensiero ebraico all’Università Statale di Milano Nel dibattito del «Corriere» sono intervenuti finora Claudio Magris (25 gennaio), Giulio Giorello (5 febbraio) e Mauro Ceruti (8 febbraio) Sugli stessi temi sta per uscire il libro di Orlando Franceschelli «La natura dopo Darwin» (Donzelli)
«Corriere della sera» del 10 febbraio 2007

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