30 gennaio 2007

I rischi sottilissimi di una banale pornografia

Aggressività, sopraffazione, bullismo
di Giacomo Samek Lodovici
Molti si interrogano sulle ragioni dei fenomeni di bullismo nelle scuole, sulle prevaricazioni nei confronti di docenti e compagni, su certe violenze sessuali ad opera di minorenni, o su quegli studenti che scattano fotografie e riprendono filmati delle proprie nudità e della proprie performances sessuali, che le inviano agli amici o che le vendono, che compiono atti sessuali in classe.
Certamente le cause sono molteplici, ma si trascura quasi completamente di dire che una delle principali (anche se non l'unica) è la straripante pornografia.
Siamo continuamente bombardati da immagini oscene e da riferimenti sessuali, persino nei cartoni animati, e la pornografia è imbandita con lustrini e fiocchetti, in confezioni patinate. I più ne minimizzano l'impatto, o addirittura la giustificano e la celebrano, mentre bisogna energicamente denunciarne gli effetti perversi.
In primo luogo, la pornografia determina in chi la consuma un comportamento complessivo di mercificazione degli altri, la loro riduzione a cose, ad oggetti di godimento da dominare e possedere. L'altro viene deprivato della sua dignità di persona.
In secondo luogo, può portare all'emulazione: per esempio l'esibizione del proprio corpo da parte di quegli studenti di cui hanno parlato i giornali.
In terzo luogo, può stimolare comportamenti aggressivi, in ambito sessuale (un gruppo di minorenni che ha stuprato una coetanea aveva visto delle sequenze simili in un film), ma non solo.
Infatti, nel consumatore di pornografia è facile che la regola di vita prevalente diventi il principio di piacere, che prescrive la ricerca del godimento e della soddisfazione immediata. L'uomo sensuale non è un essere relazionale; al contrario, è un essere conflittuale, competitivo ed agonista.
Anche Freud, che era tutt'altro che un clericale, diceva che l'uomo sensuale intrattiene relazioni solo perché possono essergli utili: dunque organizza la sua condotta verso i suoi simili improntandola al più puro utilitarismo. Così e gli diventa progressivamente incapace di comportamenti altruistici e generosi, come l'amore o l'amicizia, e le sue espressioni di apparente altruismo nascondono sempre delle motivazioni autointeressate, dei calcoli utilitaristici, dei secondi fini. Egli, di conseguenza, suddivide la società in due categorie: da una parte coloro che possono soddisfare la propria libido, e che di conseguenza sono utili e vantaggiosi, dall'altra coloro che costituiscono un ostacolo al godimento, e che dunque sono nemici, o perlomeno risultano indifferenti.
Inoltre, come ha scritto Paul Ricoeur, l'abolizione dei tabù sessuali ha prodotto un effetto ignoto alla generazione freudiana: tutto ciò che rende facile il consumo sessuale ne favorisce anche l'annullamento di significato e di valore, perciò la sessualità diventa inevitabilmente deludente e sempre più ossessiva.
Infine, l'uomo in cui spadroneggia la pulsione sessuale, dice Freud, è connotato da "crudele aggressività" è come "una bestia selvaggia, alla quale il rispetto della propria specie è estraneo". Infatti, quando la pulsione sessuale governa un soggetto, lo dirige incessantemente alla ricerca di nuove soddisfazioni. Ma il soggetto non sempre riesce a raggiungere i suoi obbiettivi e talvolta incontra degli ostacoli alla propria ricerca. In questo caso la libido diventa violenta, diventa impulso di aggressività, che si esprime nell'odio e nella distruzione. Non è un caso che uno scrittore di testi osceni come de Sade abbia finito per giustificare persino l'omicidio.
«Avvenire» del 30 gennaio 2007

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