24 novembre 2006

Educare: l'emergenza

Adolescenti violenti? Alcuni scrittori che insegnano nelle scuole superiori intervengono dopo i recenti fatti di cronaca
Di Fulvio Panzeri
Si fa in fretta a prendere due notizie di cronaca, pur se gravi nelle vicende che raccontano, e limitarsi creare un polverone sul contesto in cui sono avvenuti. Così la scuola italiana è ancora una volta nel polverone dei mass-media, che punta l'indice sulla sua impotenza educativa, sulla mancanza di responsabilità nei confronti dei minori che gli vengono affidati. Eppure non è nuovo l'allarme sul contesto educativo generale in cui stanno crescendo i nostri ragazzi, contesto che nei giorni contraddittori dell'adolescenza rischia di scoppiare.
Marco Lodoli, scrittore e professore, è assolutamente d'accordo con questa tesi: «Non è il caso di gettare ancora una volta sulle spalle curve della scuola anche questa colpa. È l'immaginario che la nostra società propone ai giovani da più di vent'anni a essere brutale e invitarli a comportarsi di conseguenza. Violenza, cinismo, brutalità sono i messaggi insiti oggi nella pubblicità, al cinema, nei fumetti con tutta questa invasione di horror, nei videogiochi, nella mania del wrestling. Per un ragazzo diventa un materiale indigeribile, provoca una grave ubriacatura che, di conseguenza, può sfociare in episodi inconsulti, vergognosi come quelli che ci racconta la cronaca». I ritmi stessi dell'adolescenza vengono stravolti: «È necessario invece preservare, le scoperte devono crescere in silenzio, lentamente secondo un percorso di formazione che ora non è più possibile. Da una decina d'anni il giovane è stato inserito nella categoria del consumatore. Chi riesce a proteggersi attraverso alcuni filtri ce la fa, resiste. Chi invece incamera tutta questa elettricità che arriva dall'esterno, invece ad un certo punto va in cortocircuito». Così la scuola accoglie le conseguenze di un disastro culturale che avviene in tutto il contesto della società e ne registra gli effetti negativi.
È concorde su questo anche Paola Mastrocola, l'autrice di La scuola spiegata al mio cane: «Si è imposta l'etica della televisione, la politica del succ esso e del denaro. Valgono solo il principio del piacere e dell'individualità personale. Non è stata la scuola a proporre questo indirizzo, ma si è adeguata, perché né scuola, né famiglia si sono più posti il problema morale dell'educazione dei ragazzi e del rispetto delle regole. La scuola in questi anni ha apprezzato l'estroversione, la furbizia, quella del ragazzino che copia e salta le interrogazioni, ma è sveglio e non viene mai punito. Non è mai stata apprezzata la timidezza, ad esempio, o chi fa il suo dovere di studente. Basti vedere il caso degli allagatori del Parini a Milano, di qualche anno fa: una punizione ridicola, 15 giorni di sospensione, per un fatto così grave».
A questo punto entra in scena un ragazzo che quei giorni li ha vissuti, proprio al Parini. Non un professore, ma uno studente che su quella esperienza del Parini ha scritto anche una serie di racconti, leggeri e svagati, ironici, in concorso al Premio Tondelli per gli inediti, che sarà assegnato a dicembre. Si chiama Giacomo Cardaci ed è stato tra i vincitori del nostro concorso «SMS». Anche lui è molto critico: «Lì al Parini non avevano preventivato le conseguenze del gesto. La punizione faceva ridere: espulsi per due settimane e questi che erano molto ricchi di famiglia avranno pensato di farsi una vacanza. Pur avendo sette in condotta, si viene promossi con ottimi voti. Sono queste le incongruenze del sistema scuola». La scuola si trova un po' con le mani legate, non ha più strumenti e possibilità di intervenire sul piano educativo.
Parla chiaro la scrittrice Mastrocola: «Non ce la facciamo a remare contro il mondo che è andato da tutt'altra parte, nonostante tutte le buone intenzioni. Un esempio banalissimo: se un insegnante in classe dà molti compiti, subito in consiglio di classe il rappresentante fa notare che i genitori non sono contenti. I compiti potrebbero distogliere dal mondo che li circonda, potrebbero essere un antidoto alla troppa televisione e al troppo telefonino. Ep pure i genitori stanno dalla parte antieducativa dei ragazzi e gli insegnanti hanno sempre torto. La scuola avrebbe tutti gli strumenti per opporsi allo sfascio, ma non li può usare. È questo il paradosso».
Per Eraldo Affinati, anch'egli professore e scrittore, non è possibile contrapporsi alla modernità, chiedendo, come faceva Pasolini, trent'anni fa, l'abolizione della televisione, ma una una sorveglianza è necessaria: «C'è bisogno di porre dei correttivi, soprattutto nell'uso indiscriminato di Internet dove c'è tutto, una massa di informazioni che può essere diseducativa. Per stare lì dentro, per navigare, bisogna saper nuotare per stare a galla, altrimenti si affonda. I giovani hanno bisogno di questi strumenti». E aggiunge: «Non tutta la scuola è così. Io che giro l'Italia in vari Istituti ho trovato una provincia molto migliore di quella che descrivono, una scuola che lavora bene, ma che non viene messa sotto le luci dei riflettori».
«Avvenire» del 21 novembre 2006

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