01 agosto 2006

Noi, figli dei media

«Oggi l'identità si rimodella di continuo nel rapporto con le nuove tecnologie». Parla l'analista Thomas de Zengotita
di Loretta Bricchi Lee
«Il postmoderno è anche questo: l’individuo stesso è parte del flusso di informazioni perché interagisce con cellulari,blog, Internet... E il prossimo passo sarà il post-umano»
I media ci circondano, ci assediano, ci condizionano. E hanno cambiato in maniera decisiva il nostro modo di vita, specialmente delle ultime generazioni. L'antropologo e filosofo Thomas de Zengotita, della New York University, ha appena pubblicato il pamphlet Mediated ("Mediatizzati"), che indaga come i media danno forma al proprio mondo e al modo in cui vi si vive, sostenendo che ogni persona non solo è il risultato del bombardamento di stampa, televisione e di ogni altra forma di comunicazione, ma è impegnata ogni giorno a interpretare la parte che assume proprio a causa dei media.
Professor De Zengotita, come e quando è successo che la comunicazione ha cambiato il nostro modo di vivere?
«Bisogna risalire a quando si è avuta la diffusione della comunicazione scritta. L'invenzione della stampa nell'età moderna coincide con l'inizio dell'età dell'individualismo. Il moltiplicarsi delle forme di media e il suo progressivo arricchimento quantitativo e di contenuti ha poi sviluppato un continuo incremento nel livello di autocoscienza. La generazione prima di noi aveva iniziato a prendere coscienza di sé attraverso Freud, ma ora che viviamo in un ambiente in cui i media sostituiscono la realtà con la sua rappresentazione è come se la società postmoderna ogni giorno modellasse la nostra identità».
Quale aspetto o mezzo di comunicazione ha l'effetto più intenso?
«Fino ad anni recenti, era la televisione perché con essa si instaura una relazione intima. La si guarda sempre, nella propria casa, anche in pigiama. Ora, i telefonini e Internet stanno rimpiazzando la Tv come la più "mediatizzante". Basta guardare la gente mentre telefona, manda messaggi. Con l'avvento dei blog, poi, si produce comunicazione, non la si utilizza solamente, si diventa completamente parte dei media».
Sembra però che così si perda ogni senso di ciò che sia privato...
«La privacy è morta e il suo crollo è direttamente legato alla mediatizzazione. Nel caso dei blog, tale erosione diventa condizi one di vita. Una delle espressioni più perfette è la Reality Tv, impensabile in passato. Le porto l'esempio del presidente Roosevelt che governò il Paese costretto su una sedia a rotelle dalla poliomelite; i media non si sarebbero mai sognati di menzionare la sua malattia. Più o meno come per le amanti del presidente John Kennedy. Guardi cosa ne se è fatto della relazione di Bill Clinton con Monica Lewinsky».
Lei sostiene che anche gli eroi sono scomparsi, eppure, ora che ognuno di noi può essere un personaggio noto - almeno per qualche minuto, o su Internet - non dovrebbe esserci che l'imbarazzo della scelta...
«Gli eroi e le star erano tali perché circondati da un'aura di mistero. Non si sapeva granché di loro, a livello personale, quindi venivano investiti di un'immagine che rifletteva ciò in cui l'uomo comune aveva bisogno di credere. Oggi, siamo nella cultura del pettegolezzo; manca il fattore del rispetto».
Questo fenomeno è una peculiarità della cultura americana?
«È predominante negli Stati Uniti, ma anche in Giappone e in altre parti del mondo. Per molti Paesi è solo questione di tempo; i contenuti saranno diversi, ma la mediatizzazione avverrà comunque».
E il gruppo demografico maggiormente influenzato?
«Certamente i giovani, prima di entrare a far parte del mondo del lavoro, per via del tempo libero che permette loro di essere più mediated, ma anche per il loro ruolo centrale nella società postmoderna. Poiché sono bombardati di messaggi, devono far fronte a costanti scelte e cercare così di individuare se stessi».
È per questa ragione che gli adolescenti di oggi sembrano crescere a un passo molto più lento rispetto alle generazioni precedenti e formano una propria famiglia molto più tardi?
«In parte sì, hanno bisogno di più tempo per cercare la propria direzione, ma il rallentamento coinvolge tutte le fasce d'età e ha a che fare con la presa di coscienza del proprio corpo e delle scelte relative. In passato la gente seguiva la strada che presume va dovesse essere seguita, ora ognuno ritiene di avere diritto a scegliere. La mediatizzazione ha incrementato la libertà e l'autocoscienza che deriva dalle scelte, ma ha anche eroso la famiglia».
Siamo coscienti della mediatizzazione e possiamo evadere da essa?
«Ne siamo consapevoli, ma esistono scelte individuali, modi per liberarsi. Si può prendere una pausa dalla comunicazione, spegnere il telefonino e non guardare la Tv, ma anche tali azioni diventano una scelta».
Cosa ci riserva il futuro?
«Si possono fare solo previsioni azzardate, considerando l'avanzamento della biotecnologia e il progresso nella chirurgia plastica. Non so quando, ma temo che arriveremo al post-umano».
«Avvenire» del 27 luglio 2006

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