20 luglio 2006

Quello che desideriamo influenza quello che vediamo

Un esperimento della Cornell University ha dimostrato che ciò che si vuole controlla le scelte del nostro cervello
Alla luce della ricerca di David Dunning, gli psicologi fanno il punto sulle possibilità e le potenzialità dell'auto-motivazione
Senza saperlo, quello che desideriamo controlla quello che poi vediamo. O, per lo meno, lo influenza. Ne sono certi David Dunning ed Emily Balcetis, i due psicologi della Cornell University autori dello studio che sarà pubblicato sul prossimo numero del Journal of Personality and Social Psychology.
"In psicologia esiste un'antichissima ipotesi - afferma David Dunning - secondo cui i desideri possono influenzare che cosa vedono le persone". La teoria sarebbe rimasta latente per circa 40 anni, senza alcuna prova a sostegno. "Noi abbiamo voluto esaminare di nuovo le acque oscure".
Prima di rendere note le loro conclusioni il professor Dunning e la sua allieva Emily Balcetis, hanno eseguito cinque test separati su 412 volontari della Cornell University. Gli psicologi hanno presentato ai candidati un'immagine ambigua che alcuni hanno interpretato come una testa di un cavallo, altri come il corpo di una foca. Ai volontari, era però stato detto che, a seconda di quello che avrebbero visto, avrebbero dovuto testare una fresca spermuta di arancio o una gelatinosa e piuttosto sgradevole passata di verdura. Risultato: i cervelli dei partecipanti, ignari del reale fine dell'esperimento, hanno sempre "scelto" la figura che li avrebbe portati alla spremuta. "Questo dimostra - ha spiegato Dunning - che il cervello è stato condizionato e, a seconda di quello che l'interessato avrebbero preferito testare, ha interpretato l'immagine come la testa di un equino o il corpo di un animale marino".
"Le due figure che abbiamo usato sono state scelte accuratamente in modo che le persone, all'oscuro dell'esperimento, non potessero mentire o ingannare," ha tenuto a precisare Dunning. L'unico compito dei 412 era indicare che tipo di immagine stavano vedendo a seconda di quale bevanda avrebbero preferito testare. Questo ha attivato un desiderio che ha indiscutibilmente condizionato l'immagine poi vista. "Inoltre - ha precisato Dunning - abbiamo rintracciato i movimenti automatici e inconsci dell'occhio che erano fuori dal loro controllo. Questo indica che i volontari non avrebbero potuto conoscere a priori l'opzione alternativa disponibile".
Dopo la ricerca di Dunning, tutti gli altri scienziati e psicologi che si sono dedicati allo studio del collegamento fra ciò che si pensa e le reazioni fisiologiche nell'occhio, fanno il punto sulle possibilità e le potenzialità dell'auto-motivazione. "Potremmo interpretare le situazioni ambigue in rapporto alle nostre aspettative, le speranze e le vie d'uscita dai nostri timori? Questa è la nostra prossima domanda".
«La Repubblica» del 17 luglio 2006

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