12 luglio 2006

Buzzati fra Dio e il nulla

Una riflessione sulla religiosità dello scrittore nato 100 anni fa: l'apertura all'infinito, il sentimento della morte
di Ferdinando Castelli
«Essendo la realtà che lo circonda limitata e finita, egli avverte un malessere che lo induce a cercare in altre direzioni»
Buzzati scrittore religioso? L'interrogativo ci introduce nell'analisi della sua religiosità. Eugenio Montale lo definì «un favolista essenzialmente cristiano». Giovanna Ioli parla di una sua «religiosità incombente», affermando che «Dio esiste nei luoghi di Buzzati più che in molti autori che lo dichiarano». Giorgio Pullini nota che «la realtà rimane per Buzzati un fatto trascendentale, al di fuori e al di sopra della sua ricerca personale, un dato di partenza mitico». Fausto Gianfranceschi sostiene che non è possibile comprendere Buzzati prescindendo dalla dimensione religiosa della sua opera. Anche Domenico Porzio insiste sulla nascosta anima religiosa buzzatiana, che egli scorge soprattutto nel linguaggio simbolico e metaforico dello scrittore. Altri studiosi trattano l'argomento ma in termini piuttosto vaghi e frettolosi, quasi si trattasse di un tema marginale.
Si può definire Buzzati uno scrittore religioso? Per evitare ogni equivoco, diciamo subito che egli non ha una religione, nel senso che non accetta un credo, cristiano o cattolico che sia, strutturato in dogmi, riti, verità rivelate. Egli ha un forte sentimento religioso che gli deriva dalla sua anima profonda e che si manifesta come presentimento, nostalgia, attesa, malessere interiore, intelligenza metaforica e mistica. Tale sentimento costituisce la religione naturale o religiosità. Essa ha una triplice origine. In primo luogo, è originata dal sentimento del numinoso, universalmente avvertito ed espresso in una varietà di modi. Secondariamente, dalla struttura dell'uomo, essere finito con un'apertura all'infinito: essendo la realtà che lo circonda limitata e finita, egli avverte un malessere che lo induce a cercare, in altre direzioni, altre realtà. Infine, dinanzi all'evento della morte, l'uomo sente un prepotente bisogno di sopravvivenza per non morire del tutto e per incontrare le persone care. Bisogno vano o presagio d'immortalità? La religione naturale pertanto comporta la ricerca di altre realtà e il bisogno di oltrepassare i confini dell'umano per raggiungere quelle terre dove l'inquietudine possa placarsi.
Di queste altre terre Buzzati è cercatore appassionato e originale. Da autentico scrittore, ha una peculiare capacità di farcene percepire la nostalgia e il bisogno. La loro percezione, che va oltre il quotidiano e l'immediato, può configurarsi col meraviglioso, col diverso e con lo strano, ma anche col misterioso, col metafisico, col soprannaturale. Egli è tutto proteso a captare e comprendere questa realtà, perché in essa è in gioco il nostro destino e si condensa il senso della nostra vita. «La differenza, l'originalità assoluta di Buzzati - afferma Geno Pampaloni - è la seguente: [...] per Buzzati la metafisica è un'etica, è una morale; se il reale e il tempo sono spesso menzogna, la verità sta altrove, sta al di là, e cercarla e conoscerla con pazienza e coraggio è la vera moralità dell'uomo».
Cercare la verità altrove: senza perdersi nei meandri dell'inconscio considerandolo fonte di conoscenza essenziale, attenti a scorgere la verità nascosta sia nella realtà quotidiana, sia nel sogno, nella fantasia e nel presentimento di un assolutamente Altro. In merito, la Ioli cita tre versi di Alano di Lilla, per il quale ogni creatura è un libro («Omnis mundi creatura / quasi liber et pictura / nobis est et speculum»), e rimanda al testo paolino: «Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in maniera imperfetta, ma allora conoscerò perfettamente».
Buzzati ha il dono di percorrere i sentieri della vita e di scorgere segni e voci che a noi sfuggono e che rimandano a qualcos'altro che sta dietro. «Ogni manifestazione del reale è il segno di qualche cosa che sta dietro, ogni avvenimento ha una controparte ideale. Come un libro non si esaurisce nei segni impressi nelle sue pagine, così la vita umana non si esaurisce nei suoi accadimenti [...]. C iò indica il modo tradizionalmente corretto di leggere il gran libro del mondo. Il simbolo, la metafora [...] diventano la realtà, quella non immediatamente visibile e tangibile, e quella da decodificare; e a sua volta la realtà diventa simbolo».
«Avvenire» del 12 luglio 2006
Su Buzzati ti ricordo anche un altro articolo, sempre sul nostro blog

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